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tratto da    sergiobattelli.itCOOP

 

La coop sei tu”. Ma quando si tratta di pagare mazzette e beccare appalti sono sempre loro. Sempre gli stessi. Da Milano a Molfetta, dall’acqua alta di Venezia agli immigrati in Sicilia. Il partito della bustarella è trasversale, non conosce steccati politici. Rossi, bianchi, neri, parlamentari, imprenditori, funzionari pubblici, criminalità organizzata. Naturalmente non tutte le imprese coinvolte sono cooperative, ma negli atti dei magistrati, da Nord a Sud, ricorrono molto, troppo spesso le sigle del mondo imprenditoriale con fiscalità di vantaggio legato alla politica. E si tratta quasi sempre del solito giro.

CPL Concordia
Gli ultimi a finire nei guai sono stati i vertici della Cpl Concordia, la coop rossa emiliana dell’energia, un colosso da 460 milioni di fatturato e 1800 lavoratori. Lo scandalo è quello dell’appalto per la metanizzazione di Ischia che ha portato all’arresto del sindaco, Giuseppe Ferrandino, guarda caso un esponente del Pd.

I vini di D’Alema
La figura chiave dell’inchiesta è, però, quella di Francesco Simone, responsabile delle relazioni istituzionali di Cpl: un consulente furbo e rapido, in grado di procacciare affari più o meno loschi alla Concordia. Ex socialista, vicinissimo alla famiglia Craxi.
La Cpl Concordia sapeva e sa come “ringraziare” la politica, finanziando ad esempio (in modo del tutto legale, va precisato) la fondazione “Italiani Europei” di Massimo D’Alema. Paradigmatica l’intercettazione ambientale in cui Simone parla di ‘Baffino’ con Nicola Verrini, responsabile commerciale di area della Cpl: dobbiamo “investire negli Italiani Europei dove D’Alema sta per diventare Commissario Europeo”, perché l’ex capo del governo “mette le mani nella merda come ha già fatto con noi…ci ha dato delle cose...”.
La cooperativa avrebbe poi acquistato “alcune centinaia di copie dell’ultimo libro” dell’ex premier “nonché alcune migliaia di bottiglie del vino prodotto da una azienda agricola riconducibile allo stesso D’Alema“.

COOP e mafie
Secondo i pm i vertici della Cpl avrebbero stretto accordi anche “con esponenti della criminalità organizzata casertana e con gli amministratori legali a tali ambienti”. Nessuna sorpresa: si sa che le dirigenze coop non disdegnano, quando serve, di scendere a patti pure con le mafie. E, salendo da Ischia a Roma, il sistema di Mafia Capitale è uno spaccato perfetto dell’incrocio malato tra politica (giunta Alemanno, ma anche fior di esponenti del Pd e Sel), cooperative rosse e bianche, ambienti legati all’antica eversione nera capitolina, “mala” romana e criminalità organizzata, soprattutto campana e calabrese.
Buzzi è uomo di sinistra, ma l’ex terrorista di destra Massimo Carminati saldava pezzi dei “neri”, malavita e servizi deviati. E soprattutto ci è andato di mezzo l’attuale ministro del Lavoro Giuliano Poletti, allora presidente della Legacoop, la lega delle cooperative di sinistra cui aderiva la “29 giugno” di Buzzi. Una cena conviviale dello stesso Poletti con esponenti di spicco del clan Casamonica è roba che, al di là dei profili giudiziari, rimane negli annali. 

Le COOP bianche
In quel “Mondo di mezzo”, poi, tutti conoscevano Tiziano Zuccolo e Francesco Ferrara, i reggenti dell’Arciconfraternita del Ss. Sacramento e di San Trifone, protagonista “bianca” del sistema dell’accoglienza nella Capitale. Con loro Buzzi aveva stretto un patto d’acciaio che non si può tradire e “nun se move d’un millimetro”, diceva lo stesso cooperatore “rosso”. E pensare che persino per il Vicariato, Zuccolo e Ferrara erano due intrusi che hanno “sfruttato il nome dell’Arciconfraternita” per mettere in piedi una serie di cooperative, per esempio la Domus Caritatis, che non si distinguevano di certo per la loro “connotazione spirituale”.
E come dimenticare la onnipresente “La Cascina”, gruppo cooperativo “bianco” legato ad ambienti vicini a Comunione e Liberazione? Il colosso della ristorazione e del catering compare in “Mafia Capitale” e fa capolino anche nell’ordinanza sulSistema” Incalza in riferimento al nome di Salvatore Menolascina e agli appoggi elettorali ricercati dall’ex ministro Maurizio Lupi.

