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Avanti l’On.le Tribunale Amministrativo Regionale
per la Toscana
Firenze
Sezione Terza
R.G. 2237/2010
Udienza di discussione: 9 febbraio 2012
M E M O R I A
per
Associazione denominata Movimento civico “Massa Comune” (avv. Gianluigi Ceruti e avv. Francesco Massimo Pozzi)
contro
Comune di Massa Marittima (avv.prof. Duccio M. Traina e avv. Luciano Giorgi)
e nei confronti di
Società Massa Marittima Sviluppo s.r.l. (avv. Bernardo Losappio, avv. Giovanni Gerbi e avv. Fabio Colzi)
notiziandone anche
Ministero degli Interni in persona del Ministro pro tempore, DipartimentoVigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile
per la declaratoria di nullità
in parte qua
del Regolamento urbanistico del Comune di Massa Marittima approvato con deliberazione del Consiglio comunale di Massa Marittima n. 48 del 30 luglio 2007, atto presupposto del permesso di costruire;
per la declaratoria di nullità
in parte qua
del Piano di recupero denominato “Area ex Agraria” approvato dal Consiglio comunale di Massa Marittima con deliberazione n. 28 del 17 aprile 2009, atto presupposto del permesso di costruire;
per l’annullamento
del permesso di costruire del Comune di Massa Marittima n. 82 rilasciato in data 7 settembre 2009, conosciuto in data 11 ottobre 2010 mediante accesso documentale da parte del tecnico incaricato dalla ricorrente geom. Massimo Grisanti,
per l’annullamento, altresì,
di ogni altro atto presupposto, inerente, collegato, derivato e conseguente anche se non nominato, tra cui la deliberazione del Consiglio comunale di Massa Marittima n. 28 del 17 aprile 2009 di approvazione del Piano di Recupero denominato “Area Ex-Agraria” nonché, in parte qua, la deliberazione del Consiglio comunale di Massa Marittima n. 48 del 30 luglio 2007 con la quale è stato approvato il Regolamento Urbanistico, atto presupposto del permesso di costruire ed anche il parere dell’Ufficio del Comando provinciale di Grosseto dei Vigili del Fuoco in data 19 giugno 2009 prot. n. 0008836,
per l’accertamento e la declaratoria di inefficacia
del permesso di costruire del Comune di Massa Marittima n. 82 in data 7 settembre 2009 e conosciuto in data 11 ottobre 2010 nonché per l’adozione dei provvedimenti conseguenti prescritti dalla normativa applicabile.
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Gli atti di costituzione avversari sono contestazioni generiche nel senso che non contengono specifiche confutazioni delle 20 censure formulate nel ricorso introduttivo che qui ribadiamo in toto compiendo in questa sede un ulteriore approfondimento dei motivi di diritto n.ri 5, 7, 8, 9, 18.
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Sul motivo n. 5
Violazione di legge: violazione del combinato disposto dell’art. 32 della Legge n. 457/1978, dell’art. 13 della Legge n. 10/1977 e dell’art. 55 della L.R.T. n. 1/2005.
Si ritiene opportuno, ai fini di Giustizia, soffermarsi sulla violazione dell’art. 13 della Legge n. 10/1977.
Come già si è illustrato nel ricorso, il Programma Pluriennale di Attuazione (P.P.A.) è stato ricompreso, dalla Regione Toscana, all’interno del Regolamento Urbanistico, vale a dire nella “parte operativa” del P.R.G. previsto dalla Legge n. 1150/1942.
Invero, la Regione, dopo aver suddiviso il P.R.G. (unitario, nella concezione della Legge n. 1150/1942) in “parte strutturale” e “parte operativa” – con il Regolamento Urbanistico, ex art. 55 della L.R.T. n. 1/2005, ha inteso creare una sorta di tertium genus pianificatorio-programmatorio nel quale è ricompreso il P.P.A. con valenza quinquennale poiché tale è l’efficacia della Disciplina di trasformazione degli assetti insediativi, infrastrutturali ed edilizi del territorio facente parte del Regolamento Urbanistico, denominandolo “Quadro Previsionale Strategico” (cfr. art. 55, commi 1 e 5 della L.R.T. n. 1/2005).
Peraltro con l’art. 55 della L.R.T. n. 1/25005, la Regione ha reso obbligatorio l’istituto del P.P.A. per TUTTI i Comuni, compresi quelli aventi una popolazione inferiore ai 10.000 abitanti che dall’art. 6 della Legge n. 94/1982 erano stati esonerati dall’obbligo di munirsene.
