Archivi per la categoria ‘Acqua’

 

 

 

tratto da   www.rinnovabili.it

 

 

Storico voto del Parlamento europeo

 

Trionfo della campagna Right2Water

che con 1.8 milioni di firme

ha sollevato il tema del diritto umano all’acqua

 

 

 

Il diritto umano all’acqua deve entrare nella legislazione comunitaria. È il verdetto dell’Europarlamento, che poche ore fa ha approvato una relazione modellata sulla proposta formulata dalla campagna Right2Water tramite una ECI (European Citizens Initiative) che ha raggiunto il tetto record di 1.884.790 adesioni.

 

Il documento è stato approvato con 363 sì, 96 no e 231 astenuti. La deputata irlandese del GUE, Lynn Boylan, ha accolto con favore l’esito della votazione: «Questa è una vittoria per la società civile e per gli attivisti di Right2Water in tutta Europa. Gli 1,8 milioni di firmatari dell’iniziativa dei cittadini europei, primo caso di successo per questo meccanismo, hanno finalmente ricevuto il sostegno che meritano da un’istituzione dell’Ue. La risposta iniziale della Commissione all’ECI era stata vaga, deludente e aveva fatto poco per esaudire le richieste. Io e altri colleghi progressisti ci siamo riuniti per produrre una relazione che meglio rispondesse alla loro campagna».

 

Il testo votato in plenaria invita Bruxelles a presentare proposte legislative che sanciscano il diritto umano all’acqua, tra cui una revisione della direttiva quadro. Inoltre, chiede di contrastare la privatizzazione dei servizi idrici e di escluderli dai negoziati sul TTIP. Il trattato di libero scambio fra Stati Uniti e Unione europea, infatti, al momento non estromette l’acqua dai tanti servizi pubblici che intende aprire alla privatizzazione.

 

Secondo Food and Water Europe, branca europea della ONG Food and Water Watch, la risoluzione approvata a Strasburgo mette in chiaro che «l’acqua è un bene pubblico di fondamentale importanza per la vita e la dignità umana, e non deve essere trattata come una merce».

 

I movimenti hanno visto accolte le loro richieste di smettere di utilizzare le misure di austerità come grimaldello per spalancare i beni comuni alla privatizzazione. L’aula ha anche respinto la mozione alternativa presentata dal PPE e dall’ECR, che invece prevedeva alcuni emendamenti al testo uscito dalla Commissione Ambiente (ENVI). Oltre ad espungere ogni riferimento alle misure di austerità, venivano completamente tagliati questo passaggio:

 

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L’acqua siciliana torna pubblica

 

 

 

tratto da   Il Manifesto

 

 

L’Assemblea regionale approva la legge che applica il referendum del 2011: «minimo vitale» di 50 litri a persona e fondo per i poveri.

 

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Fos­simo in Gre­cia, la potremmo tran­quil­la­mente attri­buire ad Ale­xis Tsi­pras e a Syriza. Ma la legge sull’acqua pub­blica appro­vata l’altra notte a Palazzo dei Nor­manni porta la firma del gover­na­tore sici­liano Rosa­rio Cro­cetta, si spinge oltre i risvolti uma­ni­tari (il minimo di 50 litri garan­titi a ogni cit­ta­dino, un fondo di soste­gno per chi non rie­sce a pagare le bol­lette) e si pre­senta come la prima in Ita­lia ad appli­care il refe­ren­dum del 2011, inver­tendo un pro­cesso di pri­va­tiz­za­zioni nei ser­vizi pub­blici che data dagli anni ’90. Fatta ecce­zione per la giunta gui­data da Luigi de Magi­stris a Napoli (che ha ripub­bli­ciz­zato inte­gral­mente l’azienda comu­nale con una deli­bera comu­nale all’avanguardia, gra­zie all’aiuto dell’allora asses­sore Alberto Luca­relli e del giu­ri­sta Ugo Mat­tei, poi silu­rato dalla pre­si­denza della neo­nata azienda Abc, Acqua bene comune), il voto di quat­tro anni fa era rima­sto let­tera morta. Ma ora c’è un ulte­riore passo in avanti: per la prima volta l’acqua ridi­venta «pre­va­len­te­mente pub­blica» per legge.