COOP rosse e COOP bianche: insieme si magna
Da Roma alla Sicilia, poi, il passo è breve. Una sorta di accordo tra le coop rosse di Buzzi e quelle dell’Arciconfraternita viene evocato dai magistrati anche in relazione al business dell’accoglienza degli immigrati nell’Isola (Cara di Mineo in testa): una torta da circa 100 milioni di euro su cui l’inchiesta “Mafia Capitale” apre diversi squarci.
Se Buzzi è “rosso”, non meno di sinistra è il “compagno G”, quel Primo Gregantiche, dopo i fasti di Tangentopoli, torna alla ribalta grazie alla cupola degli affari dello scandalo Expo, con l’ex parlamentare Dc Gianstefano Frigerio, l’ex senatore del Pdl Luigi Grillo e un ex notabile ligure dell’Udc-Ncd, Sergio Cattozzo. Le larghe intese fioriscono all’ombra del magna-magna e quando l’imprenditore principe dello scandalo, Enrico Maltauro, decide di parlare, confessa di aver guardato alla Manutencoop e alla Cefla di Imola per avere una copertura a sinistra. A Milano, però, coop rosse e bianche hanno sempre lavorato bene assieme, soprattutto sotto l’ala protettrice del formigonismo dominante. Il nuovo ospedale di Niguarda sorge grazie alla coop Cmb (Cooperativa muratori e braccianti) di Carpi con i servizi erogati dalle imprese della Compagnia delle opere. E che dire della nuova faraonica sede della Regione Lombardia? Infrastrutture lombarde, in veste di stazione appaltante, ha assegnato commesse ancora alla Cmb di Carpi, alla celebre Ccc (Consorzio Cooperative Costruzioni) di Bologna e, tra gli altri, a Montagna Costruzioni, azienda vicina a Cl e affiliata a Compagnia delle opere.

Il “sistema illecito nazionale”
Tornando a Maltauro, l’imprenditore è il primo a raccontare di un “sistema illecito nazionale” e a fare i nomi dei presunti referenti politici della cupola Expo: “Greganti mi parlava di Bersani, Fassino, Burlando e Sposetti; Frigerio aveva come riferimenti Berlusconi, Letta, Lupi e Maroni”. Nessuno è indagato, non è stato accertato alcun versamento diretto ai partiti. Ma in Expo l’assegnazione degli appalti sembrava calibrata al millimetro sulla necessità di sfamare tutte le bocche del sistema.
E lo stesso Maltauro, nelle intercettazioni, lascia intendere i motivi della rinuncia a cercare l’appoggio di un’altra coop, la Cmc d Ravenna: “Abbiamo un problema molto pesante, molto serio, con i nostri amici di Cmc… C’è stata una richiesta del pm di bloccare l’operatività dell’azienda. Quindi, se vedi Primo (Greganti) gli dici: scusa, adesso vediamo come fare”.
La Cooperativa Muratori & Cementisti (una rossa di Legacoop) appare in effetti nei guai in quella intercettazione perché nel frattempo è finita a piè pari nello scandalo del Porto di Molfetta . E tuttavia ha le mani in pasta anche nel Tav Torino-Lione. In Puglia, con la coop di sinistra finisce nei pasticci anche l’ex sindaco della cittadina Antonio Azzolini, senatore Udc-Ncd. Le intese d’affari non hanno colore politico, ma un voto in Parlamento nega l’autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni e blocca i magistrati. Anche il Pd, ovviamente, vota contro.

