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Il 23 agosto 1339, con duecentododici voti favorevoli e centotrentadue contrari, il “Gran Consiglio Generale della Campana” deliberava l’ampliamento del Duomo di Siena (AS-Siena, Consiglio Generale 125, cc. 18r-19r), la cui parziale edificazione si protrasse fino al 1357.

Tuttavia, si andava decretando un lavoro già iniziato: la posa della prima pietra della facciata del “Duomo nuovo” (come narra il cronista Andrea Dei), infatti, risale al 2 febbraio del 1339.

La cerimonia con la benedizione della fabbrica fu retta da Donusdeo Malavolti [o Malevotti, pare già Presule massetano nel 1302], allora Vescovo di Siena, e Galgano Pagliaresi, Vescovo di Massa, con la presenza di tutto il clero.

La chiesa esistente sarebbe divenuta il transetto della nuova Cattedrale, le cui navate avrebbero dovuto svilupparsi nell’attuale piazza Jacopo della Quercia, anticamente dei Manetti: “per planum Sancte Marie versus plateam Manettorum”.

Sono due i disegni – in pianta – dell’ingrandimento del duomo che si conservano nell’Archivio dell’Opera della Metropolitana (inv. n.1736 e n.1740). In entrambi si propone di mantenere la chiesa esistente, di modificare la cupola e di creare un corpo anteriore a tre navate e sei campate e una nuova abside (nell’uno semiottagonale e nell’altro poligonale) oltre la cupola e la demolizione del campanile.

I disegni, inoltre, sono “di grande interesse anche per il tipo di edificio che si voleva realizzare: si trattava di una cattedrale gotica di forme oltremontane, con coro a deambulatorio, come sono quelle di Chartres, Colonia, Praga, Bruxelles, ecc.. Una tipologia di pianta ben poco impiegata in Italia (un esempio è San Francesco di Bologna)” – cit. Lando Bortolotti.

Invero, fin dal 1° maggio 1317, si erano iniziati i lavori del prolungamento verso est (Vallepiatta) e si era dato inizio all’edificazione della facciata del Battistero. Dal 1331, inoltre, si andarono ad acquistare continuamente gli edifici nella piana prospiciente lo Spedale di Santa Maria della Scala e la Postierla, al fine di demolirli per fare spazio alla nuova immensa costruzione.

La direzione dei lavori di ampliamento fu affidata a Lando di Pietro (dicembre 1339), orafo di eccezionale versatilità, distintosi in opere di ingegneria, nel bilicare campane, nella costruzione del battifolle di Montemassi (1328) e delle mura di Paganico (1334). Fu richiamato da Napoli ove si trovava al servizio di re Roberto d’Angiò, ma sopravvisse al cantiere senese soltanto fino al 3 agosto 1340, data della sua morte.

Gli subentrò lo scultore senese – assai raffinato – Giovanni d’Agostino (con atto di conduzione fatto dall’Operaio Latino de’ Rossi risalente al 23 marzo 1340), che portò celermente avanti la fabbrica del “Duomo nuovo” [destinato a divenire il capolavoro dell’arte gotica senese], fino al 1348, probabile anno di morte dell’artista per l’epidemia. Mentre Lando di Pietro fu una sorta di “soprintendente” dei lavori, pagato anche dal Comune di Siena, Giovanni d’Agostino fu assunto con la carica di capomaestro dell’Opera.

Dopo il 1348, l’edificazione subì un forte rallentamento fino alla sospensione definitiva, sia per la recessione economica provocata dalla peste nera che decimò la popolazione sia per i problemi statici verificatisi in alcune parti già edificate.
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arca di San Cerbone - Goro di Gregorio (1324)

 

L’Arca di San Cerbone fu commissionata da tal Peruccio – membro dell’Opera della Cattedrale di Massa Marittima (lo stesso che nel 1316 si era fatto carico di giungere al compimento della Maestà di Duccio di Buoninsegna destinata all’Altare Maggiore) – e fu terminata nel 1324, come informa l’iscrizione in lettere capitali che corre al di sotto dei rilievi figurati.


ANNO D(OMI)NI MCCCXXIIII I(N)DI(C)T(IONE) VII MAGIST(ER)
PERUCI(US) OP(ER)ARI(US) EC(C)L(ESIA)E
FECIT FI(ERI) H(OC) OPUS MAG(IST)RO GORO GREGORII DE SENIS.


Trattasi di un VERO E PROPRIO CAPOLAVORO della scultura gotica senese, come pochi altri – del genere – sono giunti a noi.

Come attestano il verbale del 4 giugno 1600 circa la ricomposizione delle reliquie di san Cerbone nel monumento marmoreo (dopo il loro rinvenimento il 26 giugno 1599) e una “relatione” in volgare relativa al medesimo evento, l’Arca fu collocata sotto la mensa dell’Altare Maggiore negli ultimi anni del Cinquecento.