 

A Cro­cetta è riu­scita l’impresa di con­durre in porto un cavallo di bat­ta­glia della sua cam­pa­gna elet­to­rale, sfrut­tando le divi­sioni interne alle forze poli­ti­che e incas­sando un soste­gno tra­sver­sale, a par­tire dai 5 Stelle all’opposizione, forte del fal­li­mento delle pri­va­tiz­za­zioni alla sici­liana, che non hanno miglio­rato il ser­vi­zio né ridotto le bol­lette ai cit­ta­dini, e della spinta di un movi­mento ali­men­tato da decine di sin­daci espro­priati della gestione delle risorse idri­che e dai comi­tati che si rico­no­scono nel Forum dei movi­menti per l’acqua.

 

Per otte­nere il via libera defi­ni­tivo è stato neces­sa­rio un ultimo com­pro­messo: l’assessore ai Ser­vizi di pub­blica uti­lità, l’ex magi­strata ren­ziana Vania Con­tra­fatto, ha pre­teso l’inserimento della pos­si­bi­lità di avere anche gestioni miste o pri­vate, pena l’accusa di inco­sti­tu­zio­na­lità e un pro­ba­bile con­flitto con lo Stato. Ma la par­te­ci­pa­zione dei pri­vati è stata imbri­gliata da for­tis­sime limi­ta­zioni: dovranno offrire ser­vizi a prezzi infe­riori a quelli for­niti dal pub­blico, a «con­di­zioni bloc­cate per tutta la durata dell’affidamento», che non può supe­rare i nove anni (con­tro i qua­ranta, ad esem­pio, dell’attuale con­ces­sione a Sici­liac­que spa), e con multe sala­tis­sime in caso di dis­ser­vizi, dai 100 ai 300 milioni al giorno (da pagare all’Ato di rife­ri­mento), fino alla rescis­sione del con­tratto in caso di man­cata ero­ga­zione per più di quat­tro giorni in almeno il due per cento del bacino idrico.

 

Per que­sti motivi nei giorni scorsi, men­tre infu­riava la bufera inter­cet­ta­zioni sulla sanità sici­liana e si pro­spet­tava il rischio di un ritorno anti­ci­pato alle urne, il Forum dei movi­menti per l’acqua pub­blica invi­tava ad appro­vare la legge che rece­pi­sce diverse loro pro­po­ste, dal rico­no­sci­mento di un «minimo vitale» di 50 litri al giorno a per­sona, come sta­bi­li­sce il Con­tratto mon­diale dell’acqua, alle tariffe scon­tate del 50 per cento lad­dove l’acqua non è pota­bile e non può essere usata nep­pure per cuci­nare, a un fondo di soste­gno per il paga­mento delle bol­lette delle per­sone meno abbienti. Saranno gli Ambiti ter­ri­to­riali otti­mali (Ato), che riman­gono nove e non ven­gono accor­pati come aveva chie­sto il ple­ni­po­ten­zia­rio ren­ziano (e grande rivale di Cro­cetta) Davide Faraone appena tre giorni fa, a deci­dere, attra­verso «pro­ce­dure di evi­denza pub­blica», a chi affi­dare la gestione delle risorse idriche.

 

Un’altra norma pre­vede che si valuti «la sus­si­stenza dei pre­sup­po­sti per l’eventuale eser­ci­zio del diritto di recesso dalla con­ven­zione con Sici­liac­que ed in ogni caso avvia le pro­ce­dure per la revi­sione della stessa al fine di alli­nearla ai prin­cipi gene­rali dell’ordinamento giu­ri­dico sta­tale e comu­ni­ta­rio diretti a garan­tire la pos­si­bi­lità di accesso, secondo cri­teri di soli­da­rietà, all’acqua in quanto bene pub­blico pri­ma­rio». Sici­liac­que è il cavallo di Troia della tran­si­zione dal pub­blico al pri­vato in Sici­lia: è la con­ces­sio­na­ria che nel 2004 è suben­trata al vec­chio Ente acque­dotti sici­liano (Eas), inte­ra­mente di diritto pub­blico. Si tratta di una società per azioni (dun­que di diritto pri­vato) par­te­ci­pata al 25 per cento dalla Regione, che all’inizio dete­neva solo il 5 per cento ed ha poi rile­vato le quote del disciolto Eas. Il rima­nente 75 per cento è nelle mani di Idro­si­ci­lia spa, com­po­sta al 60 per cento dalla mul­ti­na­zio­nale fran­cese Veo­lia e dal 40 per cento dall’Enel. A Sici­liac­que è stato garan­tito un con­tratto qua­ran­ten­nale, che sca­drà nel 2044, ma ora la nuova legge pre­vede la pos­si­bi­lità di rece­dere, pur se già viene agi­tato lo spau­rac­chio di salate penali da pagare nel caso tutto venga rimesso in discus­sione. Ma alla Regione Sici­lia, che nomina tre con­si­glieri d’amministrazione su cin­que della spa, sono con­vinti di avere in mano gli stru­menti giu­ri­dici per garan­tire una tran­si­zione al con­tra­rio, dal pri­vato al pub­blico. Anche se sono con­sa­pe­voli che non sarà una passeggiata.

