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andora
 
 
tratto da www.ilgiornale.it
 

Nella cittadina ligure non esiste l’addizionale IRPEF e l’IMU è al minimo: così ogni anno aumentano residenti e negozi – Gratuiti anche i parcheggi

C’è una piccola parte dell’Italia che di italiano ha veramente poco. E non perché sia geograficamente vicina alla Francia, bensì perché è governata secondo il principio della sana e prudente gestione: parole sconosciute alla gran parte della classe dirigente degli enti locali.

Si tratta di Andora, una cittadina di 7.800 abitanti nel Ponente ligure, in provincia di Savona. La sua peculiarità?

Non ha debiti, non ha mai applicato l’addizionale Irpef e tiene l’Imu al livello minimo (3,5 per mille). «Eliminare quella sulla prima casa non ci sarebbe un problema», sottolinea il sindaco Franco Floris. Ciò che stupisce è che, per far quadrare i conti, il Comune non ricorra né alle multe tramite Autovelox né ai parcheggi a pagamento.

Floris, primo cittadino da nove anni, non vuol sentir parlare di miracoli. Ha solo trasferito la propria esperienza di imprenditore al servizio della cittadinanza. «Non spendiamo più di quanto ci sia in cassa e il Comune riesce ad autofinanziarsi al 98% tramite le entrate proprie», racconta. Non è uno scherzo per una comunità che ha un bilancio da 20 milioni e che con gli oltre 50mila turisti che affluiscono ogni estate muove un giro d’affari di circa 250 milioni.

Andora, a differenza di molti altri Comuni, non ha rinunciato alla spesa per investimenti, ma ha limitato quella corrente (cioè stipendi e materiali di consumo). Il risultato è che oggi la città ha in cassa ben 20 milioni di avanzo di bilancio che purtroppo non può spendere a causa del Patto di stabilità interno.

«È una penalizzazione ingiusta per i Comuni virtuosi – aggiunge Floris – e, soprattutto, non si aiutano quelli che hanno deficit spaventosi (ad esempio Catania, Parma e Alessandria-ndr) a capire in cosa abbiano sbagliato».
Cadrebbe in errore chi pensasse che questa località ligure (dotata di una spiaggia pubblica di libero accesso) abbia rinunciato persino al necessario pur di raggiungere l’equilibrio di bilancio.

Andora è un Comune proprietario del proprio porto (880 posti barca), di una farmacia comunale e ha da qualche anno ristrutturato un antico palazzo, adibendolo a centro espositivo, riacquistandolo dal Comune di Milano e investendovi circa 4,5 milioni.

L’unica partecipata comunale alla quale è affidata la gestione delle strutture (la cassa è controllata direttamente dal sindaco) ogni anno ha un attivo di circa 1,6 milioni.

Ad Andora la collaborazione con i privati non è un argomento tabù: l’urbanizzazione ha fruttato una residenza protetta per anziani, un asilo nido comunale (con una quota di posti riservata ai figli di imprenditori) e la risistemazione del lungomare.

Gli investimenti, tuttavia, non sarebbero possibili se non fossero stati predisposti adeguati risparmi. Sin dal 2007 è stato attivato un contratto con l’Enel di illuminazione pubblica che garantisce una minore spesa di 350mila euro in 15 anni. Ma il vero fiore all’occhiello sono i dipendenti pubblici. «Ne abbiamo solo 85 che non sono tanti per un Comune che serve oltre 60mila cittadini d’estate.

Abbiamo riorganizzato le funzioni e la spesa negli ultimi anni è rimasta invariata nonostante gli aumenti contrattuali: si tratta di un risparmio di 150-200mila euro annui». E, soprattutto, sono stati eliminati tutti i consorzi locali risparmiando migliaia di euro ogni anno.

La stessa riscossione dei tributi è «fatta in casa», non ci si serve di Equitalia e il contrasto all’evasione funziona. Anche se qui i «furbetti» sono rappresentati da coloro che stabiliscono fittiziamente la residenza per non pagare l’Imu maggiorata sulla seconda casa. Il monitoraggio dei consumi idrici (anche l’acquedotto è del Comune) consente di scoprire gli altarini.

È solo sana e prudente gestione. Ma garantire impianti sportivi gratuiti, servizi sociali (è pronto un piano di abitazioni a canone di vantaggio per i cittadini meno abbienti) e circa dieci posti di lavoro per i disoccupati del luogo, in città come Milano e Roma pare un miraggio. «Non regaliamo niente a nessuno, affidiamo la manutenzione urbana ai meno fortunati, ma chi non lavora va a casa», afferma severo Floris.

