Presidente del Consiglio dei Ministri – Ufficio del Segretario Generale (PEC: usg@mailbox.governo.it)

 

Al Ministro per i beni e le attività culturali (PEC:  mbac-udcm@mailcert.beniculturali.it)

 

Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (PEC: MATTM@pecminambiente.it)

 

Al Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici della Regione Toscana

 

Al Presidente della Giunta della Regione Toscana (PEC: regionetoscana@postacert.toscana.it)

 

Al Presidente del Consiglio della Regione Toscana (PEC: consiglioregionale@postacert.toscana.it)

 

Al Procuratore della Repubblica di Firenze (PEC: prot.procura.firenze@giuustiziacert.it)

 

Al Procuratore della Corte dei Conti per la Regione Toscana (PEC: toscana.procura@corteconticert.it  procuratore.generale@corteconticert.itprocuratore.generale.aggiunto@corteconticert.it)

 

 

                                                                                                                             E p.c.    Presidente della Repubblica

                                                                                                                                             Palazzo del Quirinale

                                                                                                                                             Piazza del Quirinale

                                                                                                                                             00187 ROMA (RM)

 

                                                                                                                                             Avvocato Generale dello Stato

Dott. Avv. Giuseppe Michele Di Pace

PEC:

firenze@mailcert.avvocaturastato.it

roma@mailcert.avvocaturastato.it

 

                                                                                                                                             Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

                                                                                                                                             associazione ecologista

                                                                                                                                             grigsardegna5@gmail.com

 

 

 

Oggetto:     SIGNIFICAZIONE-ESPOSTO DENUNCIA in ordine alla proposta di deliberazione al Consiglio regionale n. 1 del 17/1/2014 avanzata dalla Giunta della Regione Toscana ed avente per oggetto il progetto di Piano Paesaggistico regionale.

 

 

Il sottoscritto Massimo GRISANTI, identificabile a mezzo dell’allegata copia della carta d’identità,

 

VISTI

 

1)    La proposta di deliberazione al Consiglio Regionale della Toscana n. 1 del 17/1/2014 con la quale la Giunta regionale invita, appunto, il Consiglio all’adozione del progetto di Piano Paesaggistico regionale;

 

2)    Il testo integrale del Ricorso n. 1 del 10/1/2014 per conflitto di attribuzioni promosso dal Presidente del Consiglio della Repubblica italiana innanzi alla Corte costituzionale nei confronti della Regione Sardegna avverso l’adozione, da parte di quest’ultima, del progetto di Piano Paesaggistico regionale in assenza dell’accordo con gli organi dello Stato sul contenuto del progetto medesimo;

 

ATTESO

 

1)     Che l’avvocatura dello Stato, nel ricorso sopra richiamato, ha motivato l’impugnazione affermando che (il sottolineato è del qui scrivente):

 

a.       Non sembra dubitabile che tra dette ultime disposizioni (n.d.r. norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica) debbano essere ricomprese le prescrizioni contenute nel cd. <Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio> (d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), e, in particolare, (qui rilevanti quali norme interposte), gli artt. 135 (<Pianificazione paesaggistica>), 143 (<Piano paesaggistico>) e 156 (<Verifica ed adeguamento dei piani paesaggistici>), norme nelle quali le dette attribuzioni sono demandate allo Stato e alle Regioni.” – v. punto n. 1 Diritto;

 

b.       La necessità del raggiungimento del punto di equilibrio – rispondente peraltro al fondamentale principio della codecisione e della compartecipazione necessarie tra Stato e Regione in tutte e tre le fasi in cui si articola la tutela paesaggistica (individuazione, pianificazione e gestione-controllo autorizzatorio dei vincoli), che sorregge l’intero sistema della tutela del paesaggio – è stato più volte ribadito nella giurisprudenza di codesta Corte Ecc.ma.” – v. punto n. 3 Diritto;

 

c.        Alla luce della ratio fatta propria nella su richiamata giurisprudenza, sembra dunque difficilmente contestabile che anche il principio di co-pianificazione obbligatoria (Stato-Regione) per i beni paesaggistici contenuto negli articoli 135, 143 e 156 del d. lgs. n. 42/2004 – che rappresenta il «cuore» del sistema della tutela attorno al quale ruotano sia i vincoli, sia i procedimenti autorizzatori e sanzionatori di gestione e controllo – possa essere qualificato quale norma di grande riforma economico-sociale di diretta applicazione anche nella Regione Sardegna. La delibera che si impugna viola pertanto direttamente questi fondamentali parametri costituzionali, poiché la Giunta regionale ha adottato il Piano senza il previo accordo con i competenti organi statali.” – v. punto n. 3 Diritto;

