IL TIRRENO

08 giugno 2015

Panorama politico

 


 

Indennità a 5mila euro

 


 

FIRENZE – Ad una settimana dal voto, prima ancora della proclamazione degli eletti, i cinque consiglieri del M5S saliranno oggi per la prima volta gli amplissimi scaloni di palazzo Panciatichi. Eccoli in fila i cinque moschettieri di Beppe Grillo: Giacomo Giannarelli di Carrara, il candidato alla presidenza, Irene Galletti di Pisa, Gabriele Bianchi di Lucca, Enrico Cantone di Livorno e Andrea Quartini di Firenze. Si recheranno dai dirigenti del parlamentino toscano con una sfilza di richieste: indennità di carica ridotta a 5 mila euro mensili lordi, cancellazione dei contributi per il funzionamento dei gruppi, revisione dei rimborsi spesa e abolizione dei vitalizi con effetto retroattivo. Occorre una legge. La risposta è già scritta. Per ridursi lo stipendio e gli altri benefici economici, occorre una legge. In via subordinata, come già anticipato da Giannarelli al Tirreno, potrà essere costituito un fondo, «nel quale far confluire quello che eccede i 5mila euro il mese. Il fondo potrebbe avere due impieghi: l’edilizia scolastica o progetti a sostegno di piccole e medie imprese». L’esempio del fondo esiste già alla Camera dove, come spiega il parlamentare grillino di Firenze Alfonso Bonafede, il M5S lo ha costituito con un atto del ministero del Tesoro. Per evitare – questo è un punto essenziale – che i soldi possano essere destinati in maniera generica a finalità diverse. In altro parole: i grillini rinunciano ad una parte dei soldi dello Stato e della Regione. Quei soldi non li intascano per poi destinarli ad altri. Tipo come fanno molti consiglieri che destinano parte dello stipendio al partito. Costi più sobri della politica. La diversità che il M5S intende affermare è che la Regione non deve ai consiglieri grillini 11mila euro lordi al mese ma solo 5mila euro lordi. Quindi le casse regionali si tengano la differenza, cioè i 6mila euro, è il nocciolo del loro ragionamento. In nome di una politica meno costosa per le finanze pubbliche. Come regolamentare un fondo su base regionale è materia nuova, c’è solo un’esperienza in Sicilia, regione però a statuto speciale. Anche di questo si discuterà oggi tra i consiglieri del M5S e gli uffici della ragioneria regionale. Si ricorderà anche che in passato il presidente Alberto Monaci ottenne l’approvazione di una leggina per diminuire del 10 per cento il proprio stipendio da destinare ai vice capogruppo. Insomma la strada più semplice sarebbe quella di una legge. Che per essere approvata deve trovare una maggioranza. E qui, almeno per ora, scaturisce il difficile. Il no della Lega. Il leghista Claudio Borghi, che quando era manager della Deutsche bank guadagnava 500mila euro all’anno, respinge al mittente la richiesta del M5S: «Facile ridurre lo stipendio di chi magari con la propria professione guadagna poco. Considero la proposta demagogica. Io distinguo tra stipendio, che deve essere congruo al ruolo svolto, e privilegi. Noi della Lega siamo stati sempre contro i vitalizi, ad esempio. Ma l’indennità deve restare. I consiglieri leghisti poi versano 2mila euro netti al partito». Pd: come il sindaco dei capoluoghi. Non dice di no invece Giovanni Donzelli, consigliere dei Fratelli d’Italia, anche se aggiunge: «Più interessante della riduzione dell’indennità sarebbe impedire altri redditi durante il mandato. Alcuni consiglieri stanno nelle istituzioni part time e alzano la mano senza sapere che votano», sottolinea Donzelli. Che si riferisce a quanti fanno i consiglieri e insieme continuano a svolgere l’attività di liberi professionisti e imprenditori. E il Pd? Tace il segretario regionale Dario Parrini mentre gli ex presidenti della Provincia di Lucca Stefano Baccelli e di Grosseto Leonardo Marras rispondono al M5S che nella riforma del Senato in discussione in Parlamento si prevede la riduzione delle indennità regionali assumendo come parametro massimo lo stipendio del sindaco della città capoluogo di regione.

 

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