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(Fratoianni-Orfini e BlackRock uniti nella lotta)

“Sulla proprietà privata Bergoglio non ha fatto che ripetere la dottrina sociale della Chiesa: non è un diritto assoluto”, si è affrettato a scrivere un più che ingenuo catto-tradizionalista. Ma chi dice cosa, qui è cruciale: un conto è se la dottrina sociale viene riconfermata da Giovanni Paolo II, un’altra se colui che – con tempismo eccezionale e letteralmente – allinea il Vaticano ai dettami del World Economic Forum: nel cui programma è contemplato il sequestro di tutte le proprietà immobiliari e mobiliari (dall’appartamento all’auto e fino al frigorifero) sostituiti da un sistema totalitario di affitti e noleggi. L’ingenuo difensore di “Francesco” non ha letto ciò che ha esplicitamente detto il World Economic Forum

Entro Il 2030 Non Possederemo Nulla E Ne Saremo Felici

Ed è cruciale ascoltare come “Francesco” ha espresso l’idea: “Nuova giustizia sociale partendo dal presupposto che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto di proprietà privata – ricostruire meglio

“Ricostruire meglio”, build back better approfittando della “opportunità” offerta dalla pandemia e della sua gestione devastatrice dell’economia, è lo slogan di Biden – uno slogan che evoca direttamente il Grand Reset del Forum di Davos. Non a caso anche Beppe Grillo si è accodato mentre scrivo questo pezzo: “Patrimoniale!”. Bisogna solo notare che El Papa è arrivato prima del comico…

Non ci dev’essere dubbio sull’interesse dei miliardari del Grand Reset. Proprio in una tavola rotonda del World Economic Forum tenutasi il 17 novembre – dove la Von der Leyen si è dichiarata entusiasta del grand reset, della quarta rivoluzione i industriale di cui lei impone specificamente agli europei l’agenda “verde” – ha parlato anche l’ex vicepresidente degli USA John Kerry, che sarà nel team di Biden se costui va alla Casa Bianca come “plenipotenziario per il clima”. Ed ecco cosa ha detto: “Ho seguito l’iniziativa davvero notevole del Gret Reset …. Tutto questo richiederà un cambiamento di sistema ed è per questo che abbiamo il Green Deal europeo… stiamo [ri]pensando a come abitiamo, lavoriamo, mangiamo e viaggiamo. Quindi, signore e signori, il bisogno di corporazioni globali e questa accelerazione del cambiamento saranno entrambi i piloti del Grande Reset”.

La Von der Leyen ha risposto a Kerry giuliva: “Io credo che il banco di prova per questo approccio possa essere il vaccino. Abbiamo bisogno di resilienza per prepararci alla prossima pandemia o shock esterno che potrebbero arrivare in qualsiasi momento. Penso che sia il momento di resettare e per questo potete contare sull’Europa.”

Quando Kerry dice: “stiamo pensando a come abitiamo, lavoriamo, mangiamo e viaggiamo”, cosa credete che significhi? Grazie alla “opportunità” offerta dai lockdown, ci fanno “lavorare” per lo più da casa – cosa che loro chiamano “smart working” e gli fa risparmiare, a loro, lo spazio da uffici; sostanzialmente abbiamo cessato di “viaggiare”in aereo , treno o auto, essendo il turismo di massa ritenuto non sostenibile dunque stroncato per sempre, e gli incontri d’affari fattibili per teleconferenza. Quanto “ripensiamo come mangiamo”, ci sono precisi programmi per penalizzare il consumo di carne e gli allevamenti (“effetto-serra”!) e sostituirla con polvere di insetti, molto proteici. Non occorre immaginare, né elaborare una teoria del complotto: basta andare sul sito del Forum e si trova

Perché presto potremmo mangiare insetti”

:con tanto di tabella

Didascalia: “Gli insetti producono molto meno gas serra a libbra rispetto agli animali da reddito”.

E allora a cosa credete che alluda Kerry quando dice: “stiamo ripensando al modo in cui viviamo”, ossia abitiamo?