 

 

 

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Tratto da “La Nazione” del 23.11.2014

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La Camera cancella il diritto all’acqua

e benedice i distacchi idrici

 

Pubblicato il 20 nov 2014 da Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua
 
 
Il 13 novembre scorso la Camera ha approvato il Collegato Ambientale alla legge di stabilità 2014, cancellando un articolo che impediva i distacchi del servizio idrico e garantiva il diritto all’acqua tramite il minimo vitale.
 
 
Infatti, la formulazione originaria di suddetto provvedimento conteneva tre articoli sulla gestione del servizio idrico integrato, uno dei quali riguardante la disciplina della morosità.
In caso di utenti morosi l’articolo 26 imponeva ai gestori l’istallazione di limitatori di flusso idonei a garantire la fornitura giornaliera essenziale di 50 litri al giorno per persona, evitando così il distacco completo.
 
Assume particolare rilevanza anche la modalità poco trasparente con cui questo articolo è stato cassato. Infatti, nonostante in un primo momento sia stato oggetto di discussione e modifiche con intenzioni migliorative, successivamente è stata imposta la sua cancellazione in Commissione Ambiente senza ulteriore possibilità di approfondimenti e dibattito neanche da parte dell’aula.
 
Questa soppressione è un vero schiaffo in faccia alle migliaia di famiglie colpite, giornalmente, dai distacchi idrici da parte di gestori che utilizzano questo strumento in modo diffuso e indiscriminato, al solo scopo di rendere più efficace il proprio recupero crediti e più consistenti gli utili aziendali.
 
In un momento in cui il Governo Renzi lavora alle nuove privatizzazioni, si vuole rendere il servizio idrico ancor più appetibile alle lobbies economiche e finanziarie, cercando di dimostrare che l’acqua non è un diritto, ma una merce come le altre.
 
La maggioranza degli italiani però non la pensa così: in 27 milioni hanno votato ai referendum del 2011 affinché l’acqua fosse svincolata dalle logiche di mercato e sarebbe necessario che il Governo tenesse conto di una volontà popolare così chiara.
 
Per questo il Forum Italiano dei Movimenti per l’acqua si sta mobilitando in tutto il Paese contro il rilancio delle privatizzazioni, per impedire che “passo dopo passo” il Governo Renzi faccia tornare indietro il Paese.
 
Inoltre annunciamo sin da subito che ci attiveremo affinchè nel passaggio al Senato tale articolo venga ripristinato.
 
Il futuro è in una gestione dell’acqua pubblica, partecipata, senza profitti. E senza distacchi!
 
Roma, 20 Novembre 2014.
 
 

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Tratto da “La Nazione” del 20.11.2014

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Fonte:  LA NAZIONE

04 novembre 2014

 


«Verso il gestore unico dell’acqua? Non accetteremo decisioni dall’alto» Parla Bonifazi: il Comune di Grosseto è socio di maggioranza del Fiora

 