In seguito, fu inglobata nel nuovo altare costruito tra il 1623 e il 1626 da Flaminio Del Turco; in origine, però, probabilmente, doveva essere sorretta da colonnine marmoree (forse tra quelle reimpiegate da Del Turco come sostegno della mensa eucaristica).

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Angiolo (o Agnolo) di Ventura è stato un importante architetto e scultore senese, attivo in Toscana nella prima metà del Trecento.

Si hanno sue notizie solo a partire dal 1311 e la sua morte sarebbe avvenuta successivamente al 1349.

Il Vasari lo cita nelle “Vite” – insieme ad Agostino di Giovanni – nella biografia dal titolo: “Agnolo e Agostino”.

Dai pochi documenti che lo menzionano, risulta che nel 1329 riscosse un pagamento per alcuni lavori compiuti nel Campo di Siena [“in pede porte Salarie”].

Insieme al collega Agostino di Giovanni, nel 1325, infatti, aveva disegnato la torre del Palazzo Pubblico, meglio nota come Torre del Mangia.

Nel 1333, invece, assieme ad altri undici maestri, fece parte dello “staff tecnico” a cui fu richiesto un rapporto sui lavori di ampliamento del Duomo verso Vallepiatta.  

Fu anche architetto militare, attività svolta [forse] anche a Siena con i progetti per la Porta di Sant’Agata (1325) e la Porta Nuova, oggi Porta Romana (1327).

Nel 1334, con Guido di Pace e Meo di Rinaldo, si occupò dell’edificazione del Cassero di Grosseto. 

Due anni dopo, nel 1336, insieme a Domenico di Giovanni, Romeo Pepi e Giovanni Alberti, partecipò alla costruzione della fortezza di Massa Marittima: quest’ultima notizia è del 31 gennaio 1349, allorché egli figurò in Siena come testimone in un atto di vendita.

In particolare, Angiolo di Ventura – ovvero, semplicemente, l’Agnolo – sarebbe l’architetto al quale si deve il progetto del maestoso Arco [con una corda di 21,70 metri ed una freccia di 7 metri] col quale si intese collegare la Torre del Candeliere alle Mura Senesi.

È probabile che egli, pur ricordato principalmente come architetto, possa identificarsi anche con quell’Angelo da Siena che, nel 1330, insieme ad Agostino di Giovanni, scolpì il monumento Tarlati ad Arezzo; tale identificazione, proposta da Milanesi (1854) sulla scorta di Vasari (che, peraltro, attribuisce a Giotto il disegno del monumento), è accettata da pressoché tutta la maggiore critica.

Il cenotafio del Vescovo e Signore di Arezzo, Guido Tarlati (+1327), situato nel duomo e completato nel 1330 [Hoc opus fecit magister Augustinus et magister Angelus de Senis MCCCXXX], resta l’unica sua opera firmata e datata.

Tra le sculture assegnate al Maestro senese, soltanto le sette formelle dei due altari dei Santi Ottaviano e Regolo (1320 ca.), già nel duomo di Volterra (oggi nel Museo Diocesano di Arte Sacra), trovano concorde la critica.

Delle altre attribuzioni (Vasari, Le Vite – Venturi, 1904 – Valentiner, 1925), molte oggi rifiutate, sono da menzionare – restando dubbie le ipotesi attributive – il sepolcro del Vescovo Ranieri degli Ubertini (+1301) in San Domenico ad Arezzo (Valentiner, 1927) e le statuette di apostoli e profeti nel duomo di Massa Marittima (Carli, 1946), queste ultime avvicinate spesso e più ragionevolmente all’arte di Goro di Gregorio.

Cupola Brunelleschi disegno 05

 

Nel 2017 ricorrevano i 700 anni dalla coniazione delle monete battute dal Libero Comune di Massa di Maremma: il Denaro Piccolo (o Pìcciolo) e il Grosso da 20 denari.

La Zecca fu operativa solamente per poco più di due anni, dal 1317 al 1319, e aveva sede nella palazzina – allora di proprietà pubblica, poi appartenuta alla famiglia dei Conti Alberti di Monterotondo – che si apre sull’attuale Via Norma Parenti e che oggi, in parte, ospita la Sede della Società dei Terzieri.

Con la dominazione Senese su Massa [dal 1336], l’edificio divenne proprietà dei Conti di Sassetta (un ramo dell’importante famiglia Gherardesca) che ne fecero una propria prestigiosa residenza privata.

Questi ultimi, nel 1401, dovettero cedere alle pressioni della Curia che volle acquistare il fabbricato per ampliare il Palazzo Vescovile, trasferito forzosamente nell’adiacente Palazzina dei Conti di Biserno [che si affaccia sulla Piazza del Duomo] dopo che i Senesi ebbero preso possesso del Castello di Monteregio.