Da Milano a Venezia, dall’Expo al Mose…
Torniamo però al gruppo vicentino Maltauro, anello di congiunzione tra malaffare in Expo e scandalo Mose, un trionfo lombardo-veneto della mazzetta. E’ molto breve, infatti, il cammino che ci conduce dai mega-appalti della rassegna milanese (le vie d’acqua o la “piastra”, ad esempio) al Consorzio Venezia Nuova (Cvn). E in questo tragitto l’asse Legacoop-Compagnia delle opere rimane saldissimo.
Nel Cvn, che cura la realizzazione del Mose, si piazzano bene tutte le coop venete riunite nel Coveco, ma spicca la presenza del gigante bolognese Ccc (toh! Chi si rivede) guidato da Omer degli Esposti.
Guarda caso la procura di Monza aveva messo nel mirino il Consorzio Cooperative Costruzioni anche per la vicenda Penati (un altro illustre esponente Pd finito nei guai) e la riqualificazione dell’area dell’ex Falck.

Per arrivare alla Metro C di Roma…
Ma siccome il cerchio degli sperperi sulle grandi opere in giro per l’Italia deve immancabilmente chiudersi, non possiamo che tornare sul sistema Incalza e sulla stessa Ccc, che finisce nello scandalo della metro C di Roma. Il consorzio di imprese General contractor dell’opera raggruppa, infatti, la grande coop emiliana assieme ad Astaldi, Vianini e Ansaldo. Risultato? L’infrastruttura che dovrebbe dare una svolta alla mobilità capitolina viene aggiudicata a un costo iniziale di 2,7 miliardi (al massimo ribasso), poi parte il walzer delle 45 varianti e la spesa lievita alla fine, prevedibilmente, intorno ai sei miliardi. E’ il “sistema” Incalza che nel sottosuolo dell’Urbe dà il meglio di sé, il trionfo della rete malata di coop, imprese, burocrazia corrotta, appalti pilotati, consulenze mirate e assunzioni decise a tavolino. Con gli ex Ds in posizione preminente.

Passando per la TAV di Firenze
Lo stesso Incalza era addirittura finito nelle indagini del Tav di Firenze: l’ombra della camorra sullo smaltimento dei rifiuti di cantiere, i materiali scadenti per la costruzione della galleria e i soliti dubbi sulle coop rosse, in questo caso la Coopsette, Ergon e Coestra (queste ultime facenti capo a Consorzio Etruria). L’esponente Pd illustre per cui scattano le manette, stavolta, risponde al nome di Maria Rita Lorenzetti, ex presidente della Regione Umbria e presidente dell’Italferr (società di progettazione del gruppo Ferrovie), accusata di abuso di ufficio, corruzione e associazione a delinquere.

La COOP sono loro
La lista degli scandali piccoli e grandi potrebbe anche continuare. Tirando le somme, però, Confcooperative affilia oltre 20mila soggetti, contro i 14mila di Legacoop. Ma le rosse hanno quasi nove milioni di soci, il triplo delle bianche. Tutte le sigle raccolgono poi circa un milione di lavoratori. Il fatturato di Legacoop sfiora gli 80 miliardi contro i 62 miliardi di Confcooperative. Assieme fanno poco meno di un decimo del Pil italiano: un segmento dell’economia troppo importante per finire ingoiato nel pozzo nero del malaffare.

MI VERGOGNO

Da una parte gli articoli 349 e 61 del Codice Penale.

Dall’altra l’articolo 479.

Nel mezzo chi deve verificare il rispetto della Legge.

Loc

 

di gabriele galeotti

Con Determinazione del Segretario Generale dell’Unione di Comuni Montana Colline Metallifere – Dott. Luciano MONACI – n.692 del 27.08.2015 recante “Procedura di cottimo fiduciario in modalità telematica per la fornitura e la manutenzione del sistema informativo unico integrato dell’Unione e dei Comuni (CIG n.6372532BC1). Indizione e approvazione documenti di gara”, si indice una Gara e si approvano i relativi documenti tra i quali il Capitolato Speciale di Appalto.

Quest’ultimo – all’art. 10 – definisce le specifiche funzionali dei sistemi richiesti, elencando le AREE APPLICATIVE OBBLIGATORIE che la soluzione proposta deve contenere: tra queste, la “Gestione del Personale (interno ed esterno) secondo i CCNL applicati” oltreché la “Gestione degli Amministratori e dei rimborsi ai datori di lavoro”.