Anche qui non occorre immaginare nulla. Basta andare sul blog del World Economic Forum e si trova l’articolo dal titolo:

Il futuro del settore immobiliare: guida alla transizione del settore

Dove si spiega che il crollo del valore immobiliare di negozi di “vendita al dettaglio, settore alberghiero ed uffici” prodotto dalla gestione pandemia presenta “una opportunità unica per ricostruire meglio (build back better) e accelerare il cambiamento che era già in atto”. E come? Il Forum parla della necessità di rilanciare i “real estate portfolio”, ossia le collezioni di proprietà immobiliari per speculazione in mano ai gestori finanziari da far aumentare di valore – come anche “il ripensare l’uso di alcuni asset su base permanente”. Quest’ultima allusione riguarda le prime o seconde case di proprietà della piccola borghesia o della classe operaia: oltre il 70% degli italiani abita in case di cui è proprietario,e il 67% degli americani. E’ un immobilizzo  improduttivo di capitale che, nella teoria liberista totalitaria, nella visione dei miliardari, va assolutamente “liberato”, reso liquido – ossia disponibile alla speculazione e ai portfolios della finanza globale.

“La sinistra fa sempre il gioco del Grande Capitale. A volte persino senza saperlo”. A volte.

Come? Costringendo i proprietari a cedere l’abitazione, e mandandoli in affitto “condiviso”, cosa che loro chiamano co-housing: termine che in italiano significa coabitazione”.Coabitazione sovietica.

E’ esattamente per questo che Fratojanni & Orfini – in non sbalorditiva coincidenza di intenti e sincronia temporale col World Economic Forum e il massimo fondo speculativo BlackRock – hanno introdotto il tema della tassa patrimoniale.

La proposta di patrimoniale, in un primo momento ritirata, è stata reimmessa nella manovra fiscale. Non ho alcun dubbio che questo governo, con i grillini schiavi ideologici della “sinistra” più estrema, lo faranno diventare legge. L’appoggio di Beppe Grillo lo fa’ capire. I due, Fratoianni e Orfini, dicono che non hanno proposto nulla di feroce; colpirà “i grandi patrimoni di almeno 500 mila euro”.

[In realtà, la proposta prevede ” per chi ha base imponibile superiore a un miliardo l’aliquota del 3%. Si prevede anche che chi abbia “immobili, investimenti ovvero altre attività di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia” abbia l’obbligo di dichiararli pena “una sanzione amministrativa pecuniaria che va dal 3 per cento al 15 per cento dell’importo non dichiarato”].

Ora, pensiamo a una famiglia di coltivatori che ha trasformato la casa colonica in un agriturismo: facilmente il suo patrimonio immobiliare supera – ai valori pre-covid – il milione o due di euro, grazie alle migliorie fatte per l’ospitalità moderna (stanze con bagno, piscina eccetera). Migliorie per completare le quali la famiglia si è indebitata, confidando di poter ripagare il debito con l’arrivo di turisti nella stagione.

Turisti che non arriveranno più. Non ci si facciano illusioni su questo.

Ora, su questa famiglia si abbatte la patrimoniale Fratoianni-Orfini: ed essa non ha la liquidità per pagarla. Non ne ha nemmeno per mangiare, ma per Fratoianni è “un grande patrimonio”, quindi nessuna pietà, l’odio di classe si esercita qui senza scrupoli né clemenza. Che fare? Ecco la soluzione: si fa avanti un fondo d’investimenti globale che (senza possedere un solo mattone!) gestisce “portfolios immobiliari” – ed offre di rilevare la proprietà agriturismo, campi agricoli prosperi, piscina e tutto. Per metà del valore? Per un quarto?

Smettete di sognare. Il fondo offrirà alla famiglia di mantenere e coltivare i campi dell’agriturismo – in modo green e resiliente e sostenibile – dietro un salario. Al fondo infatti non conviene sbattere fuori la famiglia; essa è necessaria per mantenere il valore produttivo della proprietà, qualcuno deve curare la vigna, arare i campi, foraggiare il bestiame, allevare insetti proteici….

E siccome i turisti non arriveranno mai più, la famiglia sarà persino contenta. Da proprietaria,è diventata salariata, il suo capitale-mattone è stato smobilizzato e disponibile,a desso, alla finanza. E’ la “: “Nuova giustizia sociale” di cui ha parlato Francesco: “partendo dal presupposto che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto di proprietà privata – ricostruire meglio”.

Fratoianni e Blackrock [il più grande fondo della storia, che gestisce 8 mila miliardi di capitali privati] uniti nella lotta alla piccola borhesia. Del resto, il dottor Schwabe del Forum l’aveva detto: per salvarsi nella Quarta Rivoluzione, il capitalismo ha bisogno di una dose di marxismo. Lo ha scritto nero su bianco nella sua agenda. Così, i “grandi patrimoni” da 2 milioni di euro vengono espropriati a beneficio della finanza che gestisce 8 mila miliardi.

