ingegnere consulente tecnico del Comune di Follonica
15.09.2014
Inceneritore della Scalino Energia
Buon termovalorizzatore? Non pare proprio
Buon smaltitore di rifiuti? Anche questo non pare proprio
La conferenza dei Servizi del 9 settembre ha dato parere positivo all’autorizzazione all’esercizio dell’inceneritore della Scarlino Energia Srl, e ora tocca alla Giunta Regionale ratificare tale parere. Non mi sembra una decisione facile.
Anche altro infatti colpisce in questa vicenda, al di là dell’insostenibile impatto ambientale dell’impianto. L’inammissibile impatto ambientale è stato – addirittura – il principale motivo della sentenza del Consiglio di Stato che ha fermato l’inceneritore ( lo scorso gennaio ) , ben chiarito dai dati inclusi nell’Atto di Citazione della Scarlino Energia nella causa civile promossa da 90 soggetti e patrocinata dall’avvocato Fazzi, e anche ben chiarito nelle osservazioni presentate da ISDE, dall’ingegner Annino e dal dottor Caldiroli nel corso di questa nuova richiesta di autorizzazione all’esercizio della Scarlino Energia ( marzo 2015 ). Inoltre è stato, a mio avviso – provato che l’impianto nel suo attuale assetto viola Leggi delle Stato ( posizione condivisa indipendentemente nelle osservazioni dall’ingegner Annino e del dottor Caldiroli – entrambi consulenti di ISDE, mentre Annino è anche “esperto” dell’Amministrazione di Follonica – che hanno espresso lo stesso parere senza nemmeno essersi parlati fra loro, perché nemmeno si conoscono ).
Si tratta di quanto segue.
L’impianto nel 2013-2014 ha smaltito solo il 25 % dei rifiuti che nominalmente dovrebbe smaltire (invece dell’80-90% che un impianto di smaltimento degno di tale nome smaltisce) ed inoltre ha convertito in energia elettrica trasmessa in rete solo il 6% dell’energia termica producibile nominalmente (invece del 15-20% che un termovalorizzatore degno di tale nome converte). Così la Scarlino Energia, non riuscendo a ripagare l’investimento fatto e i debiti relativi, è in stato di fallimento in attesa di concordato.
Ma allora perchè la Scarlino Energia vuole una nuova autorizzazione all’esercizio, che produrrebbe solo altri debiti?
Infatti solo smantellando i vecchi forni e sostituendoli con nuovi si potrebbe tentare un riavvio efficiente e meno inquinante dell’impianto ( e ciò potrebbe non bastare, dato che, oltre alle altre numerose problematiche, l’impianto ha – ad esempio – tre caldaie che producono vapore per un solo ciclo termico, e non è facile tenere efficacemente in esercizio tre caldaie in parallelo su un unico ciclo termico ).
E’ una domanda a cui va data una risposta, e che meriterebbe – a mio avviso – delle interpellanze nei Consigli Comunali di Follonica e Scarlino, e nello stesso Consiglio Regionale .
ALLEGATO
Inceneritore di Scarlino Energia. Termovalorizzatore ? Buon smaltitore di rifiuti?
L’inceneritore di Scarlino Energia, sia per le caratteristiche di progetto dell’impianto (basso rendimento termodinamico di ciclo ed elevato assorbimento degli ausiliari), sia per le continue interruzioni di esercizio dei forni per guasti, produce ben poca energia elettrica.
Dall’Allegato al Volume 1, Schede Impianto, e in particolare dalla Scheda C della Relazione che la Scarlino Energia ha prodotto per la richiesta di AIA 2015, si rileva quanto segue:
– I tre forni possono bruciare 156.512 tonn/anno di rifiuti solidi (CSS) e 31.520 tonnellate/anno di rifiuti liquidi; su 7880 ore dichiarate di esercizio a progetto, ciò equivale a portate medie orarie di rifiuti inceneribili pari a 19.860 Kg/ora di rifiuti solidi e di 4.000 Kg/ora di rifiuti liquidi;
– La potenza termica dei forni è: 75,58 Mwt , corrispondente a 65.132 GCal;
– Il potere calorifico medio dei rifiuti è 3.100 Kcal/Kg
– La potenza elettrica attiva di targa del turboalternatore ai morsetti è 18,5 Mwe
Ciò corrisponde ad un potenziale rendimento di conversione energia termica-energia elettrica a progetto dell’impianto pari a: 24,48 %: (che è un rendimento tipico di un cosiddetto “termovalorizzatore”)
Ma questo atteso rendimento di progetto è ben lontano dal rendimento ottenuto nel 2014.
Infatti risulta che:
L’energia elettrica lorda producibile dichiarata a progetto è: 147.204 Mwh;
L’energia elettrica netta prodotta dedotto l’autoconsumo per ausiliari e trasmessa in rete dichiarata a progetto è: 110.000 Mwh (corrispondente a una potenza media di 13,96 Mwe , su un esercizio dichiarato a progetto di 7880 ore), con un’energia consumata da ausiliari pari a 37.204 Mwh (dato ricavabile anche dalla Tavola H.3, del Volume 1, Schede Impianto);
L’impianto nel 2013-2014 ha avuto i forni in esercizio complessivamente per sole 6000 ore.