di ALBERTO CELATA
«NESSUNO è contro l’aggregazione, ci mancherebbe altro, ma non possiamo permetterci di subire decisioni calate dall’alto. Dobbiamo assolutamente esserci nel percorso decisionale che, eventualmente, porterà alla costittuzione di un gestore unico dell’acqua. Ma soprattutto dobbiamo essere in grado di governare l’intero processo decisionale». Entrata a piedi uniti del sindaco di Grosseto, Emilio Bonifazi, sulla paventata fusione di Acquedotto del Fiora, con «Pubbliacqua» (Firenze) e «Acque) (Pisa). Non solo pari dignità con gli eventuali nuovi partner, ma anche essere in grado di partecipare, e influenzare, sin dall’inizio, l’intero processo decisionale. Così parla Emilio Bonifazi, come sindaco del Comune azionista di maggioranza di Acquedotto del Fiora e così, dalle colonne di questo giornale, aveva parlato lo stesso presidente di «Adf», Tiberio Tiberi, che aveva detto di essere pronto ad andare al tavolo della trattiva, se mai avverrà, però a testa alta.
CONCETTI che Bonifazi, aveva già espresso nell’assemblea dei soci del Fiora del 17 settembre. Come si legge dal verbale, pur non essendo l’argomento all’ordine del giorno, il sindaco di Grosseto volle trattare il tema della possibile aggregazione tra le aziende toscane dell’idrico, tema che «sta destando preoccupazioni a vari livelli in quanto altre esperienze di aggregazione del servizio pubblico locale hanno allontanato la risposta del servizio all’utenza senza produrre l’efficienza attesa, mentre i sindaci devono farsi carico di dare risposte ai cittadini tutti i giorni». Per questo, a settembre, il primo cittadino di Grosseto invitò tutti i colleghi sindaci a seguire, monitorare e accompagnare il processo, per costruire, per Acquedotto del Fiora, un ruolo significativo nell’eventuale percorso di aggregazione, onde evitare la dispersione di risorse e professionalità acquisite negli anni. 
«LA POLITICA LOCALE — afferma ancora Bonifazi nel verbale dell’assemblea — non può restare fuori da eventuali tavoli regionali che decidono sul tema, in quanto Adf – sebbene se confrontata con le altre aziende toscane più grandi (Acque e Publiacqua), risulti quella con minor fatturato e minor numero di dipendenti – ha dimostrato nel tempo con le proprie risorse, benché più limitate, di essere parimente efficiente, solida e produttiva. Molte — ricorda il sindaco — sono le questioni da tutelare nella eventualità di una nuova realtà macro-aggregata: il capitale umano e professionale; le particolarità dei diversi territori che compongono l’Ato; le peculiarità delle attività svolte; la solidità aziendale e la capacità di fare efficienza; la vicinanza all’utenza del capoluogo allo stesso modo di quella del piccolo Comune».
A CONCLUSIONE del suo intervento nell’assemblea di settembre, Bonifazi auspicava anche la possibilità di riproporre un nuova «Fiora Day» per discutere dell’eventualità di aggregazione, magari invitando anche l’amministratore Delegato di Acea. Forse, aggiungiamo noi, sarebbe opportuno invitare anche tutti sindaci dei Comuni coinvolti, e le segreterie regionali dei sindacati, perché in tutte le aggregazioni, la prima cosa da salvaguardare è l’efficienza, ma a pari passo con i posti di lavoro, che devono essere sempre e comunque tutelati.

 

 

 

Fonte:  IL TIRRENO

31 ottobre 2014

 


Duello tra sindaci per la presidenza: Nogarin contro il grossetano Bonifazi ma è tutto rinviato Acqua, il primo derby finisce 0-0

 

di Mario Neri Di solito si rimanda per non decidere e prendere tempo. Invece dietro il nulla di fatto voluto ieri dai sindaci riuniti nel Consiglio direttivo dell’Autorità idrica toscana (Ait) è andata in scena la prima mossa per silurare Filippo Nogarin dalla carica di presidente dell’Ato unico dell’acqua. A Firenze, il sindaco livornese arriva alle tre in punto. Fuori ci sono i suoi sostenitori, i membri del comitati toscani per l’acqua pubblica, alcuni attivisti grillini e anche il deputato M5S Samuele Segoni. All’ordine del giorno c’è la presidenza dell’Ait. Da settimane il sindaco pentastellato denuncia una «manovra antidemocratica del Pd per estromettermi da un ruolo che mi spetta di diritto in qualità di successore di Alessandro Cosimi. Troviamo una soluzione trasparente – dice in riunione, dove alla fine riescono ad entrare anche i supporter -, altrimenti darò battaglia». Secondo lui e i suoi legali, i Dem toscani vorrebbero silurarlo e «utilizzare un’autorità di garanzia come un terreno di spartizione». L’appiglio sarebbe l’ambiguità della delibera con cui nell’ottobre 2012 fu nominato Cosimi. «Un pastrocchio per cui ci rideranno dietro tutti, in ogni caso», dice Lorenzo Perra, assessore al bilancio di Firenze. Quel testo al punto 2 «dice che il sindaco di Livorno, come presidente, rimane in carica fino all’ottobre 2015», si inalbera Nogarin. «Al punto 3, invece, che non è detto che non si possa eleggere un nuovo presidente», ed è la posizione di quasi tutti gli altri sindaci (escluso Arezzo). Uno su tutti Emilio Bonifazi, la cui candidatura, specifica il primo cittadino di Grosseto, «è stata lanciata a mia insaputa». In sala si alza la tensione, si scatena qualche battibecco con gli attivisti e interviene il direttore Alessandro Mazzei: «Fate una proposta: o accettate che Nogarin subentri automaticamente o optate per una nuova elezione, ma tenete conto che la legge istitutiva dell’Ait parla di una carica rappresentativa del territorio». Alla fine si decide di non decidere. Rimandato tutto all’assemblea dei sindaci rappresentanti dei Comuni toscani.