Non vengono dimenticate nemmeno le imprese. Le nuove aziende sono esentate da Tares e canone di occupazione del suolo pubblico oltre a pagare un’Imu ridotta. Non può non sorprendere, tuttavia, il fatto che Floris abbia destinato 20mila euro del bilancio comunale per ottenere un rating da Fitch. «L’abbiamo fatto per consentire alle nostre aziende di ottenere credito più facilmente: le banche, in questo modo, possono contare sull’affidabilità del territorio», spiega il sindaco.

Non è un caso, perciò, se ogni anno la popolazione aumenta di circa 50 unità e anche gli esercizi commerciali crescono. «Vengono qui dai Comuni vicini perché la pressione fiscale è minore», conclude Floris. E, poi, poter parcheggiare gratis oggi è un privilegio non da poco.

Ad Andora non esistono le strisce blu.

 

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bombadi Massimo Grisanti
02.10.2016

 

I vestiti nuovi dell’Imperatore
e la messa in fuorigioco della speculazione edilizia

(breve annotazione a Cass. Penale sez.III 40694/29.09.2016)

 

Con la sentenza 40694 depositata il 29.09.2016, la III° Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ha denudato l’Imperatore e messo in fuorigioco la massimizzazione dello sfruttamento del suolo ai fini edilizi.

Annullando un’ordinanza del Tribunale del riesame di Salerno e – per l’effetto – facendo tornare in vita il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP di taluni edifici aventi altezza pari a ml 22,00 e distanti tra loro ml 10,60, la Suprema Corte ha affermato che l’edificazione in quel di Pontecagnano (in sostanza in tutta Italia) sta avvenendo ed è avvenuta in violazione dell’art.9, comma terzo, del DM 1444/1968 perché:

in tutte le zone, compreso anche le zone A e le zone C, la distanza tra fabbricati non può mai essere inferiore a ml 10,00 e comunque mai inferiore all’altezza del fabbricato più alto;

il suddetto limite non può essere derogato nemmeno a mezzo dei piani attuativi perché il secondo periodo del terzo ed ultimo comma dell’art.9 DM 1449 DM 1444/1968, riferendosi espressamente ai commi precedenti e non al periodo precedente del medesimo terzo comma, delinea l’ambito applicativo della deroga, rendendo assolutamente inderogabile la distanza tra fabbricati pari all’altezza dell’edificio più alto.

 

La pronuncia di cui sopra conferma quanto sostenuto – illo tempore – sull’autorevole rivista digitale LEXAMBIENTE:

http://www.lexambiente.com/materie/urbanistica/
184-dottrina184/11489-urbanistica-distanze-tra-fabbricati.html

http://www.lexambiente.com/materie/urbanistica/
184-dottrina184/8957-urbanistica-distanze-tra-fabbricati.html

 

Così si è espresso il Collegio (Pres. Fiale, Rel. Andreazza):

… Ciò posto, ed incontestato che, nella specie, si abbia riguardo a costruzioni effettuate in zona D (e dunque ad edifici posti, secondo la dizione dell’art. 9, comma 1, n. 2, “in altre zone” nel senso di zone appunto diverse dalla zona A e dala zona C espressamente richiamate rispettivamente dai nn. 1 e 3 del comma 1), appare coerente con il dato normativo l’assunto del P.M. ricorrente secondo cui la disposizione dell’ultimo comma sopra evidenziata debba applicarsi ANCHE a tali diverse zone: da un lato la formulazione generale di una disposizione posta “a chiusura” dell’articolo e riferita testualmente alle distanze “come sopra computate”, ivi dovendo intendersi dunque (anche in ragione dell’ulteriore espresso richiamo ai “precedenti commi” SIA PURE AL FINE DI CHIARIRE LO SPAZIO DI OPERATIVITA’ DELLA DEROGA prevista per i piani particolareggiati o le lottizzazioni convenzionate) in esse comprese anche le distanze per le “altre zone”, non può lasciare dubbi sulla sua portata omnicomprensiva e, dall’altro, anche sotto il profilo sistematico, non si comprenderebbe perché, come sostenuto dall’ordinanza impugnata, per le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati (tale essendo le zone D come definite dall’art. 2 del d.m. cit.), tale norma di chiusura (che ragguaglia come detto la distanza a quella raggiunta in altezza dal fabbricato più alto) non dovrebbe essere applicabile.

Del resto il censurato dal Tribunale, risultato di omogeneità cui si giungerebbe per effetto della generalizzata applicazione dell’ultimo comma, lungi dall’essere il frutto di una distorsione interpretativa (secondo l’ordinanza impugnata erroneamente propugnata dal consulente del P.M.), sarebbe a ben vedere, in realtà, l’esito della stessa volontà del legislatore che a tale omogeneità ha peraltro derogato laddove, come già visto, ha previsto la possibilità di distanze inferiori a quelle indicate nei commi 1 e 2 nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni plano volumetriche.