 

Una curiosità che mi fa impazzire… (!!!)

Ma dovevano trascorrere ancora 100 anni esatti [100 anni esatti…] prima che qualcuno si ponesse seriamente il problema di “voltare” la Cupola di Santa Maria del Fiore [iniziata nel 1294-1295 sulle vestigia di Santa Reparata], pur già eretta fino al tamburo ottagonale che avrebbe dovuto sostenerla…

Solo nel 1418, infatti, l’Opera del Duomo bandì il concorso pubblico per la sua costruzione a seguito del quale, pur senza vincitori “ufficiali”, si giunse ad affidarne l’incarico a Filippo Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti.

E’ certo che Arnolfo di Cambio – architetto progettista del Duomo – avesse previsto di caratterizzare il suo edificio con una struttura assai diversa e più ampia del tradizionale tiburio delle Cattedrali dell’epoca: tuttavia, la Cupola avrebbe dovuto avere un aspetto ben più convenzionale di quello conferitole dal Brunelleschi.

La costruzione della Cupola ebbe inizio il 7 agosto 1420 e la struttura – alla base della lanterna – fu completata il 1º agosto 1436.

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Nel giugno 2013, a Dubai, è stata inaugurata la Cayan Tower, meglio conosciuta come Infinity Tower, progettata dal rinomato studio di architettura americano SOM – Skidmore, Owings & Merril LLP.

Si tratta del grattacielo elicoidale più alto del mondo per la sua tipologia: 307 metri di altezza lungo i quali si sviluppa una torsione di 90°. Precedente simile, ma ben più basso (190 metri), l’edificio Turning Torso, realizzato nel 2005 a Malmo su progetto dell’architetto spagnolo Santiago Calatrava.

L’edificio, di 75 piani a destinazione prevalentemente residenziale (sono stati previsti 495 appartamenti), ha una struttura in cemento armato che ruota intorno ad un nucleo circolare; la sommità risulta ruotata di 90 gradi rispetto alla base. Ampi pilastri esterni in calcestruzzo rivestiti con una pelle metallica con schermi forati contribuiscono a proteggere l’interno dell’edificio dal sole intenso del deserto.

I sistemi meccanici, elettrici e idraulici sono ubicati nel nucleo, tra il corridoio di circolazione centrale e le unità residenziali, consentendo così agli impianti dei percorsi di distribuzione agli appartamenti diritti e verticali.

La forma della torre unisce alle esigenze estetiche anche una funzione strutturale. La sua forma elicoidale, difatti, riduce notevolmente le forze del vento sull’edificio.

Ambrogio Lorenzetti, fratello di Pietro, nasce a Siena nel 1285 (circa).

Dai tratti fondamentali della sua pittura, si ritiene che abbia attinto principalmente dall’arte di Duccio di Buoninsegna e di Giotto [piuttosto che da quella del fratello e di Simone Martini].

La sua prima opera firmata, datata 1319, è “La Madonna col Bambino” nella chiesa di Sant’Angelo di Vico l’Abate presso San Casciano Val di Pesa.

Tra il 1330 e il 1333, visita Firenze e vi soggiorna più volte per avvicinarsi all’opera dell’architetto e scultore Arnolfo di Cambio (di quest’ultimo è il progetto di Santa Maria del Fiore); qui dipinge il Trittico per la Chiesa di San Procolo [oggi agli Uffizi]. 

Alcuni studiosi gli attribuiscono un ruolo di grande importanza nella complessa gestione dei rapporti culturali tra Siena e Firenze della prima metà del secolo.

Nel 1335, rientra stabilmente a Siena e realizza – col fratello – alcuni affreschi (andati persi) presso l’Ospedale di Santa Maria della Scala.

E’ dello stesso anno la “Maestà” dipinta per la Chiesa agostiniana di San Pietro all’Orto di Massa Marittima.

Immediatamente dopo, nel 1336, lavora nella cappella dell’Eremo di Montesiepi presso l’Abbazia di San Galgano.

Tra il 1337 e il 1338, dipinge nel Convento di Sant’Agostino di Siena: gli affreschi, staccati dalla Sala Capitolare, sono oggi custoditi nelle Cappelle Bandini Piccolomini e Piccolomini di Castiglia della Basilica di San Francesco.

Tra il 1338 e il 1339 (forse il 1340) – nella fantastica cornice della Sala dei Nove nel Palazzo Pubblico di Siena (contigua a quella del Mappamondo) – realizza quello che è considerato il suo capolavoro: le “Allegorie del Buono e del Cattivo Governo”.

Del 1342 é la “Presentazione al Tempio” per l’altare di San Crescenzio nella Cattedrale di Siena [oggi agli Uffizi]; del 1343, invece, sono i dipinti di facciata e la tavola d’altare di San Pietro in Castelvecchio.