“La sinistra fa sempre il gioco del grande capitale, a volte perfino senza saperlo”, disse Oswald Spengler.

Come arriveranno all’esproprio proletario

Ma chi abita nel suo appartamento, prima casa, il cui valore è sotto i 500 mila euro, è al sicuro dall’esproprio, nevvero?

Certo, certo, come no. In questi giorni, il governo piddin-stelluto ha approvato una legge sull’immigrazione che smantella completamente i freni e gli ostacoli alla clandestinità che aveva posto Salvini.

Io he ho seguito il dibattito a Radio Radicale sono agghiacciato:

Basti dire che

“…Viene ampliata la tipologia di permessi di soggiorno convertibili in permessi di soggiorno per motivi di lavoro, ovvero, possono essere convertiti anche i permessi di soggiorno per: protezione speciale, calamità, residenza elettiva, acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, attività sportiva, lavoro di tipo artistico, motivi religiosi, assistenza ai minori. E’ ripristinata la protezione umanitaria abolita da Salvini, sicché qualunque clandestino dirà di essere sodomita ed essendo la sodomia vietata nel suo paese, ottenere vitto ed alloggio permanente, perché la massima parte dei “migranti” in età militare che bivaccano qui non lavorano (e non c’è lavoro in Italia) e vivono dell’accoglienza., il business riccamente finanziato dalle imposte-.

Ah, dimenticavo:

“… Vengono abolite le multe alle navi delle ONG-scafiste che violano le acque territoriali. Una riforma che, insomma, chiama da noi altre centinaia di migliaia di clandestini, intoccabili dalle forze dell’ordine e mantenuti dal denaro pubblico.

Dato che non c ‘è lavoro in Italia per nessuno, e nemmeno scuola e sanità pubblica, come sanno benissimo i piddini di governo, e i loro schiavi ideologici grillini, è fin troppo chiaro che questa riforma non mira nemmeno per finta alla “integrazione”; vuole ottenere la “sostituzione”, al gran rimpiazzo degli italiani con africani e nati nell’Islam.

La ferrea, bolscevica, muta quadrata obbedienza con cui la maggioranza, mozione dopo mozione, vota per spalancare tutto ai migranti, e boccia le proposte minimamente alleviative dell’opposizione, dice che hanno ricevuto l’ordine, da Bruxelles probabilmente: l’Italia deve diventare la gabbia dei migranti, che non devono uscirne.

E quando gli immigrati saranno centinaia di migliaia, la dittatura piddina scoprirà che bisogna alloggiarli. Dove?

Prendete il caso di un pensionato o pensionata vedova che abita nel suo appartamento – che ha comprato nei decenni i cui lavorava, col mutuo – in un paese dell’hinterland milanese. Facilmente il suo immobile valeva (prima del covid e della sua gestione intesa a ridurre in miseria), fra i 250-300 mila euro. Il che lo mette fra i”grandi patrimoni” oltre i 500 mila se ha depositi bancari o – Dio non voglia! – una seconda casa, un monolocale a Pietra Ligure.

Ma anche senza quella, il pensionato si trova nell’occhio ostile della dittatura piddina. Il pensionato usa di preferenza il contante, ciò che lo rende sospetto: ha soldi sotto il materasso, che sottrae al fisco.

Del resto, le pensioni saranno presto decurtate perché “insostenibili” nella crisi enorme di disoccupazione che hanno creato; non me lo immagino, l lo ha detto il capo di Bankitalia . L’assistenza sanitaria non è più gratuita (e voi non ve ne siete accorti perché la tv non ne parla), il serizio sanitario nazionale universale è stato abolito con la scusa del Covid; un infarto, un tumore, e dovete pagare centinaia, migliaia di euro lo stent o le terapie – se potete.