Né in senso contrario possono condurre le citate, dal Tribunale, sentenze del T.a.r. Lombardia n. 671 e 1429 del 2012 poche che anzi, secondo quanto affermato dal Cons. di Stato nella più recente pronuncia di Sez. 4, n. 2130 del 17/03/2015, l’art. 9 cit. prevede, segnatamente in ipotesi di costruzione di nuovi edifici ricadenti in altre zone, che “la distanza minima assoluta tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti corrisponde a 10 metri, con obbligo di aumento della distanza sino all’altezza del fabbricato finitimo più alto, se questo sia maggiore di 10 metri”, restando così confermata la valenza generale del comma 2 dell’art. 9 cit.”.

 

La critica, costruttiva, che mi sento di fare ai Giudici della Cassazione è che la motivazione poteva essere più approfondita.

Infatti, la norma invocata dal P.M. per chiedere l’annullamento dell’ordinanza di dissequestro è chiaramente volta ad affermare la primazia della sicurezza delle costruzioni, della tutela dell’incolumità delle persone e della salute dei cittadini rispetto al disegno urbanistico della città.

Lo Stato ha voluto dire alle Regioni e ai Comuni che la loro potestà legislativa e regolamentare in materia di governo del territorio – esprimenti nei piani attuativi derogatori delle generali limitazioni edilizie – non può spingersi al punto tale da mettere a repentaglio i suddetti valori primari la cui tutela spetta unicamente allo Stato.

In ogni caso, onore al merito dei Giudici della Suprema Corte perché questa sentenza sarà una pietra miliare contro l’abusivismo edilizio e la deregulation nello sfruttamento del territorio, finendo per mettere in fuorigioco anche le iniziative urbanistico-edilizie in corso nei centri densamente abitati e per portare alla luce il fatto che l’imperatore (la Pubblica Amministrazione – gli uffici tecnici comunali – i Sindaci cementificatori) è nudo perché tale violazione dell’art. 9 DM 1444/1968 è insanabile.

Ed inefficaci (perché nulli) sono i permessi di costruire rilasciati in assenza di tale presupposto (vedi art. 12 DPR 380/2001, non a caso rubricato “Presupposti per il rilascio del permesso di costruire”), atteso che il dirigente dell’UTC e il Consiglio comunale si sono sostituiti, del tutto inammissibilmente, al legislatore statale innovando la fonte normativa con un titolo abilitativo e/o con una deliberazione consiliare contrastante con una norma di legge assolutamente inderogabile e perciò esprimente il seguente principio fondamentale della materia del governo del territorio: «Un edificio non può essere più alto della distanza che lo separa dai fabbricati contermini».

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ANCORA UN GRANDE SUCCESSO
PER LA LISTA CIVICA

Massa Comune ha sempre contestato all’Amministrazione di non rispettare i termini temporali per la presentazione del Bilancio.

A tale riguardo, Giuntini & Co. non hanno mai inteso neppure ascoltarci, fino addirittura a farsi beffa delle nostre richieste tese acché venisse rispettata la Legge.

Pare, però, ci abbia ascoltato la Prefettura che ha testé DIFFIDATO IL COMUNE AD ADEMPIERE alla redazione e all’approvazione del Bilancio preventivo 2016 – cosa che doveva essere fatta non oltre il 30 Aprile scorso – entro 20 giorni (ovvero entro il 30 Giugno), PENA LA NOMINA DI UN COMMISSARIO AD ACTA.

Ridete ora.

PREFETTURA XXclicka per leggere 

 

 

 

tratto da “La Nazione” del 06.09.2015

 

MINISTROSclicka per ingrandire

 

 

 

 

tratto da “La Nazione” del 09.09.2015

 

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Tratto da “La Nazione” del 01.07.2014

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Saba 01072014°
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 liceo

 

Ricevo informalmente la notizia che la richiesta di aprire la classe I° Liceo classico a Massa M.ma  per il prossimo anno scolastico è stata accolta.

 

Da ex liceale e da cittadino amante del proprio territorio desidero esprimere le mie più sentite congratulazioni alla Dirigenza dell’Istituto B.Lotti ed al Vice Sindaco Sig.ra Luana Tommi per il risultato conseguito al termine di un grande impegno profuso in questo progetto.

 

Voglio sperare che questa pur limitata classe del I° Liceo sia un seme che faccia rinascere il nostro indimenticato Liceo Classico.

 

 


Anche il Consiglio Regionale Toscano, approvando la mozione che potrete leggere cliccando sulla miniatura sotto, ha invitato la Regione ad intervenire presso l’Autorità Idrica Regionale per riconoscere e stabilire le modalità per il rimborso della tariffa di depurazione, dopo gli esiti del recente referendum e la Sentenza della Corte Costituzionale del 2008.


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