Al 1344 risalgono “La Cosmografia” del Palazzo Pubblico di Siena e “L’Annunciazione” destinata all’Ufficio della Gabella della medesima città [oggi alla Pinacoteca Nazionale di Siena].

In esso, a grandi lettere, si legge la frase latina “Ambrosius Laurentii de Senis hic pinxit utrinque” (Ambrogio di Lorenzo da Siena qui dipinse da ambo i lati).

Altre, ma non troppe, sono le sue opere minori (alcune anche nell’amiatino).

Ambrogio Lorenzetti muore a Siena – di peste – nel 1348, proprio come il fratello Pietro.

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di gabriele galeotti

Il Museo dell’Opera Metropolitana di Siena è qualcosa di meraviglioso!
 
E lo è a partire dalla location!
 
Almeno in parte, infatti, si trova negli ambienti sorti laddove avrebbe dovuto aprirsi la navata laterale destra del così detto “Duomo Nuovo”, ovvero la maestosa struttura che i Senesi – nella prima metà del 1300 – volevano costruire per tenere il passo di Firenze e della sua stupenda Santa Maria del Fiore.
 
Solo questo basta e avanza per ritenerla cosa fantastica!
 
Era il 23 agosto 1339 quando il Gran Consiglio Generale della Campana deliberava ufficialmente, con duecentododici voti favorevoli e centotrentadue contrari, di dar corso all’ampliamento.
 
La decisione, in realtà, decretava di procedere con un lavoro già iniziato: la posa della prima pietra della facciata del “Duomo Nuovo” infatti, come narra il cronista Andrea Dei, risale al precedente 2 Febbraio. Fin dal 1° maggio 1317, inoltre, si erano partiti i lavori del prolungamento verso Vallepiatta e si era dato inizio all’edificazione della facciata del Battistero.
 
La cerimonia con la benedizione della pietra fu svolta da Donusdeo Malavolti, vescovo di Siena e Galgano Pagliaresi, vescovo di Massa, con l’assistenza di tutto il clero.
 
La chiesa esistente sarebbe divenuta il transetto della nuova Cattedrale, le cui navate avrebbero dovuto svilupparsi nell’attuale piazza Jacopo della Quercia, anticamente dei Manetti: “per planum Sancte Marie versus plateam Manettorum”.
 
Sono due i disegni in pianta dell’ingrandimento del duomo che si conservano nell’Archivio dell’Opera della Metropolitana (inv. 1736 e 1740): in entrambi, si propone di mantenere la Chiesa esistente, di modificare la cupola e di creare un corpo anteriore a tre navate e sei campate e una nuova abside (nell’uno semiottagonale e nell’altro poligonale) oltre la cupola e la demolizione del campanile.
 
I disegni, inoltre, sono “di grande interesse anche per il tipo di edificio che si voleva realizzare: si tratta di una cattedrale gotica di forme oltremontane, con coro a deambulatorio, come sono quelle di Chartres, Colonia, Praga, Bruxelles, ecc.: una pianta pochissimo impiegata in Italia (un esempio è San Francesco di Bologna)”.
 
Fin dal 1331, inoltre, si erano continuamente acquistati pressoché tutti gli edifici nella piana prospiciente lo Spedale di Santa Maria della Scala e la Postierla, affinché venissero demoliti per procurarsi lo spazio necessario allo sviluppo della nuova costruzione. Una vera e propria “direzione dei lavori”, comunque, fu affidata – a Lando di Pietro – solo nel 1339.
 
Dopo il 1348, il processo di edificazione subì un forte rallentamento fino alla sospensione definitiva, sia per la recessione economica [provocata dalla peste nera che decimò la popolazione] sia per taluni problemi statici lamentati da alcune porzioni architettoniche già edificate.
 
Ciò detto, è indispensabile citare il fatto che, tra le tante cose, nel Museo dell’Opera risieda buona parte della produzione artistica di Duccio di Buoninsegna il cui il capolavoro assoluto è la Maestà (un tempo a corredo del’altare maggiore del Duomo medesimo).
 
Immediatamente dopo – forse – quella di Siena, però, viene la Maestà di Massa [che si può ammirare nella cappellina absidale sinistra del Duomo], datata 1316 e considerata l’opera più bella del Maestro poiché una delle ultimissime (forse l’ultima), ovvero quella della piena maturità artistica…
 
Del medesimo artista, è possibile ammirare anche l’originale della stupenda vetrata – dedicata a Maria Vergine Assunta – che decorava il rosone absidale. Degni di nota, ovviamente, anche gli originali delle sculture di Giovanni Pisano (tolte dalla facciata), oltreché quelle di Donatello, di Jacopo della Quercia ecc. ecc.
 
