di Massimo Grisanti

 

 

 

Riporto (ex multis) un nuovo intervento degli organi di giustizia amministrativa riguardo alla disciplina di recupero del patrimonio edilizio esistente:

 

 

 

TAR Lombardia, Milano, n. 7206 del 08 novembre 2010.

 

Gli interventi di recupero e di trasformazione del patrimonio edilizio esistente, introdotti per la prima volta dall’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, recante «Norme per l’edilizia residenziale», riguardano esclusivamente il patrimonio edilizio realizzato legalmente.

 

Infatti costituisce un principio pacifico in giurisprudenza che non possano svolgersi opere di ristrutturazione o di manutenzione straordinaria su un manufatto abusivo e mai oggetto di sanatoria edilizia e che tale ulteriore attività costruttiva non possa spiegare alcun effetto preclusivo sulla potestà di reprimere l’opera abusiva nella sua interezza (Cons. St., sez. V. 29 ottobre 1991 n. 1279).

 

Ne consegue che non può invocare il regime sanzionatorio più favorevole previsto per il recupero del patrimonio edilizio esistente legittimamente realizzato, colui che ha svolto opere edilizie su immobili abusivi, le quali assumono la stessa qualificazione giuridica dell’immobile abusivamente realizzato. In caso contrario, infatti, l’abuso minore successivo in sostanza giustificherebbe l’applicazione di una sanzione minore, addirittura non demolitoria, estinguendo la potestà sanzionatoria nei confronti dell’abuso maggiore precedente.

 

In secondo luogo, la modifica apportata all’immobile oggetto della domanda di condono, rendendo tale bene diverso da quello realizzato originariamente nei termini previsti per il condono, impedisce l’accoglimento della relativa domanda.

 

 

 

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