Da un’attenta disamina della disposizione contenuta nel comma 5 dell’art. 55 della L.R.T. n. 1/2005, si evince che il Quadro Previsionale Strategico costituisce atto presupposto o comunque contestuale della determinazione delle previsioni urbanistiche e del loro dimensionamento, contenute nel Regolamento Urbanistico.
Poiché le disposizioni relative ai P.P.A. di cui all’art. 13 della Legge n. 10/1977 e all’art. 6 della Legge n. 94/1982 sono state qualificate come norme di riforma economico-sociale dalla Corte Costituzionale (nella sentenza n. 1033/1988), è indubbio che, in assenza della programmazione, non si è in presenza di quel Regolamento Urbanistico prescritto dalla Regione quale atto di alta espressione del principio di buona amministrazione che richiede allo stesso tempo programmazione e pianificazione.
Peraltro, in perfetta similitudine con i P.P.A., alla scadenza del quinquennio dall’approvazione del Regolamento Urbanistico non decadono le previsioni urbanistiche di espansione o di ristrutturazione urbanistica (che rimangono valide a tempo indeterminato, come nel P.R.G. della Legge n. 1150/1942), bensì la loro efficacia così come previsto dall’art. 13 della Legge n. 10/1977: con la conseguenza che è sufficiente la mera approvazione di un nuovo Quadro Previsionale Strategico per rinnovare la validità a tali previsioni o per rendere efficaci altre previsioni lasciate precedentemente in quiescenza.
A quest’ultimo riguardo, ossia in riferimento alle aree edificabili in quiescenza, codesto on.le TAR Toscana, sez. I, con la sentenza n. 310/2011 (Pres. Buonvino, Est. Giani) ha ritenuto legittimo il Regolamento Urbanistico del Comune di Quarrata (difeso allora proprio dall’avv. Duccio Maria Traina, oggi procuratore della controinteressata) con la quale sono state previste le cosiddette “aree a previsione differita”.
Tale pronuncia è stata emessa anche con riferimento alla storica sentenza n. 5/1980 della Corte Costituzionale nella quale la Consulta ha rammentato che la P.A. può disporre dell’edificabilità dei suoli nell’an, nel quid e nel quomodo.
Con riguardo al quid e al quomodo, è attraverso il Quadro Previsionale Strategico che il Comune stabilisce – per un’area della quale ha gia deciso la destinazione a nuovi usi e il suo dimensionamento massimo – quanto effettivamente far costruire e quando concretamente dare corso alla trasformazione urbanistica.
Ambedue tali essenziali funzioni amministrative sono state disciplinate dal legislatore statale tramite, appunto, l’istituzione del P.P.A. di cui all’art. 13 della Legge n. 10/1977.
Ma se in tale P.P.A. (alias Quadro Previsionale Strategico), non viene stabilito il quid e il quomodo (quali elementi che la Corte Costituzionale ha ritenuto caratterizzanti la piena espansione del principio di edificazione) non possono venire espressi nella esclusiva forma richiesta dal legislatore statale.
Quindi, quale misura precauzionale a tutela del valore costituzionale del Paesaggio, per il caso de quo dovevano applicarsi le limitazioni stabilite dall’art. 7 della Legge n. 94/1982 ossia, come già affermato nel ricorso, il Comune non poteva legittimamente autorizzare la realizzazione di interventi eccedenti la ristrutturazione edilizia o il completamento di piani attuativi dei quali devono essere già esistenti, al momento della formazione del Regolamento Urbanistico, le opere di urbanizzazione, sia primaria che secondaria.