Stupenda – al margine – la Libreria Piccolomini (con accesso dall’interno del Duomo) fatta realizzare, tra il 1492 ed il 1502, dal Cardinale Arcivescovo di Siena Francesco Piccolomini Todeschini (poi Papa Pio III) per custodire il ricchissimo patrimonio librario lasciatogli dallo zio Papa Enea Silvio Piccolomini (ovvero Pio II – quello di Pienza!!!) affrescata dal Pinturicchio [vero nome Bernardino di Betto Betti, Perugia, 1452 circa – Siena, 11 dicembre 1513] in virtù di un contratto stipulato il 29 giugno 1502. Aiuto del Pinturicchio, tra i tanti, fu anche un certo Raffaello Sanzio [Urbino, 28 marzo o 6 aprile 1483 – Roma, 6 aprile 1520]…

di gabriele galeotti

Fino al 1462, la Pienza che tutti conoscono come “Perla” del Rinascimento toscano altro non era che un piccolo borgo: Corsignano.

Qui, il 18 Ottobre 1405, era nato Enea Silvio Piccolomini che, 53 anni dopo, succedendo a Callisto III, divenne Papa Pio II.

Era stato ordinato Sacerdote il 4 Marzo 1447, nominato Vescovo il successivo 19 Aprile e vestito dello zucchetto purpureo di Cardinale il 17 Dicembre 1456 (dallo stesso Papa cui sarebbe succeduto).

Ma fu un evento particolare a regalarci la Pienza di fronte alla quale – oggi – ci commoviamo per la sua straordinaria bellezza.

In occasione di un suo viaggio verso Mantova, infatti, il Pontefice volle rivedere la sua Cittadina natale e i luoghi che lo avevano visto crescere.

Il degrado che si trovò di fronte agli occhi e la miseria cui era relegata la sua terra lo portarono a decidere di “fondare” una nuova città.

Una NUOVA CITTA’ che sormontasse e oscurasse l’antico borgo originario: una NUOVA CITTA’ IDEALE, da disegnare secondo i canoni artistici del Rinascimento e facendo tesoro del sopraggiunto progresso socio-economico.

Approfittando del suo ruolo e mettendo a disposizione molte risorse della Chiesa, in men che non si dica affidò il progetto urbanistico/edilizio all’architetto e scultore fiorentino Bernardo di Matteo Gamberelli, detto il Rossellino [Settignano, 1409 – Firenze, 1464].

L’intervento, un impareggiabile miscuglio di edilizia e urbanistica, durò circa quattro anni e portò alla nascita di una Cittadina armoniosa, in forme tipicamente quattrocentesche.

Papa Pio II è stato il CCX° Pontefice della Chiesa Cattolica, dal 1458 alla sua morte avvenuta ad Ancona il 14 Agosto 1464.

La morte prematura di papa Pio II pose fine alla fantastica storia della sua CITTA’ IDEALE che però, da allora, fortunatamente, ha subito ben poche modifiche.

Le spoglie di Enea Silvio Piccolomini riposano a Roma, nella Basilica di Sant’Andrea della Valle, nel rione di Sant’Eustachio. 

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La Casa Vicens di Barcellona, prima abitazione privata progettata dall’architetto catalano Antoni Gaudí (Reus, 1852 – Barcellona, 1926), aprirà al pubblico il prossimo 16 novembre.

L’apertura sarà permanente: sarà – dunque –  un vero museo.

Sul sito web casavicens.org si possono reperire tutte le informazioni ed approfondire ogni aspetto di carattere storico-artistico riguardante l’edificio.

La costruzione della Casa Vicens ebbe inizio nel 1883 e terminò nel 1885: doveva essere la residenza estiva della famiglia Vicens; il committente fu Manel Vicens i Montaner – broker in borsa – tra i primi a credere nel genio artistico di Gaudí.

L’attuale edificio è il risultato di numerosi rimaneggiamenti: la costruzione originaria di Gaudí fu ampliata nel 1925 su progetto di Joan Baptista Serra de Martínez.

Il pubblico potrà visitare tutta la casa: il museo vero e proprio, allestito nel secondo piano dell’abitazione, accoglie una stupenda collezione attraverso la quale – oltre ai 130 anni dell’edificio – sarà possibile comprendere il contesto storico-artistico-culturale in cui lo stesso nacque.

Non sono un appassionato del Modernismo Catalano: ma Gaudì è Gaudì…

L’altro ieri, come il 6 Ottobre scorso quando abbiamo presentato il Defibrillatore donato alla Cittadinanza, ci siamo trovati a parlare di COSE BELLE e non delle porcherie della politica e del malaffare che essa promuove quotidianamente.

Il Prof. Massimo Ricci ci ha illustrato (possiamo davvero dirlo) le conclusioni dei suoi studi sulla Cupola del Brunelleschi.