 

d.       Sotto un diverso, ma fondamentale e convergente profilo, occorre inoltre rilevare che i beni paesaggistici propri di ciascuna Regione italiana, nella logica degli artt. 9 e 117 della Costituzione, trascendono, sia come valore culturale e sociale, sia come bene-interesse giuridicamente rilevante, l’ambito  territoriale regionale, riferibile alla collettività ivi stanziata, per assurgere a una dimensione sicuramente nazionale. Gli stessi sono infatti beni comuni riferibili all’intera collettività nazionale, di tal che è la Repubblica ad avere competenza a tutelare il paesaggio, e rientra nella competenza esclusiva dello Stato il compito di tutelare l’ambiente. Anche in un’ottica che tenga presente il ruolo degli Enti territoriali alla luce del fondamentale principio di bilanciamento e della leale collaborazione in presenza di eventuali competenze concorrenti, ciò non può che significare che, anche da questo punto di vista, il potere degli organi regionali di ridisegnare i connotati dei relativi paesaggi incontra un preciso limite costituito (quanto meno) dal potere di necessaria co-decisione statale opponibile anche all’Autonomia speciale della Regione sarda.” – v. punto n. 5 Diritto;

 

2)       Che l’avvocatura della Stato ha così concluso il suddetto ricorso:

Il nuovo Piano adottato con la Delibera che si impugna ha immediata efficacia e determina la decadenza di quello del 2006, atteso che le misure di salvaguardia sono di immediata applicazione.

Ciò rileva anche ai fini della immediata lesività dell’atto e dell’interesse concreto ed attuale alla sua  impugnazione, che mira non solamente al ripristino delle competenze costituzionalmente previste, ma alla tutela di beni che, in base alle prescrizioni impugnate, sono assai meno protetti rispetto al sistema previgente, con rischio di danni irreparabili per il patrimonio paesaggistico, come purtroppo recenti fatti di cronaca hanno tristemente confermato.”;

 

3)       Che la Corte costituzionale, nella celeberrima sentenza n. 367/2007 (pres. Bile, red. Maddalena) ha statuito che:

a.       L’oggetto tutelato non è il concetto astratto delle “bellezze naturali”, ma l’insieme delle cose, beni materiali, o le loro composizioni, che presentano valore paesaggistico.” – v. punto 7.1 del considerato in diritto;

b.       Sul territorio gravano più interessi pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e quelli concernenti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni.” – v. punto 7.1 del considerato in diritto;

c.        La tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali. In sostanza, vengono a trovarsi di fronte due tipi di interessi pubblici diversi: quello alla conservazione del paesaggio, affidato allo Stato, e quello alla fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni.

Si tratta di due tipi di tutela, che ben possono essere coordinati fra loro, ma che debbono necessariamente restare distinti. E in proposito la legislazione statale ha fatto ricorso, ai sensi dell’art. 118 della Costituzione, proprio a forme di coordinamento e di intesa in questa materia, ed ha affidato alle Regioni il compito di redigere i piani paesaggistici, ovvero i piani territoriali aventi valenza di tutela ambientale, con l’osservanza delle norme di tutela paesaggistica poste dallo Stato. In particolare, l’art. 143 del d.lgs. n. 42 del 2004, novellato dall’art. 13 del d.lgs. n. 157 del 2006, ha previsto la possibilità, per le Regioni, di stipulare intese con il Ministero per i beni culturali ed ambientali e con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio per «l’elaborazione congiunta dei piani paesaggistici», precisando che il contenuto del piano elaborato congiuntamente forma oggetto di apposito accordo preliminare e che lo stesso è poi «approvato con provvedimento regionale».” – v. punto 7.1 del considerato in diritto;

 

4)       Che pur con le modificazioni introdotte al cd. <Codice Urbani> ad opera del d. lgs. 26 marzo 2008, n. 63:

 

a.       le disposizioni dell’art. 143 del Codice richiedono sempre:

                                                               i.      la ricognizione delle aree su cui insistono i beni paesaggistici già “beni ambientali” ex Legge n. 431/1985 (legge Galasso);

