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L’agiografia di Cerbonio si deve alle memorie del quasi contemporaneo – poi Papa – San Gregorio Magno.

Oriundo dell’Africa settentrionale e figlio di genitori cristiani, Cerbonio fu ordinato sacerdote dall’Arcivescovo – poi Santo – Regolo che seguì nella fuga dalle persecuzioni dei Vandali ariani per approdare fortunosamente sulle coste toscane.

Divenuto Vescovo di Populonia, a sua volta, Cerbonio fu condannato da Totila ad essere sbranato da un orso; l’animale, però, al suo cospetto si ammansì e ciò gli consentì di recuperare la libertà.

Fu convocato a Roma dal Papa per rispondere alle accuse dei suoi diocesani che si lamentavano per il fatto che celebrava la Messa del mattino troppo presto.

Durante il cammino, Cerbone si accorse di non avere nulla da dare al Pontefice; pertanto, alla vista di alcune oche selvatiche, pensò di risolvere il problema portandole con sé per donarle al Papa.

Proprio le oche sono divenute il suo attributo iconografico.

Cerbonio riferì che la sua abitudine di celebrare la Messa di buon’ora era dovuta al fatto che, così facendo, riusciva a farsi accompagnare da un coro di angeli; riuscì addirittura a dimostrarlo, tanto che il Pontefice si alzò in piedi per omaggiarlo e farlo Santo.

Da allora, e a tutt’oggi succede, è tradizione che il Pontefice si alzi un attimo dal seggio quando riceve la visita del Vescovo di Populonia e Massa.

Con l’avvento dei Longobardi Cerbone si rifugiò all’Elba, esprimendo il desiderio di essere comunque sepolto a Populonia.

Alla sua morte (575 ca.) tale desiderio fu rispettato e una tempesta miracolosa celò alla vista dei Longobardi l’imbarcazione che trasportava la salma del Santo.

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