E se non potete? Ma avete l’appartamento, ricconi, profittatori che nascondete i contanti! Ma è invendibile, adesso…e chi parla di venderlo? C’è un modo per metterlo a profitto. Tu, vecchio pensionato single, tu vedova , abiti in tre locali? In due ti ci mettiamo gli immigrati che abbiamo accolto. Potrai condividere con loro la cucina, il bagno, il frigorifero e glialtri elettrodomestici, il letto…

Si chiama proprietà condivisa, sharing economy; le tv dicono che è di gran moda e segno di senza si responsabilità verso gli altri (come portare la mascherina). Allo stesso modo condividerai l’auto elettrica che ti abbiamo obbligato a comprare, carissima ma “verde”, pulita: praticamente tu la lasci tutto il giorno parcheggiata; dà la chiave ai migranti, che devono uscire per spacciare, ecco un impiego resiliente, sostenibile, responsabile.

Condiviso.

Nella neolingua del Grand Reset la riforma immobiliare si chiama, dicevamo, ”co-housing”, e i media ne parleranno come di una meravigliosa esperienza di amicizia ed umanità, Report e il tg3 faranno servizi commoventi sul nonnetto italiano che prima era solo e senza contatti umani, ed adesso è circondato dall’affetto dei cinque bambini della famiglia marocchina con cui ha accettato (nessun obbligo! Come per il vaccino) di condividere (share) il trilocale.

A lui, il nonnetto basta la più piccola delle sue (ex)tre stanze. Non ha nulla e non è mai stato tanto felice, come dice la pubblicità del Forum di Davos e il comunicato della Von der Leyen.

Come dicevo, lo chiameranno co-housing. Nella lingua vecchia, si chiamava “coabitazione” forzata, in grande uso e nei regimi dl socialismo reale cui Fratoianni e Orfini sono eredi ideologici, e il Forum di Davos vuole adottare per noi . I sovietici, in realtà, se ne lamentavano. Non sapevano di essere fortunati. Loro, almeno, condividevano cesso e cucina con connazionali di simili costumi e lingua, non con nigeriani, afghani e maghrebini.

Credete che non succederà? Che la gente si ribellerà? Io – sulla base dell’esperienza data dalla pandemia e lockdown – sono sicuro che i due terzi del popolo italiano approveranno, anzi esigeranno, questa misura di violazione ulteriore del diritto, come hanno approvato tutte le abolizioni delle altre libertà , politiche, personali, persino l’inviolabilità del corpo facendosi (non c’è obbligo! Basta avere il pass di avvenuta vaccinazione sennò non puoi entrare al supermercato, ristorante, salire su un treno… ) vaccinare con una sostanza sconosciuta e non testata. Anzi faranno la spia: nel mio condominio c’è un vecchietto che vive da solo in tre locali! Citeranno anche El Papa: questa è “Nuova giustizia sociale partendo dal presupposto che la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile il diritto di proprietà privata”.

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tratto da “La Nazione” del 27.02.2016

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tratto da “La Nazione” del 23.02.2015

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Tratto da “La Nazione” del 27.06.2014

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R I M E M B R A N D O

tratto da “La Nazione” del 09.03.2016

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tratto da “La Nazione”
del 21.01.2016

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tratto da “La Nazione” del 28.02.2016

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Da “La Nazione” del 22.02.2014

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Tratto da “La Nazione” del 15.02.2015

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tratto da “Il Tirreno” del 24.09.2016

di Giulia Sili 


Non può essere definito altrimenti se non un “duello” quello che ha proposto il consigliere comunale Gabriele Galeotti al sindaco di Massa Marittima Marcello Giuntini. Una sfida a singolar tenzone dove, come da antica tradizione, all’avversario vengono fatti scegliere giorno, luogo e ora. Ma per la difesa dell’onore è necessario che entrambi i duellanti accettino la sfida in modo esplicito. Insomma, quello che Galeotti vorrebbe è un incontro pubblico di fronte alla cittadinanza per risolvere, una volta per tutte, gli attriti con la controparte politica: «Mi piacerebbe che Giuntini accettasse – dice il consigliere comunale di Massa Comune – si tratta di un confronto pubblico dove potremmo tirare fuori gli argomenti e parlarne faccia a faccia per vedere chi tra noi due mente. Lui parte avvantaggiato perché ha delle capacità politiche che a me mancano».