                                                              ii.      le Regioni, il MIBAC e il MINAMBIENTE possono stipulare intese per la definizione delle modalità di elaborazione congiunta dei piani paesaggistici;

                                                            iii.      trascorso il termine di approvazione del piano da parte delle regioni il MIBAC può approvare il piano in via sostitutiva, sentito il MINAMBIENTE;

 

b.       le disposizioni dell’art. 135 del Codice stabiliscono che:

                                                               i.      lo Stato (e quindi, per esso, non solo il MIBAC, ma anche il MINAMBIENTE) assicurano (ovviamente alla Collettività nazionale) che tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono;

                                                              ii.      l’elaborazione dei piani paesaggistici avviene congiuntamente tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui all’articolo 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal medesimo articolo 143;

 

RITENUTO

 

che il legislatore statale abbia demandato al MIBAC e alle Regioni il solo compito di materiale elaborazione congiunta del piano paesaggistico, senza che il MINAMBIENTE possa essere escluso da intese volte a concordare le modalità per l’elaborazione ed in ciò razionalmente richiedendo che lo stesso dicastero apporti le proprie conoscenze nell’individuazione dei “beni ambientali” ex legge Galasso e nella definizione delle prescrizioni d’uso volte alla loro conservazione;

 

RICHIAMANDO

 

le mie osservazioni formulate il 31/8/2009 nei confronti del progetto di Piano Paesaggistico (redatto senza l’intervento del MIBAC in sede di pianificazione e per questo completamente buttato alle ortiche dopo l’intervento pressante dello scrivente nei confronti del MIBAC) adottato dalla Regione Toscana con D.C.R. n. 32/2009, che vengo qui nuovamente a sottoporre all’attenzione dei destinatari stante, purtroppo, la grave attualità conseguente alla violenza perpetrata a danno dei “beni ambientali” anche in Toscana (v. frane e alluvioni in Garfagnana, nel Grossetano ecc. con morti e generale distruzione di beni, per cui prontamente il governatore Rossi, forse in un sussulto di coscienza e con rimorso di coscienza, ha promesso di stanziare fondi che, tuttavia dimentica, sono frutto delle tasse pagate anche dai Cittadini onesti):

 

Orbene, per comprendere in appieno il valore della preventiva Intesa con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare al solo fine della definizione delle modalità di elaborazione congiunta del Piano Paesaggistico (e non al fine dell’elaborazione congiunta) che deve avvenire tra Regione e MIBAC dobbiamo fare un breve excursus sulla tutela dell’ambiente e sulla nozione di  “paesaggio”.

Un approccio corretto ai problemi della tutela dell’ambiente, da qualunque punto di vista lo si intenda affrontare (giuridico, politico, economico, sociale, filosofico), non può fare a meno di muovere da un sufficiente grado di consapevolezza delle caratteristiche intrinseche, affatto peculiari, che assume l’oggetto della tutela.

In questa ottica – e secondo la migliore dottrina – occorre senz’altro affrontare, in via preliminare, la questione relativa alla corretta identificazione di ciò che debba intendersi per “ambiente” e di come tale nozione possa distinguersi dalle altre che si rinvengono nel testo della nostra Carta costituzionale (e nella legislazione attuativa) e che si riferiscono ad oggetti contigui o connessi quali l’ecosistema, il paesaggio, i beni ambientali, i beni paesaggistici, nonché – almeno da un particolare punto di vista – i beni culturali.

Se si muove dalla nozione di “paesaggio”, che trova espressa menzione nella fondamentale disposizione di principio contenuta nell’art. 9 della Costituzione, va anzitutto osservato che con la sentenza n. 196 del 2004 (in particolare, il punto 23 del considerato in diritto), avente ad oggetto la legittimità costituzionale dell’ultimo condono edilizio straordinario, la Corte costituzionale mostra in modo esplicito di aver ormai fatto propria – anche nei suoi termini semantici – una tesi che in dottrina ha origini remote e molto autorevoli e che concepisce il paesaggio come “forma del territorio e dell’ambiente”.