 

 

 

Fonte:  CORRIERE FIORENTINO

28 ottobre 2014

Rubrica: Panorama politico


Nogarin e Bonifazi, sfide e battute Due giorni per la guerra dell’acqua

Qual è il nome del sindaco di Grosseto? «Boh, non l’ho mai sentito», esclama Filippo Nogarin, primo cittadino pentastellato di Livorno. E allora ecco che tutti pensano a un altro giallo stile Il nome della rosa pronto a riscaldare un autunno proiettato verso temperature consone alla propria dignità di stagione. Finzioni. E non solo perché Emilio Bonifazi, sindaco di Grosseto, non è la graziosa pulzella senza nome che ammaliò il protagonista del romanzo di Umberto Eco, ma perché le sue generalità sono conosciute a tutti, potenti e popolo. E adesso, dopo che Bonifazi ha fatto una doppietta (è stato nominato anche presidente della Provincia), quel nome è patrimonio dell’umanità toscana.

E allora perché il malizioso grillino Nogarin lo disconosce? Semplice: Bonifazi è stato designato a ricoprire l’incarico di presidente dell’Autorità idrica toscana (Ait), il potente organismo al quale partecipano tutti i sindaci della Toscana e gestisce e controlla il patrimonio pubblico dell’acqua potabile, delle fognature e della depurazione, che, oltre ad essere una risorsa primaria, è pure un appetitoso business. Una poltronissima, insomma, sulla quale avrebbe dovuto sedere proprio Nogarin come successore all’ex sindaco di Livorno Alessandro Cosimi (Pd).

Nogarin questa defenestrazione se l’è legata al dito, ha promesso battaglie legali e politiche e ha accusato l’assemblea dell’Ait di aver violato i regolamenti per una manovra da sottogoverno della prima repubblica. I presunti defenestratori si sono difesi sventolando un verbale nel quale il sindaco di Livorno accettava di lasciare l’incarico e votava l’affidamento provvisorio dell’assemblea al sindaco di Firenze Dario Nardella; Nogarin ha controreplicato che lui nulla ha votato e che tutto ciò che è accaduto è illegittimo e illegale. E quando ha saputo di Bonifazi si è invelenito due volte.

Emilio Bonifazi conferma d’essere stato contattato dall’Ait: «Mi hanno chiesto una mia disponibilità che io ho dato per spirito di servizio anche se impegnato su due fronti, quello di sindaco e presidente della Provincia spiega D’altra parte è prerogativa dell’Ait scegliersi il presidente che vuole, quello più opportuno». Poi la controreplica al collega grillino: «Nogarin ne ha fatto una questione personale sfoderando il solito vittimismo Cinque Stelle. Lui dice di non conoscermi? Bene, io non conosco lui».

La sfida ultima è prevista per giovedì, quando si dovrebbe decidere chi sarà il presidente. «Quel posto spetta a me ribadisce Nogarin e dimostrerò come può essere antidemocratico il Partito Democratico». Difficile sapere come andrà a finire. Anche perché l’Autorità dell’acqua ci ha abituato a colpi di scena. Accadde quando il presidente designato, l’ex sindaco di Sesto Fiorentino, Gianni Giannassi, rifiutò l’offerta. E al suo posto, nel 2012, venne eletto Alessandro Cosimi. La poltrona, da regolamento, sarebbe dovuta passare al suo successore. Tutti pensavano fosse il compagno di partito Marco Ruggeri. E invece ecco la sorpresa (poco gradita dall’assemblea): la vittoria del cinquestelle Nogarin.

Marco Gasper i mgasperetti©a res.it

 

 

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LA NAZIONE

14 ottobre 2014

 


 

LA QUERELLE IL CONFRONTO SUI BINARI POLITICO E LEGALE

Autorità idrica toscana, tutto rimandato Ma in settimana si decide

 


 