Nel caso di specie, il Regolamento Urbanistico era ed è privo del Quadro Previsionale Strategico e l’area Ex-Agraria, che non proviene da un piano di lottizzazione precedentemente approvato (e, quindi, non è di “completamento”), era ed è priva, sia al momento dell’approvazione del R.U., sia al momento del rilascio del permesso di costruire, sia ora, delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
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Circa la convenzione urbanistica – stipulata il giorno 8 febbraio 2011 ai rogiti del notaio Francesco Luigi Savona e, quindi, ben oltre un anno dal rilascio del permesso di costruire e mentre i lavori di costruzione al grezzo degli edifici erano stati già ultimati – si pone in evidenza che, oltre a sussistere diversità ontologiche tra la stessa ed un atto unilaterale d’obbligo (che impegna soltanto il proponente e non la P.A.), la convenzione stessa non è stata stipulata nell’essenziale presupposto del maggior interesse pubblico in quanto, a differenza dell’impegno espressamente assunto dalla società Massa Marittima Sviluppo con l’atto d’obbligo ricevuto dal notaio Antonella Cocchia in data 2 settembre 2009 (secondo cui le opere di urbanizzazione primaria sarebbero –interamente- ad esclusivo cura e carico del proponente), il Consiglio comunale, con la deliberazione n. 89 del 6 dicembre 2010 ha autorizzato il dirigente comunale arch. Assuntina Messina a stipulare una convenzione urbanistica contemplante l’integrale, e illegittimo, scomputo degli oneri tabellari di urbanizzazione secondaria, pari a ben euro 265.734,00, per le opere di urbanizzazione primaria che non solo ex art. 28, comma 5, punto 2- della Legge n. 1150/1942 e ss.mm.ii., sono ad esclusivo e totale carico del lottizzante, ma alla cui realizzazione, a proprie cura e spese, si era anche impegnata la Società con la sottoscrizione dell’atto unilaterale d’obbligo.
Pertanto, nessuno scomputo degli oneri tabellari di urbanizzazione secondaria poteva essere concesso. Le conseguenze sono: a) che si integra così un danno erariale di ben euro 265.734,00, b) che la convenzione è radicalmente NULLA per mancanza di un elemento essenziale dell’accordo ovverosia un oggetto lecito e per violazione di norma imperativa di legge (patologia dell’accordo mutuata dalle disposizioni del codice civile in tema di obbligazioni e contratti alle quali rinvia l’art. 11 della legge n. 241/1990 e a cui viene pacificamente ascritta la convenzione urbanistica).
Si ritiene che la nullità in parte qua della sopravvenuta convenzione urbanistica, nel superiore interesse pubblico, sia rilevabile d’ufficio.
Si fa, inoltre, rimarcare che la sopravvenienza della convenzione urbanistica non fa venir meno l’interesse alla decisione sul punto del ricorso, in quanto, non sussistendo la cosiddetta doppia conformità urbanistico-edilizia dell’intervento di cui all’art. 36 del D.P.R. 380/2001, la ricorrente (anche in considerazione delle finalità statutarie di tutela dell’interesse pubblico civico e del disposto di cui all’art. 43 dello Statuto del Comune di Massa Marittima) ha interesse a sentir dichiarare l’illegittimità del permesso di costruire al fine di far obbligare la società Massa Marittima Sviluppo s.r.l. (in un ipotetico e futuro caso di accoglimento dell’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001) al pagamento dell’oblazione pari all’importo del contributo di costruzione di euro 433.878,45.
Si fa, infine, presente che in ordine al danno erariale causato dallo scomputo degli oneri di urbanizzazione secondaria per la realizzazione di un’opera di urbanizzazione primaria – alla luce delle disposizioni contenute nell’art. 28 della Legge n. 1150/1942 e ss.mm.ii. ed anche degli impegni già assunti dalla Società controinteressata con la sottoscrizione dell’atto unilaterale d’obbligo – la ricorrente ha già provveduto a depositare presso la Procura regionale della Corte dei Conti per la Toscana -in data 5 maggio 2011 prot. 2979- uno specifico esposto al fine di attivare le indagini della Magistratura contabile finalizzate all’accertamento dell’ipotizzato danno erariale pari ad euro 607.429,83 (ivi inclusi sanzioni non applicate e interessi moratori).
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Sul motivo n. 7
Violazione di legge: violazione delle norme in materia di altezze e distanze fra fabbricati.
Violazione di legge: violazione degli articoli 7.4, 7.8, 7.9, 7.10 e 76.5 delle Norme Tecniche di Attuazione del vigente Regolamento Urbanistico comunale di Massa Marittima.
Violazione di legge: violazione degli articoli 8 e 9 del D.M. n.1444/68.
Con specifico riguardo alla distanza tra fabbricati con interposte strade, alla cui disciplina soggiacciono – per costante giurisprudenza (cfr. TAR Toscana, sez. III, n. 1203/2011, Pres. Radesi, Est. Bellucci) – anche i muri di contenimento dei terrapieni artificiali, di recente codesto on.le TAR (sez. III, n. 1014/2011, Pres. Radesi, Est. Lomazzi) ha statuito l’obbligatoria osservanza della norma sovraordinata del D.M. n. 1444/68 laddove impone il rispetto della particolare distanza minima tra fabbricati.