Tale espressione è solo il più recente punto di emersione di un consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, la quale – pur negando sempre l’assimilabilità dell’interesse paesaggistico con l’interesse urbanistico (Corte cost. nn. 56/1968, 141/1972, 359/1985, 327/1990, 417/1995, 378/2000) – ha variamente affermato:

               che la tutela del paesaggio “va intesa nel senso lato della tutela ecologica” (sentenza n. 430/1990) e della “conservazione dell’ambiente” (sentenza n. 391/1989).

               che essa è “basata primariamente sugli interessi ecologici e quindi sulla difesa dell’ambiente come bene unitario, pur se composto da molteplici aspetti rilevanti per la vita naturale e umana” (sentenza n. 1029/1988).

               che l’art. 9 della Costituzione “tutela il paesaggio-ambiente come espressione di principio fondamentale dell’ambito territoriale in cui si svolge la vita dell’uomo e si sviluppa la persona umana” (sentenze nn. 85/1998 e 378/2000).

               che l’ordinamento giuridico impone “una tutela del paesaggio improntata ad integrità e globalità in quanto implicante una riconsiderazione dell’intero territorio nazionale alla luce del valore estetico – culturale del paesaggio, sancito dall’art. 9 Cost. e assunto come valore primario come tale” (sentenze nn. 417/1995, 151/1986, 67/1992, 269/1993 e 46/1995).

Secondo l’impostazione della dottrina cui facevo riferimento poc’anzi, il concetto di “paesaggio” dovrebbe essere fatto coincidere con “la forma del territorio, o dell’ambiente, creata dalla comunità umana che vi è insediata, con una continua interazione della natura e dell’uomo”; il paesaggio, dunque, “come processo creativo continuo, incapace di essere configurato come realtà o dato immobile”, come “modo di essere del territorio nella sua percezione visibile”, come “forma e immagine dell’ambiente”, “come ambiente visibile, ma inscindibile dal non visibile” (si tratta della ben nota tesi di A. Predieri).

Come è stato efficacemente sintetizzato, “paesaggio viene così a coincidere con ambiente, o meglio, con la valenza culturale che si attribuisce al rapporto uomo-ambiente”, nella sua fisica percepibilità attraverso la forma del territorio.

Ciò in perfetta coerenza con la collocazione costituzionale del paesaggio, nel secondo comma dell’art. 9, che lo individua al contempo come “prodotto” e come “presupposto” di quello “sviluppo della cultura” che il primo comma affida all’attività di promozione ad opera degli enti della Repubblica.

Da questo punto di vista, conferme significative si rinvengono anche nel Codice dei beni culturali e del paesaggio approvato con il D. Lgs. 42/2004 e s.m.i., il quale, all’art. 131, per la prima volta fornisce una formulazione normativa del concetto di paesaggio, definendolo come “il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali , umani e dalle loro interrelazioni” e aggiungendo che “la tutela del paesaggio (…) è volta a riconoscere, salvaguardare e, ove necessario, recuperare i valori culturali che esso esprime.”.

Nel caso dell’ambiente, il rapporto uomo-natura che viene preso in considerazione risulta comprensivo anche degli aspetti non fisicamente percepibili attraverso la forma del territorio, essendovi connaturato il costante riferimento all’intero insieme delle condizioni di vita degli esseri viventi e particolarmente dell’uomo.

“Ambiente”, pertanto, è senz’altro un concetto più ampio di “paesaggio”, in quanto considera, almeno in parte, il rapporto uomo-natura non necessariamente limitato agli aspetti fisicamente percepibili e ai quali sia riconosciuta rilevanza culturale per la collettività umana che si trovi insediata in un determinato territorio.

Applicando in concreto queste considerazioni (così come fatto anche dalla Corte costituzionale ad esempio nella sentenza n. 182/2006) la conseguenza che ne deriva è che la tutela del paesaggio – al di là del richiamato valore “culturale – identitario” che ad essa è ineliminabilmente connesso (art. 9 Cost.) – è ricompresa nell’ambito della più generale espressione “tutela dell’ambiente” utilizzata nell’art. 117 della Costituzione ai fini del riparto di competenze tra gli enti della Repubblica (vedasi anche Cons. Stato, Ad. Plen., 14 dicembre 2001, n. 9).

La considerazione della tutela del paesaggio come una delle componenti della più ampia tutela dell’ambiente risulta supportata, non soltanto dalla giurisprudenza costituzionale già menzionata, ma anche da quanto significativamente emerge, sul piano dell’ordinamento comunitario (nonché a livello internazionale), in relazione ad alcuni dei più rilevanti istituti della tutela dell’ambiente coma la valutazione d’impatto ambientale, da un lato, e l’accesso alle informazioni ambientali, dall’altro.