Allora il rendimento atteso di esercizio a progetto, valutato sull’energia immessa in rete, si riduce al 18,6 %
Ma la reale energia elettrica prodotta nel 2104 è stata 47.659 Mwh ( solo il 32 % della produzione attesa a progetto ); non è nota l’energia consumata dagli ausiliari, ma – in base alle ore di produzione, non superiori a 6000 ( complessivamente per i tre forni ), rispetto alle 3×7880 = 23640 a progetto – , si può stimare un consumo di 10.000 Mwh per l’esercizio, più almeno altri 4000 -5000 Mwh per le esigenze di impianto con forni fermi; in totale 14.500 Mwh.
Pertanto la stima dell’energia trasmessa in rete nel 2014 risulta di soli 33.000 Mwh, invece di 110.000 Mwh dichiarati a progetto.
La reale “resa energetica” dell’impianto in termini di conversione dell’energia termica producibile dai forni su 7880 ore di esercizio in energia elettrica è pertanto corrispondente ad una potenza elettrica media di 4,2 Mwe (23 % del dato di targa del generatore elettrico) ed al 6% dell’energia termica prodotta .
Nel 2014 le reale resa energetica di esercizio (conversione di energie termica prodotta in energia elettrica immessa in rete) è risultata pari ad un ben modesto 6% (invece del 18-20% di un inceneritore degno in sostanza della definizione di “termovalorizzatore”).
L’inceneritore di Scarlino Energia è tutto meno che un “ termovalorizzatore “, perché converte ben poca energia termica in energia elettrica.
Ma non è nemmeno un buon smaltitore di rifiuti, perché riesce a bruciare solo per 6000 ore invece che per 23.460.
Ma perché Scarlino Energia vuole una nuova autorizzazione all’esercizio ?
C’è una possibile risposta, che qui riprendo in termini più dettagliati: Scarlino Energia non può avere intenzione di esercire un impianto che l’ha già portata al fallimento; il suo obiettivo potrebbe essere – presumibilmente – quello di vendere l’impianto: in tal caso, e solo per questo motivo, gli servirebbe l’autorizzazione all’esercizio, altrimenti non sarebbe vendibile (neanche a 1 euro).
Allora occorre chiarire a possibili compratori che l’impianto, così come è oggi, è una “patacca”. E’ anche evidente che i compratori di elezione sono le aziende (o l’azienda) che hanno (o che ha) la maggiore possibilità di aggiudicarsi l’appalto del locale smaltimento dei rifiuti. A tali aziende (o azienda) occorrerebbe far sapere, nei modi opportuni, quanto segue.
Se si vuole esercire l’impianto con continuità è – come minimo – necessario:
sostituire i forni: gli attuali forni hanno problemi di fluidizzazione dei letti (anche dovuti alla presenza di faci tubieri nel letto e di pareti membranate, che erano OK per l’arrostimento piriti ma che non vanno bene per l’incenerimento rifiuti) e di uniformità di temperatura; anche da ciò derivano continui blocchi;
portare i cicloni a monte delle caldaie (sono molto più costosi degli attuali , installati su fumi a temperature molto più basse); da ciò derivano i blocchi per intasamenti di ceneri a valle dei forni, nelle caldaie e nel De-NOx;
inventarsi un qualche sistema (ad esempio un grosso volume di compensazione) a valle delle caldaie in modo che le tre caldaie possano funzionare in parallelo, mentre oggi credo abbiano difficoltà a farlo in modo continuativo ed efficiente.
Se si vuole avere un impianto che risponda ai requisiti di legge occorre, come minimo:
che a valle di ciascuno dei nuovi forni sia installala una camera di post-combustione;
che siano separati i due sistemi di trattamento acque reflue, poiché uno solo dei due appartiene all’inceneritore;
evitare gli sfiati in avviamento e in emergenza dai camini di emergenza, con le necessarie modifiche impiantistiche (piccolo sistema di Quencher o altro).
Se si vuole ridurre il locale impatto ambientale occorre:
post- riscaldare i fumi in uscita dai camini (almeno a 120° C);
migliorare il sistema di trattamento acque (pretrattamenti fanghi sui reflui in arrivo e filtrazione finale a valle degli attuali sedimentatori- le cosiddette “ vasche “).
Inoltre non è vero, come si dice nella Conferenza dei Servizi del 9/7/2015 (pag.22), reiterato in sostanza nella successiva Conferenza del 09.09.2015, che l’impianto “rispetti il limite calcolato secondo quanto riportato nella nota 4.dell’operazione di recupero R1, all’allegato C alla parte IV al D. Lgs. 152/06 e possa operare con un elevato livello di efficienza energetica”.
In pratica questo impianto non è classificabile come “R1“, sia perché tale condizione va stabilità in relazione alla tipologia di rifiuti inceneriti, che nel caso in questione include anche rifiuti speciali (ciò modifica la formula da usare), sia perché ha una bassissima efficienza nella conversione di energia termica in energia elettrica. Esso quindi per più ragioni non può essere: “un insediamento strategico di preminente interesse nazionale”, a sensi dell’art.35 del DL 133/2014, e quindi non può beneficiare delle agevolazioni previste per tali inceneritori, e cioè poter incenerire rifiuti provenienti da tutta Italia, saturando il proprio carico termico. Anche queste gravi limitazioni dell’impianto ne riducono ulteriormente il valore d’uso.