Studi che sono durati circa 40 anni, tra difficoltà di vario genere, prime tra tutte l’ignoranza, l’arroganza e la presunzione di soggetti che hanno parlato dell’argomento senza averci capito nulla e ignorando quanto fatto, invece, in maniera metodica e scientifica.

Alla mia domanda tesa a sapere se sarebbe potuto venire a Massa, mi rispose “Sarò lieto di venire a parlare del mio lavoro nella tua stupenda città”.

E’ stata una conferenza un po’ “tecnica” ma l’argomento è davvero affascinante e alcune delle cose di cui ha parlato il Prof. Ricci ci hanno lasciato a bocca aperta. 

Massimo Ricci è nato a Firenze il 13 maggio 1946 e lì si è laureato: da allora collabora alla ricerca e alla didattica presso la Facoltà di Architettura.

La sua esperienza professionale è iniziata nel 1971, andando ad occuparsi di progettazione architettonica, restauro e consolidamento delle strutture edilizie e, più in particolare, dei Monumenti.

Ma la sua vera passione è sempre stata la Tecnologia delle Costruzioni, ovvero lo studio delle tecniche costruttive dell’architettura antica, finalizzato all’applicazione dei princìpi di essa al restauro e alla tutela dei monumenti nei processi di progettazione e conservazione dell’architettura.

Nel 1975 ha iniziato ad interessarsi della Cupola di Santa Maria del Fiore, appassionandosene al punto di riuscire a scoprirne ogni segreto.

La sua ricerca – e solo la sua ricerca – ha portato all’individuazione del metodo costruttivo usato da Filippo Brunelleschi ed alla realizzazione di un Modello a grande scala della Cupola.

 

MA PERCHE’ QUESTO EVENTO?

PERCHE’ ABBIAMO PARLATO DI ARCHITETTURA RINASCIMENTALE QUANDO LA STORIA DI MASSA SI FERMA AL TARDOMEDIOEVO?

E PERCHE’ ABBIAMO PARLATO PROPRIO DELLA CUPOLA DI SANTA MARIA DEL FIORE?

CI SONO PIU’ RAGIONI, MA UNA IN PARTICOLARE.

 

Il Medioevo è una delle quattro grandi epoche (Antica, Medievale, Moderna e Contemporanea) in cui viene tradizionalmente suddivisa la Storia.

Convenzionalmente, va dal V al XV secolo e – più precisamente – dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente [476] alla scoperta dell’America [1492].

Dal V al X secolo, si parla di Primo Medioevo (o Alto Medioevo); dal X al XV secolo, di Tardo Medioevo (o Basso Medioevo).

Alla fine del 1300, tuttavia, un secolo prima della “fine ufficiale” dell’epoca (il TM, appunto) irrompe prepotentemente sulla scena un movimento culturale che, ispirandosi al classicismo, rimette l’uomo e la sua attività al centro dell’Universo: ci si lasciano alle spalle, dunque, le oscurità medievali e si rifugge – in generale – il concetto di “sudditanza dalle divinità”.

Questo movimento culturale letterario è l’UMANESIMO: rimarrà in vita fin oltre la metà del 1400 e produrrà effetti dirompenti.

Primo tra tutti, promuoverà quel fantastico ed emozionante movimento artistico che è stato il RINASCIMENTO.

La Cupola del Brunelleschi segna, appunto, la nascita del Rinascimento in campo artistico e architettonico: muta anche l’organizzazione del cantiere, con la separazione dei ruoli del progettista e del costruttore.

E’ simbolo della genialità: è il manifesto per antonomasia della grandezza dell’uomo e delle sue potenzialità.

 

La Cattedrale di Firenze sorge, a partire dal 1296, sulle vestigia dell’antica Chiesa di Santa Reparata: il progetto è di Arnolfo di Cambio (originario di Colle di Val d’Elsa), il più grande Architetto del tempo. 

Quest’ultima posta all’estremità nord orientale dell’antica città romana, a ridosso delle prime mura urbane, si fa risalire ai primi anni del V secolo.

Un resoconto del vescovo Andrea colloca la traslazione del corpo di san Zanobi da San Lorenzo a Santa Reparata nel 430: a tale data, quindi, la chiesa doveva già esistere.

Arnolfo innalza la facciata fino a circa un terzo di quella che doveva essere l’altezza complessiva.

Arnolfo muore nel 1301 e la costruzione subisce una serie infinita di rallentamenti.

Nel 1331, il cantiere è affidato “in guardia” all’Arte della Lana.

Nel 1334, Giotto ne viene eletto Maestro e si gettano le fondamenta del Campanile.

Un anno dopo, nel 1335, Giotto muore e viene sostituito da Andrea Pisano.

Nel 1351, gli fa seguito Francesco Talenti al quale viene commissionato l’ampliamento.

La Signoria di Firenze, nel 1353, accoglie ufficialmente la leggenda della fondazione della Basilica come ringraziamento alla Santa (le celebrazioni si tengono l’8 Ottobre).