Se, infatti, si considera la nozione di ambiente sottesa alla definizione di “impatto ambientale” già accolta, a suo tempo, nella direttiva n. 85/337/CEE, non si può fare a meno di cogliere che essa è incentrata proprio sulla “interazione” tra una serie di fattori naturali e umani quali l’uomo, la fauna e la flora, il suolo, l’acqua, l’aria, il clima e, non a caso, il paesaggio (art. 3 della direttiva 27 giugno 1985, n. 85/337/CEE).

Inoltre, il vigente art. 3 della direttiva del Consiglio del 3 marzo 1997, n. 97/11/CE (modifica della direttiva 85/337/CEE concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati) amplia l’interazione per l’individuazione dell’impatto ambientale anche ai “beni materiali” ed il “patrimonio culturale”.

Similmente avviene in relazione alla definizione di “informazione ambientale” contenuta nella direttiva n. 2003/4/CE, laddove, all’art. 2, si fa riferimento a “lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria e l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, il paesaggio e i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica e i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, nonché le interazioni tra questi elementi”.

L’ulteriore nozione di ecosistema” – espressone che compare nel medesimo art. 117 Cost. a seguito della riforma di cui alla legge costituzionale n. 3 del 2001 – non può che essere intesa come elemento di maggiore specificazione, che vale ad evidenziare in modo autonomo le restanti peculiarità dell’ambiente come oggetto di tutela giuridica, dando risalto alla necessità che – prima di tutto da parte die poteri pubblici – si provveda a garantire il mantenimento degli “equilibri ecologici” che si instaurano tra i fattori fisici, chimici e biologici che permettono e favoriscono la vita di tutti gli esseri viventi, indipendentemente o comunque a prescindere da una specifica interazione con l’uomo.

In questi termini, è chiarita la questione del rapporto tra tutela dell’ambiente e dell’ecosistema da un lato e tutela del paesaggio dall’altro, con specifico riferimento alla corretta interpretazione con cui assumere le due nozioni che compaiono nella lettera s) dell’art. 117, secondo comma, della Costituzione, ai fini del riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni.

Da qui la doverosità dell’applicazione integrale del Codice del Paesaggio anche per comprendere l’attribuzione delle funzioni della Regione in materia di co – pianificazione ai fini della tutela dei beni paesaggistici.

Proseguendo nello specifico e con riferimento alle nozioni di “beni ambientali” e di “beni paesaggistici”, va anzitutto rilevato che l’espressione “beni ambientali” – che oggi compare esplicitamente nel testo costituzionale all’art. 117, terzo comma – è stata radicalmente e integralmente sostituita nel Codice del 2004 dal concetto di “beni paesaggistici”; di talché – anche in forza del chiaro disposto contenuto nella delega legislativa che affidava al Governo l’opera di “codificazione” (at. 10, comma 1, lett. A), della legge n. 137 del 2002, che espressamente delegava il Governo alla codificazione delle disposizioni legislative in “materia di beni culturali e ambientali”) – non è difficile sostenere che, nella lettura combinata dell’art. 117 Cost.  del Codice, pure in assenza di uno specifico coordinamento, beni ambientali e beni paesaggistici finiscano in tutto e per tutto per coincidere.

E’ evidente che tale operazione va ricondotta alla necessità di superare le ambiguità derivanti dalla precedente normativa circa la mancata delimitazione della materia paesaggistica rispetto a quella dl diritto dell’ambiente.

In termini di diritto positivo, l’espressione “beni ambientali” trova origine a metà degli anni settanta, dapprima nel d.l. n. 657 del 1974, convertito in legge dalla legge n. 5 del 1975, sull’istituzione del Ministero per i beni culturali e ambientali, successivamente nell’art. 82 del d. P.R. n. 616 del 1977, sulla delega alle Regioni delle funzioni amministrative in materia; in entrambi i casi, la nozione è utilizzata con riferimento alle “bellezze naturali” contemplate dalla legge n. 1497 del 1939.

