Donne innocenti massacrate: una lunga lista di eccidi che non vengono raccontati dai libri di scuola
tratto da www.ilgiornaleditalia.org
Talvolta si ricordano alcune delle vicende più truci della guerra civile in Italia. Purtroppo quei giorni di sangue scrissero molte altre pagine tristi: ma la cosa che lascia davvero stupefatti è constatare ancora una volta come sui libri di scuola non vi sia il minimo accenno a tutto questo. Neppure una riga, né un riferimento. È una lacuna che andrà colmata, presto o tardi. Si tratta sempre di storie di sangue e di dolore, come quella della giovane Maria Laura Bellini. Siamo ancora a Biella, uno dei territori maggiormente feriti dagli orrori della guerra civile. Maria Laura aveva solo sedici anni, lavorava come tessitrice a Vandorno ed era molto graziosa. Ogni mattina prendeva il tram per andare a lavorare: bastò poco per attrarre l’attenzione di un gruppo di partigiani comunisti che in quel periodo imperversava nella zona. Era la mattina del 16 gennaio 1945, Maria Laura scese come sempre dal tram a Vandorno quando si avvicinarono tre giovani che la invitarono a seguirli: l’intento era quello di portarla alla loro base e di fare di lei l’uso che volevano. Maria Laura si schernì, ma i tre non intendevano lasciarla andare così la trascinarono con la forza verso un’auto ferma in piazza. La giovane urlò, chiese aiuto, nessuno ebbe l’ardire di andare in suo soccorso. Qualcuno pensò di urlare: “Attenti, arrivano i fascisti!”. I tre la lasciarono andare immediatamente, la giovane cadde a terra, loro si voltarono e, prima di fuggire, le scaricarono addosso una pioggia di proiettili. Così la vita di una sedicenne innocente venne falciata senza pietà e senza alcuna ragione. Di storie come questa di Maria Laura ve ne furono, purtroppo, moltissime. Come quella di Antonietta Toppi e Carla Della Nave, due giovani spose di repubblicani. Le due donne il 20 aprile 1945 si recarono a Cigliano, per andare a trovare i loro mariti che erano ufficiali della Repubblica sociale. Mentre le due sfortunate si trovavano lì, i partigiani ingaggiarono una guerriglia con i repubblicani ed ebbero la meglio. I ventisei ufficiali che componevano il comando vennero portati al santuario di Graglia, con loro vennero portate via anche Antonietta e Carla: quest’ultima aveva vent’anni ed era in attesa di un figlio, al sesto mese. Il 2 maggio vennero tutti fucilati. Il tenente Della Nave pregò che venisse risparmiata la vita di Carla e del bambino che attendeva, ma non ci fu nulla da fare. Carla ed Antonietta vennero assassinate insieme agli ufficiali. Ecco cosa riferisce Giorgio Pisanò, che a queste vicende dedicò anni della sua vita di giornalista e di scrittore: “I responsabili dell’eccidio furono identificati e denunciati. Ma il PCI, per evitare che venissero processati, riuscì a farli eleggere o in Parlamento o in Senato e l’autorizzazione a procedere contro di loro non venne mai concessa”. Molte storie come queste si potrebbero raccontare, tantissime furono le vittime innocenti di quel periodo, e sono state dimenticate dalla storia. Lasciate in un angolo, come se quelle persone non fossero mai vissute, come se nulla fosse mai accaduto. Gli assassini non furono mai puniti, anzi, moltissimi di quei personaggi ricoprirono negli anni a venire importanti cariche istituzionali. Come Aurelio Bussi, che nel 1956 era sindaco di Crevacuore quando la figlia di Maria Giubelli, Alfa, decise che qualcuno doveva pur vendicare la morte ingiusta della madre, uccisa il 15 luglio 1944. Episodi taciuti, nascosti: molte delle persone assassinate in quegli anni non sono mai state riconosciute, riposano sotto una croce senza nome. È incredibile come le testimonianze dirette di persone superstiti cozzino irrimediabilmente contro i resoconti della storia “ufficiale”, quella che sulla lavagna dei buoni e dei cattivi, nel corso di settant’anni, ha saputo scrivere solo i soliti nomi, opportunamente divisi per fazione di appartenenza. Non importa l’individualità, le scelte di ciascuno, i comportamenti di ciascuno: ciò che importa è di quale schieramento si sia fatto parte per decidere in quale colonna inserire un nome piuttosto che un altro. Un Paese in cui le lapidi riportano solo i nomi delle vittime del “nazi-fascismo”, e dove nessun ricordo è dedicato alle vittime dei partigiani, è un Paese che ha bisogno di crescere in termini di consapevolezza e di civiltà.