È DI FATTO saltato l’incontro fiorentino, fissato per ieri dai sindaci toscani del Pd, per tentare di risolvere la «grana» della presidente dell’Autorità idrica toscana. È bastata che circolasse la notizia, peraltro anticipata da questo giornale, che il sindaco di Grosseto, Emilio Bonifazi, fosse il presidente in pectore dell’Ait, in sostituzione del «decaduto» sindaco di Livorno, Alessandro Cosimi, che subito è scattata la bagarre, firmata Cinquestelle. A quella poltrona aspira infatti l’attuale primo cittadino labronico, Massimo Nogarin, che vuole per sé la carica, forte di una delibera che l’assegnava fino all’ottobre 2015 proprio al successore di Cosimi. E i grillini hanno sostenuto questa loro tesi con tanto di parere legale. Ed è per questo che la controffensiva dei sindaci democratici (dei cinquanta componenti l’assemblea dell’Ait, che in definitiva è l’organo sovrano, quarantacinque sono del Pd) viaggia su un doppio binario. Da una parte si cerca di trovare una soluzione cosiddetta legale, dall’altra una più prettamente politica. Decisiva sarà questa settimana, dove i democrat dovranno sciogliere i nodi. Certo è che, come detto, l’assemblea, praticamente quasi un monocolore Pd, è sovrana, e quindi per il sindaco Nogarin sarebbe davvero difficile «governare» un’Ait a lui contraria, che non vorrebbe però arrivare a sfiduciarlo: i numeri, per farlo, ci sono tutti, il bon-ton politico un po’ meno.

 

 

Sblocca Italia, si riparte con l’acqua ai privati

 

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Decreto “Sblocca Italia”,
un ritorno al passato verso la privatizzazione dell’acqua e dei beni comuni

 

 

Roma, 16 Settembre 2014.

 
Solo venerdì è stato pubblicato il testo del cosiddetto decreto “Sblocca Italia”. Ci sono voluti quasi 15 giorni prima che venisse alla luce essendo stato licenziato nel Consiglio dei Ministri del 29 Agosto scorso. Un lungo travaglio che, però, non è servito per migliorarne il contenuto.
Anzi si tratta di un provvedimento che segnala un deciso cambio di fase nelle politiche governative costruendo un piano complessivo di aggressione ai beni comuni tramite il rilancio delle grandi opere, misure per favorire la dismissione del patrimonio pubblico, l’incenerimento dei rifiuti, nuove perforazioni per la ricerca di idrocarburi e la costruzione di gasdotti, oltre a semplificare e deregolamentare le bonifiche.
 

Ma ciò che, come Forum dei Movimenti per l’Acqua, c’interessa maggiormente evidenziare è la gravità di quelle norme che, celandosi dietro la foglia di fico della mitigazione del dissesto idrogeologico (Capo III, art. 7), mirano di fatto alla privatizzazione del servizio idrico. Infatti, con questo decreto si modifica profondamente la disciplina riguardante la gestione del bene acqua arrivando ad imporre un unico gestore in ciascun ambito territoriale e individuando, sostanzialmente, nelle grandi aziende e multiutilities, di cui diverse già quotate in borsa, i poli aggregativi.

 

Ciò si configura come un primo passaggio propedeutico alla piena realizzazione del piano di privatizzazione e finanziarizzazione dell’acqua e dei beni comuni che il Governo sembra voler definire compiutamente con la Legge di Stabilità. 
In questo provvedimento, probabilmente, verranno inserite quelle norme, in parte già presenti nelle prime versioni del decreto circolate all’indomani del Consiglio dei Minsitri di fine agosto, volte a imporre agli Enti Locali la collocazione in borsa delle azioni delle aziende che gestiscono servizi pubblici, oltre a quelle che costringono alla loro fusione e accorpamento secondo le prescrizioni previste dal piano sulla “spending review”. Si arriverebbe, addirittura, a costruire un vero e proprio ricatto nei confronti degli Enti Locali i quali, oramai strangolati dai tagli, sarebbero spinti alla cessione delle loro quote al mercato azionario per poter usufruire delle somme derivanti dalla vendita, che il Governo pensa bene di sottrarre alle tenaglie del patto di stabilità.

 

Con il decreto “Sblocca Italia” si svelano, dunque, le reali intenzioni del Governo, ovvero la diretta consegna dell’acqua e degli altri servizi pubblici locali agli interessi dei grandi capitali finanziari. Infatti, la strategia governativa, pur ammantandosi della propaganda di riduzione degli sprechi e dei costi della politica mediante lo slogan “riduzione delle aziende da 8.000 a 1.000”, non garantirà certamente l’interesse collettivo ma solo quello economico e di massimizzazione dei profitti delle grandi aziende multiutilities che già gestiscono acqua, rifiuti e trasporto pubblico locale.

 

Come Forum dei Movimenti per l’Acqua intendiamo denunciare con forza la gravità di questo provvedimento che si pone esplicitamente in contrasto con la volontà popolare espressa con il referendum del 2011 e dichiariamo sin da subito che ci mobiliteremo per contrastare il tentativo di privatizzazione dell’acqua e dei beni comuni, anche rilanciando un nuovo modello di pubblico che guardi alla partecipazione diretta della cittadinanza alla gestione come elemento qualificante e realmente innovativo.