Orbene: con Determinazione del medesimo Segretario Generale n.127 del 12.02.2016, tenuto conto di quanto di cui alla precedente pari Determinazione n.1115 del 28.12.2015, CON UN RIBASSO A BASE D’ASTA DEL 70% (settanta per cento,) la Gara è aggiudicata alla Ditta “Halley Informatica Grosseto sas” con sede in via India 16 a Grosseto. 

Ma non è un po’ TROPPINO questo ribasso?

 

Inoltre: Con Deliberazione di Giunta Esecutiva n.99 del 28.11.2016, SI AUTORIZZA L’AFFIDAMENTO ALL’ESTERNO del Servizio di elaborazione paghe, adempimenti contributivi e fiscali del personale dipendente.

E, con Determinazione del Settore GARU (Gestione Associata Risorse Umane) n.1195 del 13.12.2016 a firma del Dott. Emiliano PUNTURELLO, MEDIANTE CONTRATTAZIONE DIRETTA E SENZA ADDURRE MOTIVAZIONE ALCUNA, si conferisce l’incarico alla Ditta “CAF Imprese CNA Grosseto srl” con sede in via Birmania 96.

Ma non DOVEVA FARE TUTTO la Halley Informatica?
Ma non si era impegnata formalmente allo scopo?
Ma non è STATA ANCHE GIA’ RETRIBUITA al riguardo?

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 •

Gli studiosi concordano sul fatto che il più drammatico tracollo morale della politica italiana, sia a grande che a piccola scala, coincida con l’ultimo ventennio.

Per l’esattezza, considerano il 1995 l’anno a partire dal quale la politica sarebbe andata degenerando rivolgendosi, come mai aveva fatto prima, alla spasmodica ricerca del proprio profitto pur a discapito degli interessi pubblici.

E’ da allora che in Italia, dopo essere marcatamente comparso fin dagli ultimi anni Venti, torna a manifestarsi un forte sentimento antipolitico e antipartitico.

A Massa, il 1995 coincide con la prima elezione a Sindaco di Luca SANI, poi rieletto nel 1999 (il primo Cittadino, al tempo, restava in carica 4 anni e non 5).

Dopo di lui, nel 2004, arriva Lidia BAI, anch’ella rieletta una seconda volta nel 2009: resta in carica per dieci tristissimi anni.

Il nostro ultimo ventennio si identifica, dunque, coi mandati del signor Luca SANI e della signora Lidia BAI.

Ma oggi, sventuratamente, possiamo dire con certezza che l’amministrazione guidata dal signor Giuntini stia degnamente perpetrando i “fasti” di chi lo ha preceduto.

Auguriamoci, quindi di non dover addirittura parlare di “trentennio”…

 

Tratto da “La Nazione” del 15.03.2016

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Meglio qualche discreto cassonetto

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oppure questa variopinta ed indecente

dimostrazione di tipicamente italico disfacimento ?

 

 

 

 

 

 

tratto da “La Nazione” del 28.06.2015

 

 

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tratto da   www.huffingtonpost.it

 

 

 

Nicole Minetti e Renzo Bossi a processo

Risponderanno delle spese pazze alla Regione Lombardia

A giudizio altri 56 ex consiglieri

 

 

 

Il gup di Milano Fabrizio D’Arcangelo ha rinviato a giudizio 56 ex consiglieri lombardi accusati a vario titolo di peculato e truffa per le presunte spese ‘allegre’ con i rimborsi regionali. Altri tre sono stati condannati in abbreviato a pene tra i 18 e i 24 mesi. Tre prosciolti e un assolto. Il processo inizierà il primo luglio. Tra coloro che andranno a processo ci sono anche l’ex consigliera azzurra Nicole Minetti e il figlio di Umberto Bossi, Renzo Bossi detto “il trota”.

 

Il prossimo primo luglio dovranno, tra gli altri, affrontare il processo davanti ai giudici della decima sezione penale anche gli ex assessori della giunta Formigoni Romano Colozzi, Massimo Buscemi e Giulio Boscagli, l’ex presidente del consiglio regionale Davide Boni e l’ex consigliere Stefano Galli (entrambi in quota al Carroccio), tutti all’epoca dei fatti esponenti della maggioranza. Per le opposizioni sono stati rinviati a giudizio Chiara Cremonesi, Luca Gaffuri ed Elisabetta Fatuzzo.