Per completezza di trattazione, va aggiunto che l’eventuale deroga al rispetto di tale particolare distanza tra fabbricati può operare esclusivamente qualora ambedue i fabbricati siano ricompresi nel medesimo piano attuativo (così, Cass. Civile, SS.UU., n. 1486/1997): ipotesi, codesta, che non ricorre nel caso presente, posto che il complesso scolastico “Leonardo da Vinci”, sito al di là della via della Manganella, è esterno al piano attuativo.
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Sul motivo n. 8
Violazione di legge: violazione del punto 3.7.2. del D.M. Interni 1 febbraio 1986.
Violazione di legge; violazione delle norme contenute nell’allegato D del D.M. Interni 16 febbraio 2007.
Con riferimento alla negativa definizione per silentium (articolo 2 del D.P.R. n. 37/1998) del procedimento avviato dalla Massa Marittima Sviluppo s.r.l. presso il Comando Provinciale di Grosseto dei Vigili del Fuoco con la richiesta di parere ai sensi del suddetto art. 2 del D.P.R. n. 37/1998 per il progetto di costruzione di 2 autorimesse private, nonché alla doverosità, per la P.A., di rimuovere preventivamente gli effetti dell’esercizio del potere (seppur per silentium) ci riportiamo al contenuto della recente sentenza del TAR Campania, Napoli, n. 5616/2011 che esprime il medesimo concetto riguardo al silenzio significativo di accoglimento.
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Inoltre, in ordine alla violazione – nel progetto delle strutture portanti dell’edificio – delle norme tecniche costruttive delle strutture in cemento armato (ai fini della resistenza al fuoco) contenute nell’allegato D del D.M. Interni 16 febbraio 2007, si fa presente che tale violazione è stata ammessa dalla medesima Società Massa Marittima Sviluppo nell’attestato di avvenuto deposito al Genio Civile di Grosseto della Variante, presentata il giorno 11 novembre 2010.
In detto attestato il progettista Ing. Francesco Vannini dichiara di aver, in corso d’opera, aumentato ambedue le dimensioni planimetriche dei pilastri al piano seminterrato dell’edificio (dove sono previste le autorimesse) “al fine di consentire il rispetto delle verifiche antincendio come da normativa dal punto di vista del copriferro.”.
In sostanza, la Variante è stata eseguita nell’evidente, quanto sterile, tentativo di correre ai ripari circa l’illegittimità dedotta dalla parte ricorrente.
A tale riguardo, si osserva tuttavia che la Variante apportata al progetto approvato dal Comune di Massa Marittima con il permesso di costruire impugnato non è del tipo “in corso d’opera” ex art. 83 (oggi, art. 83-bis) della L.R.T. n. 1/2005, in quanto costituisce condizione imprescindibile quella secondo cui le modifiche non debbono comportare sospensione dei lavori e comunque non diminuire la dotazione di standard.
La variante in argomento rientra nel novero delle “variazioni essenziali” di cui all’art. 132, l.r. Toscana n. 1/2005 per i seguenti motivi.
In primis, è del tutto evidente che la maggiorazione dello spessore del copriferro in calcestruzzo delle armature dei pilastri del piano seminterrato destinato ad autorimessa soggetta a prevenzione incendi, comporta – al contempo – anche violazione della norma tecnica ex punto 6.1.4 del D.M. 9 gennaio 1996 asseritamente dichiarata (nel progetto iniziale) come rispettata dal medesimo progettista strutturale nella relazione tecnica in deposito al Genio Civile di Grosseto fin dal 25/6/2009.
Invero, la normativa vigente antisismica (art. 83, comma 1 del D.P.R. n. 380/2001) impone che le costruzioni in zona sismica debbano rispettare non solo le specifiche norme tecniche ex art. 84, ma anche quelle ex art. 52 del D.P.R. medesimo tra cui rientrano le norme per le costruzioni in cemento armato emanate con il D.M. Infrastrutture 9 gennaio 1996.
Pertanto, la confessata violazione ab origine, nella progettazione, della normativa del D.M. 9 gennaio 1996 (ex punto 6.1.4) – oltre a rendere invalido il progetto depositato – integra la violazione della vigente norma sismica (art. 83 del D.P.R. n. 380/2001) non attinente a fatti procedurali.
Siamo, quindi, in presenza di una “variazione essenziale” ex art. 132, comma 1 lettera f) della L.R.T. n. 1/2005, che, come tale, imponeva la sospensione dei lavori e doveva essere preventivamente autorizzata.