 
 

Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua
 

 

 

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Chi cercasse nelle bollette dell’acqua un qualche collegamento con il livello del servizio rimarrebbe spiazzato; un legame, semmai, si può riscontrare sull’intensità degli investimenti negli ultimi anni, ma all’interno di un sistema tariffario che le tante traversie post-referendum hanno reso praticamente illeggibile a un occhio non addestratissimo.
Un dato solo è certo, ed è contenuto nell’Indagine annuale sulle tariffe idriche 2013 che sarà presentata domani a Milano da Federconsumatori: il «moltiplicatore tariffario» applicato nel 2013, cioè l’erede del meccanismo a copertura degli investimenti cancellato dal referendum «acqua pubblica» del 2011.

 

 

 

 

“Acqua, il referendum tradito” incontro organizzato dal Movimento Bene comune

 

• 12 febbraio 2014 • 

 Acqua

Comitato Acqua Bene Comune

 

Grosseto

 

Referendum

 

GROSSETO – “Acqua bene comune, il referendum tradito, che fare?” Ecco il titolo dell’incontro organizzato nell’ambito del progetto “Laboratorio popolare di storia politica, economica e sociale contemporanea” e che si svolgerà a Grosseto per venerdì 14 febbraio. L’incontro si svolgerà presso la “Casa dei Diritti” del Cesvot di via Ginori.

 

Tra i promotori: Comitato Acqua Bene Comune di Grosseto, Forum Cittadini del Mondo R.Amarugi, Forum ambientalista di Grosseto, Movimento Bene Comune di Grosseto, Forum finanza pubblica e sociale di Grosseto.

 

Relatori dell’iniziativa:

Andrea Marciani – Comitato Acqua Bene Comune di Grosseto

Giuliana Gentili – Forum ambientalista di Grosseto

Lamberto Soldatini – Assessore Comune di Scansano – Segreteria Prov.le Prc Grosseto

Tania Amarugi – Movimento Bene Comune di Grosseto

Silvano Brandi – Forum finanza pubblica e sociale di Grosseto

 

Coordina

Maurizio Buzzani – Forum Cittadini del Mondo R.A

 

 

Fonte: LA NAZIONE

08 gennaio 2014

 

Rubrica: Economia

Acqua, il Fiora chiarisce sui rimborsi Pizzari (ad): «Restituiamo meno perché abbiamo investito di più»

 

LA SPERANZA era che con il referendum e conseguenti la questione «remunerazione del capitale investito» per le bollette dell’acqua si chiudesse definitivamente. Una speranza condivisa da tutte le parti in causa. Per motivi assolutamente diversi. Pare non sia andata a finire così, tanto che i Comitati di cittadini che avevano promosso il referendum sull’abrogazione della remunerazione, ieri hanno presentato il ricorso al Tar Toscana contro la decisione dell’Autorità Idrica Toscana. Da parte sua, i dirigenti dell’Acquedotto del Fiora — gestore del servizio idrico per le province di Grosseto e Siena — si trovano a dover prendere la parola per dire la loro. «Le cose non stanno proprio come sostengono i Comitati — spiega l’amministratore delegato del Fiora, Paolo Pizzari — Anzi. Il rimborso più basso (37 centesimo, Ndr) non è una beffa, ma sta a significare che abbiamo investito di più di altri gestori e, quindi, siamo più indebitati. Pertanto la quota da restituire è minore». Si tratta, in realtà di questioni molto tecniche, per cui il Fiora ha deciso di organizzare prossimamente un incontro. «Per andare alla sostanza — aggiunge Pizzari — con il sistema della remunerazione il 7% veniva calcolato sull’importo chiesto per gli investimenti, mentre con la nuove voce ‘oneri finanziari’ la quota pagata dall’utente riguarda la cifra effettivamente impegnata». Cioè a dire, in parole poverissime, che non è casomai più possibile dalla somma chiesta per gli investimenti ricavare una sorta di «cresta» per il gestore. «Considerando che il Fiora ha investito molto negli anni — sottolinea Pizzari — ha avuto la possibilità di ‘tenersi da parte’ molto poco. E’ per questo che deve restituire una cifra inferiore». L’amministratore delgato del Fiora, pur non volendo entrare in polemica aperta, non ha gradito molto i toni, anche nei suoi confronti, usati da alcuni esponenti del Comitato Acqua Bene Comune di Grosseto e Amiata Cal d’Orcia. «Per quanto riguarda la retroattività della tariffa — conclude l’amministratore delegato — per il Fiora non sarebbe cambiato nulla, considerando che fin dal primo gennaio 2012 noi abbia tolto la remunarazione, così come deciso dalla Corte Costituazionale».