Non è la prima volta che il rappresentante di Massa Comune chiede che si svolga un confronto pubblico: la battaglia è aspra dal 2009. Risale infatti al periodo di Lidia Bai sindaca la prima richiesta di questo genere: «La sindaca non mi ha mai concesso l’onore di confrontarsi con me di fronte ad un pubblico – dice Galeotti – Sono sempre stato snobbato ma, a differenza di quanto possano credere, io sono tenace e mi fermo solo nel momento in cui mi viene fatto vedere che sbaglio, purtroppo però non c’è mai stata una volta che abbiano smentito le mie posizioni, semmai le hanno solo smussate»

Questa è la seconda volta che Galeotti chiede un confronto pubblico a Giuntini: «Lo avevo già invitato il 1° agosto – spiega Galeotti – ma lui non accettò. Un confronto pubblico sarebbe però il modo migliore per parlare alla pari perché in consiglio comunale chi comanda è il sindaco e il consigliere ha solo due armi: le interrogazioni e le mozioni. Io per replicare devo chiedere la parola e aspettare, ma ogni volta il ferro viene battuto quando non è più caldo e io posso solo scrivere sul mio blog. Inoltre mi piacerebbe che il confronto si facesse fuori, così da permettere anche alla gente di partecipare, vorrei un campo neutro dove le persone possono sentirsi libere di intervenire»

«Galeotti me na ha fatti molti di inviti per un confronto pubblico – dice il sindaco Giuntini – Il problema è che lui interpreta il confronto politico come una sfida personale ma io non ho intenzione di sfidare qualcuno o essere sfidato. Lui mi offende sempre e mi ha anche querelato». Per il sindaco il confronto politico è un’altra cosa: «Galeotti ha la logica del nemico – dice Giuntini – ma io non lo riconosco come interlocutore. Lui è stato legittimato dai cittadini come consigliere e in quel ruolo io ho il dovere di confrontarmi con lui, ma in altri contesti: c’è già il consiglio comunale e lì non ho difficoltà a rapportarmi con lui».

 

tratto da “La Nazione” del 14.07.2015

 

corruzione14072015clicka per ingrandire 

tratto da “La Nazione” del 13.01.2016

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tratto da “La Nazione”
del 04.05.2016

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tratto da “La Nazione” del 25.03.2015

mattatoio25032015

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L’establishment spara (sui propri piedi) le ultime cartucce:
gli assalti della magistratura

Il finale di partita si avvicina e gli ultimi minuti scivolano via portandosi con sé anche regole, convenzioni ed etichette: il gioco si incattivisce, i falli diventano più marcati e la volontà di “aggiustare” il risultato sempre più palese. È uno spettacolo poco edificante, che indebolisce ulteriormente l’istituto della democrazia già piuttosto malconcio, ma non certo sorprendente: dopo la lunga e sanguinosa scia di attentati gestiti dalla DGSE che ha inaugurato con largo anticipo le presidenziali francesi (le prime a svolgersi in pieno stato d’emergenza dai tempi della guerra in Algeria) ed episodi sintomatici come l’omicidio della deputata Jo Cox, era scontato che l’establishment euro-atlantico desse fondo al suo arsenale in vista delle cruciali consultazioni del 2017.

Sta infatti per entrare nel vivo “l’anno della frattura”, con le legislative che si svolgeranno il 15 marzo in Olanda: se il Partito della Libertà di Geert Wilders dovesse affermarsi come prima forza politica, sarebbe l’inizio di quell’onda che, ingrossandosi elezione dopo elezione, sommergerà l’Europa, trascinando via con sél’euro e le istituzioni di Bruxelles. Di fronte a questa marea “populista”, l’oligarchia euro-atlantica, sempre più arroccata ed inquieta, spara le ultime cartucce: perso il controllo della politica con la scomparsa della fittizia dialettica tra socialisti e popolari e l’emergere del reale scontro tra “mondialisti” e “sovranisti”, persa la capacità di influenzare l’opinione pubblica con la completa esautorazione dei media, perso in sostanza il controllo della democrazia, non le resta che intervenire a gamba tesa nell’agone politico, azzoppando questo o quel candidato. Come? Ricorrendo al già rodato strumento delle inchieste giudiziarie, anche a costo di logorare definitivamente il potere giudiziario ed alimentare ancora di più lo sfaldamento delle istituzioni democratiche.

La spudoratezza con cui la magistratura sta intervenendo sulla scena politica in queste settimane è sintomo della crisi ormai irreversibile in cui versa il sistema: la giustizia ad orologeria è così maldestra e volgare che parlare di “complotti” è persino superfluo, come è ridicola quella stampa che tenta di negare l’evidenza (si veda, a questo proposito, l’editoriale di Lucia AnnunziataLa nemesi del complotto” pubblicato sull’Huffington Post il 4 marzo). Non solo però le manovre della magistratura non sortiscono gli effetti sperati, ma addirittura producono esiti opposti. Verrebbe allora da dire: lasciamoli fare! Lasciamo che sguinzaglino la magistratura in Francia come in Italia, perché così accelerano la loro fine: più i tribunali intervengono fallosamente nella campagna elettorale e maggiore sarà l’impeto dei populisti nelle urne.

