di gabriele galeotti
Le crudeltà dei partigiani: esecuzioni, torture, stupri
Le atrocità in nome di Stalin non furono diverse da quelle fasciste
La Resistenza mirava ad una dittatura comunista
Tanto i partigiani comunisti che i miliziani fascisti combatterono per la bandiera di due potenziali dittature, l’una rossa e l’altra nera.
Le loro ideologie erano entrambe autoritarie e spingevano a fanatismi opposti, uguali pur essendo contrari.
Ma prima ancora delle loro fedeltà politiche, venivano i comportamenti tenuti ogni giorno nel grande dramma della guerra civile.
Era un tipo di conflitto che escludeva la pietà e rendeva “legittima” qualunque violenza, anche la più atroce.
Pure i partigiani avevano ucciso persone innocenti e inermi sulla base di semplici sospetti, spesso infondati, o sotto la spinta di un cieco odio ideologico.
Avevano provocato le rappresaglie dei tedeschi, sparando e poi fuggendo.
Avevano catturato i fascisti e li avevano torturati prima di sopprimerli.
E quando si trattava di donne, si erano concessi il lusso di ogni squallida nefandezza: tra queste, talvolta, lo stupro di gruppo.
A conti fatti, anche la Resistenza si è macchiata di orrori, gli stessi orrori perpetrati dalla controparte.
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel suo primo messaggio al Parlamento [16 maggio 2006], volle rammentare questi orrori comunisti e parò di «zone d’ombra, eccessi, aberrazioni».
Un’eredità pesante, tenuta nascosta per decenni da un insieme di complicità: l’opportunismo politico che imponeva di esaltare sempre e comunque la lotta partigiana, il predominio culturale e organizzativo del PCI (regista di un’operazione al tempo stesso retorica e bugiarda), la passività degli altri partiti antifascisti (timorosi di scontrarsi con la poderosa macchina comunista, la sua propaganda, la sua energia nel replicare colpo su colpo).
Soltanto una piccola frazione della classe dirigente italiana si è posta il problema di capire che cosa si nasconde dietro la storia contraffatta della guerra civile italiana.
E ha iniziato a farsi delle domande a proposito del protagonista assoluto della Resistenza: i comunisti.
Ancora oggi, ci si affanna per dimostrare che a scendere in campo contro tedeschi e fascisti fu un complesso di forze che comprendeva anche soggetti moderati, militari, cattolici, liberali e persino figure anticomuniste [uno per tutti: Edgardo Sogno].
C’erano anche loro nel blocco del Corpo volontari della libertà, sebbene i comunisti abbiano sempre fatto di tutto per tacerlo!
C’erano anche loro, sebbene si sia sempre trattato di minoranze, a volte di piccole schegge: entità impotenti a contrastare la voglia di egemonia del PCI e i comportamenti che ne derivavano.
Del resto, i comunisti perseguivano un preciso disegno che si è manifestato subito, quando ancora la Resistenza muoveva i primi passi: volevano essere la forza numero uno della guerra di liberazione.
Il conflitto, per loro, era soltanto la prima fase di quello che doveva essere un passaggio storico fin troppo chiaro: fare dell’Italia, uscita dalla guerra, una democrazia popolare schierata con l’Unione Sovietica.
Dopo il 25 aprile 1945, però, gli ambienti più ristretti dell’opinione pubblica antifascista andarono a porsi, sempre più insistentemente, le domande sulle vere intenzioni dei comunisti italiani.
La grande maggioranza della popolazione si preoccupava soltanto di sopravvivere, col solo obiettivo di recuperare la normalità, trovare un lavoro e conquistare un minimo di benessere.
Ma i più attenti, sospinti dal timore che il dopoguerra italiano avesse un regista e un attore senza concorrenti, preoccupati, si interrogavano sul futuro dell’Italia appena liberata: sarebbe divenuta una democrazia parlamentare o avrebbe subito una seconda guerra civile scatenata dai comunisti, per poi cadere nelle grinfie di un regime staliniano?
Era una paura fondata su quel che si sapeva della guerra civile spagnola: non era molto, ma quanto si conosceva bastava a far emergere prospettive inquietanti.
Anche in Spagna era esistita una coalizione di forze politiche a sostegno della repubblica aggredita dal nazionalismo fascista del generale Francisco Franco.
Ma i comunisti iberici, affiancati, sostenuti e incoraggiati dai consiglieri sovietici inviati da Stalin in quell’area di guerra, avevano subito cercato di prevalere sull’insieme dei partiti repubblicani, raccolti nel Fronte popolare.
A poco a poco era emerso un inferno di illegalità spaventose: arresti arbitrari, tribunali segreti, delitti politici brutali, carceri clandestine dove i detenuti venivano torturati e poi fatti sparire.
Quanto accadeva in Spagna fu determinante per la svolta ideologica di uno scrittore americano di sinistra, John Dos Passos che scrisse: «Ciò che vidi mi provoco una totale disillusione rispetto al comunismo e all’Unione Sovietica: il governo di Mosca dirigeva in Spagna delle bande di assassini che ammazzavano senza pietà chiunque ostacolasse il cammino dei comunisti e poi infangavano la reputazione delle loro vittime con una serie di calunnie».
Le stesse infamie, sia pure a scala ridotta, vennero commesse in Italia dalle bande armate del PCI, durante e dopo la guerra civile.
Queste considerazioni [e mille altre ancora] fanno letteralmente infuriare le vestali della Resistenza.
Mai in maniera tanto netta come nell’opera di Giampaolo Pansa, i crimini partigiani sono equiparati a quelli dei fascisti: la guerra civile italiana è raccontata in chiave revisionista, sottolineando le storie dei vinti e i soprusi dei presunti liberatori, i partigiani comunisti in realtà desiderosi di sostituire una dittatura con un’altra, la loro.
nessuno commenta, ……… , spero solo che almeno le persone leggano i post dedicando un pensiero commosso alle vittime TUTTE della guerra civile che c’è stata in Italia, con atrocità commesse dai fanatici da ambedue le parti presenti che, al solito, si sono riversate sugli inermi civili, particolarmente sulle donne !