Cristina Rufini

 

 

 

IL TIRRENO

07 gennaio 2014

 

 

«Ci spettano 96 euro, il Fiora ne dà 0,37» Il Comitato Acqua bene comune presenta ricorso al Tar contro il minisconto applicato dopo il referendum del 2012

 

 

Tra 37 centesimi e 96,31 euro c’è una bella differenza. Soprattutto quando si parla di soldi che devono tornare nelle tasche dei cittadini. Ed è su questi 95,94 euro di differenza che il Forum dell’acqua bene comune dichiara da oggi battaglia legale (quella di principio l’ha avviata già da tempo) a quella che definisce «restituzione truffa». Il Forum nazionale, insieme al Comitato Acqua pubblica di Arezzo e ad alcuni utenti dei sei ex Ato toscani (Acqua, Acquedotto del Fiora, Asa, Gaia, Niove Acque e Publiacqua), presenta stamani a Firenze un ricorso al Tar (curato dall’avvocato Sandro Ponziani) contro il rimborso della remunerazione di capitale investito previsto dall’Autorità idrica regionale (Air) e approvato dall’Autorità per l’energia elettrica e gas (Aeeg). Non perché sia sbagliato rimborsare i soldi, anzi. Ma perché quanto Air e Aeeg hanno calcolato di rimborsare non coincide con i calcoli fatti dal Forum. Tutto nasce dal referendum che nel 2011 abrogò parzialmente la norma che stabiliva che il costo dell’acqua doveva includere anche la remunerazione del capitale investito dal gestore (ovvero il profitto garantito del 7% presente nelle bollette). Da quel momento i cittadini avrebbero pagato solo i costi di gestione ordinaria e l’ammortamento del capitale investito, con un sostanzioso sconto in bolletta. Passato il referendum, i gestori hanno fatto orecchie da mercante, continuando a mettere in bolletta la remunerazione del capitale investito. I cittadini si sono ribellati, si sono costituiti comitati e si è andati per le vie legali. L’anno scorso il Consiglio di Stato, in un parere reso all’Authority per l’energia, ha bocciato le bollette dell’acqua che continuavano a contenere la voce della remunerazione del capitale investito e ha obbligato di fatto i gestori a restituire i soldi. E qui inizia la storia recente della battaglia dei comitati. Perché mentre i cittadini si aspettavano di vedersi restituiti i soldi pagati in più, sono arrivate solo briciole. «La restituzione – spiega il Forum – è calcolata illegittimamente, grazie alla retroattività del metodo tariffario transitorio, solo per il periodo che va da 21 luglio al 31 dicembre 2011». Nel caso degli utenti dell’Acquedotto del Fiora (tra i quali quelli dei 28 comuni della provincia di Grosseto), l’Air ha calcolato 37 centesimi forfettari a utente indipendentemente da quanto ciascuno aveva pagato prima. «E invece – spiega Andrea Marciani del Comitato Acqua bene comune di Grosseto e Amiata Val d’Orcia – le cifre sono ben diverse». Marciani mostra una tabella che riporta la remunerazione del capitale investito del Fiora. Per i mesi del 2011 successivi al referendum, sono 4.124.116 milioni; per il 2012, 10.522.897 milioni e per il periodo di riferimento del 2013, 11.957.262 euro. In totale, 26.604.275 euro che, divisi per le 276.222 unità immobiliari servite dal Fiora, fanno 96,31 euro a testa. E invece, spiega Maciani, «l’Acquedotto del Fiora si accinge a rimborsare ai suoi utenti la ridicola somma di 37 centesimi di euro, a forfait, per ogni utente, indipendentemente dagli importi pagati nel periodo di riferimento. Questi 37 centesimi sono quelli che hanno permesso all’amministratore delegato dell’Acquedotto del Fiora, Paolo Pizzari, di annunciare nel corso del Fiora Day bollette più leggere per tutti i suoi utenti. Riteniamo che non siano necessari nostri commenti per evidenziare l’improntitudine e l’arrogante cinismo alla base di tale mistificazione». In tutta la Toscana secondo il Forum dovevano essere restituiti ai cittadini 180 milioni di euro e invece ne arriveranno solo 6. E il Fiora ha pure il poco appetibile primato di restituire la cifra più bassa, 37 centesimi (la più alta è quella data da Publiacqua, 5,36 euro). Spetterà adesso al Tar stabilire chi ha ragione.

 

 


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