Successivamente, con l’art. 148 del d. lgs. n. 112 del 1998 (ancora in tema di conferimento di funzioni e compiti amministrativi dallo Stato alle autonomie regionali e locali), il legislatore statale fornisce una definizione esplicita dei “beni ambientali”: con la precisazione che la definizione vale “ai fini del presente decreto” (ma anche il successivo d. lgs. n. 368 del 1998 sull’istituzione del nuovo Ministero per i beni e le attività culturali, all’art. 1, comma 2, rinvia espressamente a questa definizione), i “beni ambientali” vengono qualificati come “quelli individuati in base alla legge quale testimonianza significativa dell’ambiente nei suoi valori naturali o culturali”, risultando così sancito, in definitiva, il rapporto di diretta derivazione di tale nozione da quella costituzionale di “paesaggio” nella sua accezione più ampia di “forma e immagine visibile dell’ambiente” espressiva del connubio inscindibile tra uomo e natura e dell’intrinseca valenza “estetico – culturale” che assume tale connubio.

I “beni ambientali” – tra i quali poco più tardi il d. lgs. n. 490 del 1999 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali ed ambientali) ricomprende in termini espliciti sia le antiche “bellezze naturali” sia le aree e porzioni di territorio sottoposte a tutela dalla legge n. 431 del 1985 in ragione del loro interesse paesaggistico (art. 138) – rappresentano dunque, per così dire, una “selezione” del più ampio concetto di paesaggio, costituita da ciò che dalla legge o in base alla legge venga considerato “testimonianza significativa” e che perciò risulti meritevole di un particolare regime di tutela vincolistica.

Ed è con questo significato originario, verosimilmente, che la nozione entra anche nel testo costituzionale, attraverso la legge cost. n. 3 del 2001, laddove il nuovo art. 117, terzo comma, elencando le materie attribuite alla potestà legislativa concorrente delle regioni, contempla espressamente la materia della “valorizzazione dei beni ambientali” (si tenga presente che il riferimento esplicito ai “beni ambientali” compare anche negli atti normativi di riorganizzazione del nuovo Ministero per i beni e le attività culturali adottati sul finire degli anni novanta ovverosia il già richiamato d. lgs. n. 368 del 1998 e il d. lgs. n. 300 del 1999, art. 52 ss.).

Come accennato, la più recente evoluzione legislativa mostra, tuttavia, l’abbandono del riferimento ai “beni ambientali” e la sua vera e propria sostituzione (mediante l’abrogazione delle precedenti definizioni) con l’espressione “beni paesaggistici”.

In questo senso si collocano sia il d. lgs. n. 3 del 2004, sulla riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, sia soprattutto il Codice dei beni culturali e del paesaggio, nel quale i “beni paesaggistici” vengono definiti come specifici immobili o aree selezionate del paesaggio ad opera della legge o in base alla legge, in ragione del loro particolare valore paesistico – cioè in quanto “costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio” – e vengono distinti in tre categorie: le antiche “bellezze naturali” della legge n. 1497 del 1939; le aree di interesse paesaggistico della c.d. “legge Galasso” n. 431 del 1985; “gli immobili e le aree specificamente individuati a termini dell’articolo 136 e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156”, un vero e proprio tertium genus di beni paesaggistici rispetto alle categorie di beni fatti oggetto dei vincoli tradizionali ove vi si può leggere uno dei principali segnali della progressiva integrazione e fusione tra misure vincolistiche e strumenti pianificatori.

Dagli elementi fin qui evidenziati sembra dunque possibile concludere che il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare non può non avere un ruolo significativo nella pianificazione paesaggistica riguardo ai beni paesaggistici di cui all’articolo 134 del Codice ed in particolare nelle operazioni indicate nelle lettere b), c) e d) dell’art. 143 del Codice, ovverosia:

b) ricognizione degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell’articolo 136, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’articolo 138, comma 1, fatto salvo il disposto di cui agli articoli 140, comma 2, e 141-bis;

c) ricognizione delle aree di cui al comma 1 dell’articolo 142, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione di prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di dette aree e, compatibilmente con essi, la valorizzazione;

d) eventuale individuazione di ulteriori immobili od aree, di notevole interesse pubblico a termini dell’articolo 134, comma 1, lettera c), loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’articolo 138, comma 1.