Nel 1587, la facciata di Arnolfo fu demolita: rimase a vista la sola struttura in pietra forte che dopo il 1688 fu intonacata e dipinta.

La facciata attuale è il risultato di 3 concorsi (vedansi i modelli lignei, tutti della seconda metà dell’ottocento).

I lavori terminano nel 1887 e viene inaugurata la facciata (ci hanno lavorato una trentina di artisti ciclo dedicato a Maria – la statua principale della Madonna è di Tito Sarrocchi).

La controfacciata interna conserva il paramento medievale ed ha un arredo figurativo che contempla manifestazioni artistiche che vanno dal ‘200 al ‘600: il Monumento funerario del Vescovo Orso di Tino di Camaino, le 4 figure del quadrante dell’orologio di Paolo Uccello, il Mosaico nella lunetta di ingresso di fine ‘200 su cartone di Gaddo Gaddi, principale allievo di Giotto ecc.

Alla fine del 1600, vengono sostituite le cantorìe di Luca della Robbia e di Donatello con altre in legno.

 

Filippo Brunelleschi – per esteso Filippo di ser Brunellesco Lapi – nacque a Firenze nel 1337 e qui morì nel 1446.

Con Donatello e Masaccio, fu una delle figure più importanti del Primo Rinascimento Fiorentino.

Era un omino alto poco più di un metro e mezzo (x l’esattezza 1,53).

Era un orafo, in parte anche scultore (in queste vesti lo ricordiamo – nel 1401 – avversario del Ghiberti allorquando si dovette realizzare la formella bronzea della porta nord del Battistero di San Giovanni).

Il suo nome, in associazione alla Cupola della Cattedrale, compare per la prima volta nel 1404 (al fianco del Capomastro Piero Guidi).

In realtà, però, già dal 1402, deluso dall’esito del concorso delle formelle e proprio per meglio approcciare al problema della Cupola, Brunelleschi si era recato a Roma (con Donatello) per studiare l’architettura del mondo antico (es. Pantheon) e formarsi come Architetto.

Il Vasari racconta come i due vagassero nella città spopolata alla ricerca di “pezzi di capitelli, colonne, cornici e basamenti di edifizj”, mettendosi a scavare quando vedevano affiorare qualcosa dal terreno.

Nell’agosto del 1972, in Santa Reparata venne rinvenuta la sua tomba: una lapide marmorea a copertura del sepolcro recita la scritta «Corpus magni ingenii viri Philippi Brunelleschi florentini».

La maschera funebre in stucco bianco di Filippo Brunelleschi – ottenuta dal calco del volto sul cadavere – è visibile al Museo dell’Opera.

ANNI DOPO, MICHELANGELO EBBE COSI’ A PRONUNCIARSI: (CIRCA LA CUPOLA DI FIRENZE) VADO A ROMA A FA’ LA SU’ SORELLA, SI PIU’ GRANDE MA NON PIU’ BELLA (riferendosi, ovviamente alla Cupola si San Pietro)…

Brunelleschi scoprì la prospettiva (in particolare il punto unico di fuga) che fu l’elemento caratterizzante ogni rappresentazione artistica dal Rinascimento in poi.

Al Brunelleschi, si debbono molti lavori scultorei [in pietra, come le statue in Orsammichele o in legno come il Crocifisso di SMN].

Tra le architetture, occore citare l’Ospedale degli Innocenti, il Palazzo di Parte Guelfa, la Sagrestia Vecchia in San Lorenzo (commissionatagli nel 1420 da Giovanni di Bicci dei Medici) la Cappella de’ Pazzi (finanziata da Andrea de’ Pazzi).

Ed anche il Palazzo Medici, poi eseguito da Michelozzo (perché il progetto del Brunelleschi sarebbe sembrato troppo sfarzoso a Giovanni di Bicci)

 

Le ragioni per le quali abbiamo parlato della Cupola di Firenze sono molteplici, dicevo prima.

  1. Rendere omaggio alla grandezza di Firenze e al genio di Filippo Brunelleschi che – al pari e più di altri artisti – ne ha segnato le sorti, permettendole di diventare una delle città più belle del mondo (fu il Brunelleschi ad evitare ai Fiorentini la figuraccia che avrebbero fatto se, dopo aver costruito la maestosa Cattedrale di Santa Maria del Fiore) non fossero riusciti a voltarne la Cupola…).
  1. Rendere omaggio lavoro del Prof. Ricci e ai concetti – ormai desueti – di competenza, impegno, dedizione e professionalità: in molti, infatti, si sono cimentati nello studio della Cupola ma solo lui è riuscito nell’intento di spiegarne letteralmente tutto.
  1. Lanciare un preciso messaggio del quale Massa Comune si è fatta e continuerà a farsi promotrice: SE LA NOSTRA CITTA’ HA UNA SOLA POSSIBILITA’ DI SALVARE SE’ STESSA DALLA CRISI SOCIOECONOMICA CHE CI AMMORSA E DI CONTRASTARE IL DECLINO CAUSATO DALLA MALAPOLITICA E DALLA EVIDENTE VOLONTA’ DI PERSEGUIRE PROFITTI DI VARIO GENERE QUANDANCHE IN DANNO DEL SUPREMO INTERESSE COLLETTIVO, QUESTA POSSIBILITA’ RISIEDE NELLA SUA STORIA, NELLA CULTURA SORTA TRA LE SUE MURA, NEI SUOI MONUMENTI E NELL’ARTE CHE QUESTI ULTIMI CUSTODISCONO.