In secondo luogo, è del tutto evidente che l’ingrandimento di tutti i pilastri (oltre trenta) di ambedue gli edifici al piano seminterrato comporta una sensibile diminuzione della superficie utile destinata a parcheggio ai sensi dell’art. 41-sexties della Legge n. 1150/1942 e ss.mm.ii. e pertanto una diminuzione di tale standard previsto dal progetto che deve essere preventivamente autorizzata dal Comune anche al mero fine di verificare la perdurante sussistenza del rapporto minimo prescritto dalla suddetta legge statale.
In conseguenza di entrambe le violazioni, i lavori iniziati per mezzo della Variante essenziale depositata al Genio Civile sono del tutto abusivi in quanto non assistititi – fin dal loro inizio, come richiesto dall’art. 94 del D.P.R. n. 380/2001 – dal necessario preventivo titolo abilitativo promanante dal Comune di Massa Marittima che, nella fattispecie, non risulta essere mai stato rilasciato.
Da ciò consegue anche l’irrilevanza del deposito della Variante al progetto effettuato dalla società Massa Marittima Sviluppo s.r.l. al Genio Civile di Grosseto in data 11 novembre 2010 per eventuali finalità conservative – nel presente giudizio – degli impugnati illegittimi permesso di costruire rilasciato dal Comune e parere positivo espresso dai Vigili del Fuoco del Comando provinciale di Grosseto.
Anzi, la presentazione di tale Variante aggrava ancor più la posizione della società Massa Marittima Sviluppo s.r.l. in quanto costituisce riconoscimento della sussistenza ab origine di dichiarazioni non veritiere (in atto privato di rilevanza pubblica, quale è il modello di deposito del progetto al Genio Civile) di rispondenza del progetto alla normativa tecnica asseritamene seguita dal progettista delle strutture, senza peraltro che nessuno (nemmeno il Comune, quale ente preposto alle valutazioni, secondo quanto statuito dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 3505/2011) avesse verificato la veridicità di tale dichiarazione.
La falsità della dichiarazione di rispondenza non può comportare alcun vantaggio per la società Massa Marittima Sviluppo s.r.l. o salvezza degli effetti prodotti medio tempore, in quanto il suo comportamento nei confronti della P.A. non ha rispettato il paradigma normativo che consente la sostituzione di un atto amministrativo con una –fedele- dichiarazione del privato. La naturale conseguenza è l’inefficacia ab origine del deposito del progetto presentato in data 25 giugno 2009 e della Variante ad esso collegata e il perseguimento delle opere realizzate che si rivelano a fortiori abusive nella loro interezza.
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Sul motivo n. 9
Violazione di legge: violazione del combinato disposto di cui all’art. 146 D.lgs. n. 42/2004 e ss.mm.ii. e al R.D. 3 giugno 1940, n. 1357.
Ad ulteriore esplicazione della violazione del Regolamento approvato con R.D. 3 giugno 1940, n. 1357 in cui sono incorsi sia il Comune di Massa Marittima che la società titolare del permesso di costruire, si sottolinea l’obbligatorietà dell’autorizzazione paesaggistica anche per il fatto che il Comune di Massa Marittima ha approvato il Regolamento Urbanistico – e quindi anche le disposizioni ivi contenute a tutela diretta o indiretta dei Beni paesaggistici – senza aver preventivamente richiesto ed ottenuto dalla Soprintendenza di Siena e Grosseto per i Beni e le Attività Culturali i criteri e gli indirizzi per la tutela dei Beni paesaggistici (quale è appunto il Cassero storico, vincolato con D.M. 24 novembre 1999 ai sensi della lettere c- e d- della Legge n. 1497/1939, giusta scheda ricognitiva del vincolo contenuta nella adottata disciplina paesaggistica del P.I.T. regionale, al cui ridosso è stato concesso il permesso di costruire impugnato).
E pensare che è lo stesso Regolamento di applicazione della Legge n. 1497/1939 (tutt’oggi vigente ed applicabile anche al d.lgs. n. 42/2004) che all’art. 28 prescrive una ”intesa forte” tra i Comuni e il Ministero per i Beni e le attività culturali (MIBAC) per la redazione ed approvazione dei piani regolatori comunali proprio ai fini della massima tutela dei beni paesaggistici.