 

Dei quattro imputati che avevano scelto il rito abbreviato, il gup ha condannato a due anni di reclusione sia Carlo Spreafico (Pd) sia Alberto Bonetti Baroggi, eletto nelle liste del Pdl e che ha restituito alla Corte dei Conti la cifra contestata, e a un anno e mezzo di carcere Angelo Costanzo (Pd). Assolto invece per un vizio procedurale Guido Galperti, attuale deputato del Partito Democratico. Prosciolti sempre per vizio procedurale gli ex assessori Gianni Rossoni e Mario Scotti e l’ex capogruppo del Pd Carlo Porcari.

 

Stralciata invece la posizione del’ex assessore Franco Nicoli Cristiani che ha chiesto di patteggiare una pena di oltre 2 anni in continuazione con la condanna già patteggiata per la vicenda della discarica di Cappella Cantone. La sua richiesta verrà valutata da un altro gup il prossimo 30 aprile. Il giudice D’Arcangelo depositerà le motivazioni degli abbreviati entro 15 giorni.

 

Gli ex consiglieri – pochi sono ancora in carica – sono accusati di aver utilizzato, tra il 2008 e il 2012, i fondi pubblici assegnati ai singoli gruppi regionali per spese personali, tra le quali l’acquisto di torroni, gratta e vinci o cartucce da caccia, e per pagare cene a base di aragosta e sushi oppure merende con piadine e nutella. Il tutto per circa tre milioni di euro.

 

Ci sono poi il figlio del fondatore della Lega e l’ex igienista dentale di Silvio Berlusconi, nota per il caso Ruby, che come la gran parte degli imputati, sono accusati di peculato. Il ‘Trota’ tra il 2010 e il 2012 si sarebbe appropriato della somma complessiva di 15.757,21 euro per aver messo in conto spese per caramelle, gomme da masticare, cocktail come mojito, campari e negroni, patatine, barrette ipocaloriche, giornali, sigarette, un iPhone, auricolari, un computer e il libro ‘Carta straccia’ di Giampaolo Pansa.

 

A Nicole Minetti sono state contestate spese ‘allegre’ per 19.651,96 euro, soldi in gran parte usati per ristoranti e bar, ma anche per l’acquisto di oggettistica all’Ikea e del libro “Mignottocrazia” di Paolo Guzzanti.

 

 

 

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Massa Marittima   21.03.2015

 

 

 

Al Responsabile della Polizia Locale

dell’Unione di Comuni “Colline Metallifere”

 

p.c.  al Sindaco, agli Assessori e ai Consiglieri Comunali

 

p.c.  alla Procura della Repubblica di Grosseto

 

 

 

 

Egregio Responsabile,

nelle vesti di Consigliere Comunale del Gruppo “Lista Civica Massa Comune”,

in mancanza di un Suo riscontro alle istanze rivolteLe,

 

 

SONO A RAPPRESENTARE E DENUNCIARE

 

 

CHE LO STALLO RISERVATO AI DISABILI RECENTEMENTE ISTITUITO IN VIA BOITO A MASSA MARITTIMA SIA STATO REALIZZATO:

 

SENZA UNA PRECISA ORDINANZA CHE LO ABBIA PREVISTO;

 

PER FAVORIRE ESPRESSAMENTE E IMPROPRIAMENTE UN SOGGETTO, ANZICHE’ ALTRI;

 

IN DANNO DELLA COLLETTIVITA’, AVENDO ALTRESI’ RIMOSSO IN MANIERA ILLEGITTIMA UNO STALLO LIBERAMENTE USUFRUIBILE DA CHIUNQUE;

 

E CHE IL TUTTO SI SIA COMPIUTO MEDIANTE ABUSO DEL SUO UFFICIO.

 

 

Cordiali saluti

gabriele galeotti

 

boito

 

 

 

 

 

 

 

Tratto da “La Nazione” del 14.03.2015

 

molendi14032015

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ZAZZERI

  

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