 

NULLA PUO’ MEGLIO RAPPRESENTARE IL VALORE DELL’ARCHITETTURA NEL DIFFICILE MOMENTO STORICO CHE VIVIAMO COME LA CUPOLA DEL BRUNELLESCHI.

E’ UN INNO ALLA GENIALITA’ DELL’UOMO E COME TALE PUO’ RAPPRESENTARE IL RINASCERE – APPUNTO – DI QUELLE REALTA’ COME MASSA CHE HANNO AVUTO GRANDE IMPORTANZA NEL TEMPO MA CHE ORA SOCCOMBONO DI FRONTE AL NON ESSERE STATE BEN AMMINISTRATE E VALORIZZATE COME AVREBBERO MERITATO.

NEL GENIO C’E’ IL FUTURO; NELLA IMBECILLITA’ POSSONO ESSERCI – come ha detto più volte il Prof. Ricci – SOLO IL DECLINO E LA FINE DI TUTTO.

DI MASSA, DELLA SUA STORIA, DEI SUOI MONUMENTI, PARLEREMO A PARTIRE DAL PROSSIMO ANNO QUANDO – ALL’INCIRCA OGNI MESE – TERREMO INCONTRI TEMATICI E AVANZEREMO PRECISE PROPOSTE NEL MERITO DI QUANTO DETTO

MASSA E’ NOSTRA ED E’ MERAVIGLIOSA !!!

CAPITO QUESTO E INIZIANDO A MUOVERE NELLA DIREZIONE DI TUTELARNE E VALORIZZARNE LA STORIA, I MONUMENTI, L’ARTE CHE CUSTODISCE ED IL TESSUTO URBANO STORICO, TUTTO IL RESTO VERRA’ DA SE’. 

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“Chi mai sì duro o sì invido non lodasse Pippo architetto vedendo qui struttura sì grande, erta sopra e’ cieli, ampla da coprire con sua ombra tutti e’ popoli toscani, fatta sanza alcuno aiuto di travamenti o di copia di legname, quale artificio certo, se io ben iudico, come a questi tempi era incredibile potersi, così forse appresso gli antichi fu non saputo né conosciuto?”

(Leon Battista Alberti, De Pictura, prologo)

 

Costituita da due calotte ogivali collegate tra loro, la Cupola ottagonale del Duomo di Firenze fu voltata dal 1418 al 1434 (1436) secondo il progetto che tale Filippo Brunelleschi presentò ad un concorso nel 1418 per essere accettato, dopo molti contrasti, solo nel 1420.

Capolavoro capace di resistere ai fulmini, ai terremoti e al passare dei secoli, la Cupola ha un diametro di 45,5 metri, lo stesso del vicino Battistero.

Ancora oggi, quest’opera incanta chiunque lo osservi.

Nel 1418 l’Opera di Santa Maria del Fiore bandisce il concorso che Brunelleschi vince, ma solo due anni dopo i lavori avranno inizio e dureranno fino al 1434 (1436).

Il 25 marzo del 1436 la Cattedrale fiorentina fu consacrata da Papa Eugenio IV.

L’innovazione mirabile del Brunelleschi fu quella di voltare la Cupola senza armature, grazie all’uso di una doppia volta con intercapedine, di cui l’interna (spessa oltre due metri) realizzata con conci a spina di pesce, aveva una funzione strutturale essendo autoportante e quella esterna solo di copertura. Svetta sulla Cupola la lanterna con copertura a cono, su disegno del Brunelleschi, che fu realizzata dopo la morte dell’artista (1446) e la sfera di rame dorato con la croce, contenente reliquie sacre, opera d’Andrea del Verrocchio, che vi fu collocata nel 1466

Le decorazioni ad affresco della Cupola del Brunelleschi furono realizzate tra il 1572 ed il 1579 da Giorgio Vasari e Federico Zuccari. Presentano lo stesso tema iconografico del Battistero: il Giudizio Universale. Gli affreschi della cupola sono stati oggetto di un complessivo restauro tra il 1978 ed il 1994.


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