Di conseguenza, pur integrandosi l’ipotesi di nullità del Piano Strutturale e del Regolamento Urbanistico di Massa Marittima – per l’assenza di un’intesa forte con il MIBAC sui criteri ed indirizzi da rispettare nella formazione ed approvazione del piano regolatore comunale e per il mancato formale ricoscimento, da parte del MIBAC, della validità della disciplina di tutela contenuta nel Regolamento Urbanistico – quantomeno al momento del rilascio del permesso di costruire per la trasformazione delle aree adiacenti al bene paesaggistico tutelato, e interposte tra esso e gli spazi aperti al pubblico – doveva intervenire il parere della Soprintendenza che, nella fattispecie, si atteggia a vera e propria autorizzazione ex art. 146 del d.lgs. 42/2004 e ss.mm.ii.
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Sul motivo n. 18
Illegittimità del permesso di costruire e del presupposto deposito del progetto strutturale per violazione dell’art. 20, comma 3, del Decreto Legge n. 248/2007 come modificato dalla legge di conversione 28 febbraio 2008, n. 31 e come ulteriormente modificato dall’art. 1 bis del Decreto Legge 28 aprile 2009, n. 39 convertito con modificazioni dalla legge 24 giugno 2009, n. 77 nonché per violazione delle Norme Tecniche per le costruzioni in zona sismica approvate con Decreto del Ministero delle Infrastrutture 14 gennaio 2008.
Nella Variante al progetto strutturale, depositata all’Ufficio Tecnico del Genio Civile di Grosseto il giorno 11 novembre 2010, l’Ing. Francesco Vannini si appella, per quel che attiene al concetto di “inizio delle costruzioni”, alla Circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del giorno 11 dicembre 2009 (pubblicata nella G.U.R.I. n. 297 del 22 dicembre 2009) che fa coincidere il concetto di “inizio della costruzione” con “l’avvenuto deposito al Genio Civile”.
Attesa la rilevanza del bene protetto, ossia il valore costituzionale della Salute dei Cittadini (di cui la pubblica incolumità costituisce un aspetto di essenziale rilevanza), si ritiene che il concetto di inizio delle costruzioni debba essere strettamente interpretato nel farvi rientrare esclusivamente le opere e non un momento procedurale amministrativo (deposito progetto).
Peraltro, non basta nemmeno la dichiarazione di parte di avvenuto inizio della costruzione per integrare il rispetto della normativa in quanto è necessario che tale inizio dei lavori sia accertato nel concreto dal personale tecnico comunale al fine di evitare facili elusioni dell’eccezionale previsione derogatoria alla applicazione delle nuove norme tecniche antisismiche del D.M. 14 gennaio 2008.
Da ultimo, non si può non rilevare l’evidente discrasia tra il concetto di “inizio della costruzione” contenuto nella Circolare ministeriale del 11 dicembre 2009 e gli approdi della giurisprudenza ai fini della decadenza del titolo abilitativo edilizio di cui il nulla osta del Genio Civile costituisce atto presupposto ex art. 83 L.R. Toscana n. 1/2005 al successivo rilascio del provvedimento finale (ex multis, TAR Puglia, Lecce, n. 2648/2010).
E’, quindi, del tutto evidente che, non essendo presente, nelle disposizioni normative in materia, un diverso concetto di “inizio della costruzione”, lo stesso non può che corrispondere a quello attinente all’edilizia in generale, elaborato in oltre quarant’anni dalla giurisprudenza amministrativa e da quella penale.
Si ricorda, inoltre, che, per espressa dichiarazione congiunta (documento n. 30 del primo elenco documenti depositato in data 22 dicembre 2010) dell’uscente Direttore dei Lavori (geom. Alessandro Poli) e del subentrante Direttore dei Lavori (ing. Cristiano Morini), versata in atti, alla data del 21 dicembre 2009 (ben quasi 6 mesi dopo l’entrata in vigore delle nuove norme tecniche antisismiche) i lavori strutturali non erano ancora iniziati.
Ne consegue che la circolare ministeriale, laddove in palese contrasto con la legge intende attribuire alla mera presentazione del progetto al Genio Civile il valore di “inizio della costruzione”, non può che essere disapplicata dal Giudice (cfr. ex multis: TAR Puglia, Bari, n. 1128/2011; TAR Lazio, Roma, n. 4397/2011; Cons. Stato, n. 7521-2010; Cons. Giust. Amm. della Regione Siciliana, n. 257/2011).
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Per quanto sopra esposto si confida nell’accoglimento del ricorso e si formula riserva di eventualmente replicare all’esito delle difese avversarie.
Addì, 7 gennaio 2012
– avv. Gianluigi Ceruti –