L’effetto boomerang della giustizia a orologeria è evidente in Francia, dove la frenetica attività del circuito mediatico-giudiziario ha impresso nuovo slancio alla “populista” Marine Le Pen, sempre più vicina all’Eliseo proprio grazie alle schizofreniche manovre della magistratura.

Se l’iter democratico avesse seguito il suo corso naturale la vittoria del Front National non sarebbe stata facile: si prefigurava un ballottaggio tutto a destra dello schieramento politico, tra Marine Le Pen ed il candidato dei repubblicani, François Fillon. Si presentava però un problema: Fillon è considerato un“filorusso” ed il suo nome è emerso alle primarie contro ogni previsione ed auspicio, perché il candidato su cui puntava l’establishment era l’europeista e filo-atlantico Alain Juppé. Anziché lasciare che la campagna elettorale proceda sui suoi naturali binari, si sceglie così di azzoppare il candidato dei repubblicani. Parallelamente si lancia un terzo candidato, centrista e slegato dai vecchi partiti, con l’obiettivo di contrapporlo a Marine Le Pen al ballottaggio del 7 maggio: è l’ex-banchiere di Rothschild ed ex-pupillo di Jacques Attali, Emmanuel Macron, già ministro dell’Economia sotto la presidenza di Hollande.

Contro François Fillon si mette quindi in moto la solita macchina del fango: a gennaio il settimanale satirico“Le Canard Enchainé” accusa la moglie di aver usufruito per anni di un impiego fittizio al Parlamento e prontamente la procura di Parigi apre un’inchiesta per appropriazione indebita e abuso di ufficio, avviando le prime perquisizioni negli uffici dell’Assemblea nazionale. Fillon è sottoposto ad un violentissimo fuoco mediatico nella speranza che getti la spugna: fallito il primo assalto, ai primi di marzo la magistratura torna alla carica, spostando le perquisizioni dal Parlamento alla sua abitazione privata. Complice anche la diffusione di sondaggi sempre più neri3 e la defezione di un numero crescente di notabili del partito, si cerca di mettere il “filorusso” Fillon nell’angolo e reinsediare quel Juppé uscito sconfitto dalle primarie: solo con cui, assicurano i media di centro-destra, è possibile conquistare l’Eliseo. Fillon però non demorde: parla esplicitamente di “assassinio politico” e, per disinnescare le manovre di Palazzo, mobilita la propria base che invade il Trocadero il 5 marzo. “En appelant au rassemblement du Trocadéro, Fillon franchit la barrière qui le séparait du populisme” scrive scandalizzato Le Monde: Fillon ha imboccato la pericolosa strada del populismo, appellandosi direttamente al popolo contro la magistratura.

La necessità di defenestrare Fillon in piena campagna elettorale, quando mancano ormai meno di due mesi alle presidenziali, nasce quasi certamente dalla costatazione che il candidato centrista, l’ex-banchiere di Rothschild Emmanuel Macron, non dispone di quel vantaggio che i sondaggi gli attribuiscono ossessivamente: creato in laboratorio ed espressione degli stessi poteri finanziari che a suo tempo si raccolsero dietro Matteo Renzi, Macron non ha nessuna certezza di accedere al ballottaggio, nonostante la martellante campagna di media a suo favore e la complicità degli istituti demoscopici. Ne deriva quindi l’urgenza di segare le gambe a Fillon e di installare ai vertici del partito repubblicano un candidato su cui l’establishment possa fare pieno affidamento.

L’intera operazione mediatico-giudiziaria si profila però come un clamoroso autogol per il sistema: è vero infatti che anche il Front National è oggetto delle inchieste della magistratura francese per un’analoga vicenda di rimborsi fittizi al Parlamento di Strasburgo, ma non c’è alcun dubbio che sia proprio Marine Le Pen la principale beneficiaria delle faide che stanno dilaniando il centro-destra. Dimezzato dalle inchieste, abbandonato da buona parte del suo stesso partito, concentrato sulla difesa di se stesso anziché sul programma elettorale, sottoposto all’infamante convocazione dei giudici a poco più di un mese dal primo turno, François Fillon, se anche dovesse salvare la sua candidatura all’Eliseo, arriverebbe comunque esausto alle elezioni: peggio ancora sarebbe se fosse costretto a gettare la spugna ed il partito repubblicano ripiegasse su un “piano B” a poche settimane dal voto.

