Il diritto al rimborso delle spese legali relative ai giudizi di responsabilità civile, penale o amministrativa a carico di dipendenti di amministrazioni statali o di enti locali per fatti connessi all’espletamento del servizio o comunque all’assolvimento di obblighi istituzionali, conclusi con l’accertamento dell’esclusione della loro responsabilità, non compete all’assessore comunale, né al consigliere comunale o al sindaco, non essendo configurabile tra costoro (i quali operano nell’amministrazione pubblica ad altro titolo) e l’ente un rapporto di lavoro dipendente, non potendo estendersi nei loro confronti la tutela prevista per i dipendenti (art.67 del d.P.R. n. 268/1987), né trovare applicazione la disciplina privatistica in tema di mandato.
La sentenza della Corte di Cassazione, sezione I Civile n.5264 del 17 marzo 2015 fa dunque chiarezza sul rimborso delle spese legali agli amministratori locali.
La Corte ha ritenuto che i fatti contestati non fossero connessi all’esercizio delle funzioni di pubblico ufficiale, in quanto posti in essere con abuso delle funzioni di assessore comunale e per scopi contrari ai fini istituzionali dell’ente pubblico, sicché le spese da lui sostenute per la difesa nel giudizio penale trovavano nell’ufficio pubblico solo un’occasione e non la causa; ha ritenuto che non vi fosse prova della preventiva designazione da parte dell’ente di un difensore di comune gradimento e che vi fosse un conflitto di interessi, da valutare ex ante e a prescindere dall’esito assolutorio del procedimento penale, che precludeva la possibilità di riversare sul Turbigo le spese della difesa.
Entrambi i giudici di merito hanno fatto applicazione del principio della c.d. “ragione più liquida”, avendo rigettato la domanda sulla base della soluzione di una o più questioni assorbenti, senza avere esaminato specificamente e direttamente la questione dell’applicabilità della norma agli amministratori locali. Su tale questione di diritto non si è formato un giudicato neppure implicito, il quale infatti non si forma sugli aspetti del rapporto che non abbiano costituito oggetto di specifica disamina e valutazione da parte del giudice, cioè di un accertamento effettivo, specifico e concreto (v. Cass. n. 11356/2006, n. 21266/2007).
Al quesito circa l’applicabilità del citato art. 67 del d.P.R. n. 268/1987 agli amministratori degli enti locali deve darsi risposta negativa. Infatti il diritto al rimborso delle spese legali relative ai giudizi di responsabilità civile, penale o amministrativa a carico di dipendenti di amministrazioni statali o di enti locali per fatti connessi all’espletamento del servizio o comunque all’assolvimento di obblighi istituzionali, conclusi con l’accertamento dell’esclusione della loro responsabilità, non corapete all’assessore comunale, né al consigliere comunale o al sindaco, non essendo configurabile tra costoro (i quali operano nell’amministrazione pubblica ad altro titolo) e l’ente un rapporto di lavoro dipendente, non potendo estendersi nei loro confronti la tutela prevista per i dipendenti, né trovare applicazione la disciplina privatistica in tema di mandato (v. Cass. n. 25690/2011, n. 20193/2014).