La strategia degli assalti giudiziari, che tante soddisfazioni ha regalato durante questi ultimi 70 anni di “democrazia liberale” (si pensi ad esempio a Tangentopoli ed all’eliminazione violenta della Prima Repubblica), rischia di costare così carissimo all’oligarchia euro-atlantica, a riprova di un sistema consunto e decrepito, ormai incapace di leggere la realtà: è la stessa élite che aveva puntato tutto su Matteo Renzi ed aveva concepito per lui, con scarsa lungimiranza e molta alienazione dal contesto sociale ed economico, unpercorso di riforme costituzionali in chiave super-maggioritaria, poi conclusosi col disastroso referendum del 4 dicembre scorso e la conseguente caduta in disgrazia del premier.

Già, l’ex-premier Matteo Renzi: incensato dai media, decantato dalla cancelliere estere, gonfiato da sondaggi artificiali simili a quelli che oggi proiettano Emmanuel Macron all’Eliseo, il presidente del Consiglio ha commesso l’errore di credere alla propria propaganda. Ha creduto, in sostanza, di essere un politico di razza, accidentalmente infortunatosi il 4 dicembre 2016: come se fosse l’artefice delle proprie fortune, il protagonista di una scalata in solitaria dalla provincia di Firenze a Palazzo Chigi, e non fosse stato accompagnato alla presidenza del Consiglio mano nella mano da quegli stessi poteri che gli hanno poi dettato l’agenda.

Con l’invito a votare “no” al referendum, The Economist e con cui lui l’oligarchia atlantica avevano già scaricato il premier, considerato ormai come una causa persa: la priorità è assicurare la stabilità del governo, scongiurare cioè a qualsiasi costo le elezioni anticipate così da non turbare i delicatissimi appuntamenti elettorali in Francia e Germania. Se l’ex-premier avesse prestato più attenzione alla parole diGiorgio Napolitano e Sergio Mattarella, i massimi rappresentanti italiani dell’oligarchia atlantica, avrebbe avuto un’altra conferma dell’ostilità a qualsiasi ipotesi di interruzione prematura della legislatura: conscio che ogni giorno del governo Gentiloni equivale ad un’erosione di consensi e convinto di disporre di una certa autonomia, Renzi però scalpita. Ai primi di febbraio si parla apertamente di elezioni entro l’estate. Immediatamente il differenziale tra Btp e Bund rialza la testa e Massimo D’Alema profetizza: “Siamo seduti su una polveriera, se si vota ora lo spread va a 400”. Più chiaro di così è impossibile.

Come neutralizzare definitivamente Renzi e le sue velleità di elezioni anticipate? Ricorrendo come in Francia alla solita magistratura. Con la riapertura dell’inchiesta Consip ferma da mesi, si mettono nel mirino il padre dell’ex-premier ed il suo braccio destro, l’ex-sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti, lasciando che il solito Gruppo l’Espresso lanci sinistri messaggi: “Inchiesta Consip, una domanda a Matteo Renzi: fu tutto a sua insaputa?”. Gli stessi poteri che nel febbraio 2014 crearono il mito del “premier rottamatore” a distanza di tre anni decidono di annientarlo ed i giornali di Carlo De Benedetti, che ruotano sempre attorno allo stesso sole, sia adeguano prontamente alla linea.

Come nel caso francese, la manovra mediatico-giudiziaria ai danni di Renzi si profila però come un clamoroso boomerang: infangare l’ex-premier a suo tempo presentato come “l’ultima salvezza dell’élite italiana”, trascinare fino al 2018 l’effimero governo Gentiloni, lasciare marcire il Paese in un clima di abbandono e lacerante attesa, non farà che alimentare ulteriormente le spinte anti-sistema, pronte ad tracimare alle prossime elezioni.

Ma in fondo all’oligarchia euro-atlantica forse neppure interessa: “l’anno della frattura” è vissuto in funzione delle presidenziali francesi e davanti alla vittoria di Marine Le Pen tutto il resto passerà in secondo piano, comprese le sorti del governo Gentiloni e dell’Italia.


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