Per questi motivi, ecco che ritengo come la mancanza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare tra le parti che hanno stipulato l’Intesa di cui agli articoli 143 e 156 per definire le modalità inerenti l’elaborazione congiunta del Piano Paesaggistico sia un vizio che infici in maniera insanabile l’elaborazione e quindi l’adozione del Piano Paesaggistico adottato con la deliberazione di Consiglio Regionale n.  32 del 16 giugno 2009 concernente “Implementazione del piano di indirizzo territoriale (PIT) per la disciplina paesaggistica. Articolo 143 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell’articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137) e articolo 33 della legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio). Adozione.” nella parte in cui dispone dei beni indicati nelle lettere b), c) e d) dell’art. 143 del Codice del Paesaggio e nei relativi atti e/o studi preparatori e/o propedeutici, compreso l’Intesa siglata tra MIBAC e Regione Toscana, nonché gli atti consequenziali assunti all’indomani dell’adozione del Piano Paesaggistico.

Invero, rientrando i beni paesaggistici nell’interesse costituzionale dell’ambiente (e quindi nelle competenze concorrenti tra il Ministero dei beni ed attività culturali e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e dal mare) nonostante che sia stata espressamente prevista l’attribuzione esclusiva del MIBAC per l’elaborazione congiunta del Piano Paesaggistico (in virtù della specifica competenza in tale disciplina che interessa il bene “ambiente”, perseguendo così la specifica finalità della tutela del paesaggio), l’elaborazione non può avvenire se non dopo che sia stata raggiunta un’Intesa anche con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in merito alla definizione dei metodi per il riconoscimento, la salvaguardia e, ove necessario, il recupero dei valori culturali espressi da beni paesaggistici di interesse naturale e morfologico.

Tra l’altro, l’art. 143, comma 2, del Codice del Paesaggio prescrive che anche i poteri sostitutivi del MIBAC riguardo all’approvazione del Piano Paesaggistico possono essere esercitati previo concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Oltre ad evidenziare come nella stessa relazione accompagnatoria l’atto di governo sottoposto a parere parlamentare n. 218 presentato al Senato della Repubblica (Schema del D. Lgs. 63/2008), alla pagina 13, vi si recita espressamente:

“(…) Al co. 2 si regola il procedimento di redazione e di approvazione del piano, ai sensi dell’art. 135, co. 1, quando esso abbia ad oggetto o comunque interessi aree vincolate come beni paesaggistici.   In tal caso, alla elaborazione di quella parte del piano concorrono in via obbligatoria, in uno con la regione interessata, sia il Ministero, che il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, secondo un canone di leale collaborazione fra Stato e regioni che solo nella forma della condivisione necessaria delle scelte di pianificazione paesaggistica territoriale trova la sua compiuta realizzazione.   Lo stesso principio di leale collaborazione può spingere le regioni a coinvolgere comunque il Ministero nella elaborazione complessiva del piano, anche in riferimento, quindi, a tutto il territorio considerato.   Il co. 3 dell’articolo in esame stabilisce, poi, che nelle aree di riconosciuto valore paesaggistico gli organi dell’Amministrazione, al fine di assicurare il necessario livello di unitarietà nell’azione di tutela, ed in ragione della riconosciuta preminenza dell’interesse pubblico alla conservazione del paesaggio tutelato rispetto a quello pertinente alla fruizione del territorio (v. Corte Cost., sent. n. 367/2007) esprimono comunque pareri vincolanti sui progetti di intervento presentati dagli interessati nelle aree sottoposte a vincolo per il loro interesse paesaggistico. (…)”.   (sottolineato aggiunto)

Del resto, l’intervento del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare è fondamentale per la definizione dei metodi di ricognizione e delimitazione delle aree tutelate per legge (beni ambientali ex legge Galasso).

Invero, i beni vincolati ex lege dall’art. 142 del Codice Urbani hanno sempre creato un problema applicativo: c’è chi ha sostenuto che la norma era concretamente inoperante fino ad un provvedimento di individuazione, c’è chi ha sostenuto che la norma era direttamente operante e che la rappresentazione cartografica di detti beni aveva solamente valore ricognitivo.

Ebbene, su tale questione, la prima versione del Codice Urbani non era dirimente, dovendosi tuttavia dare preferenza all’interpretazione direttamente operativa dato che – a differenza del Testo Unico del 1999 – era scomparsa quell’attività di censimento, catalogazione e restituzione grafica dei beni elencati.

Successivamente, con il primo decreto correttivo (d. lgs. 157/2006, art. 13, che sostituisce integralmente l’art. 143 del d. lgs. 42/2004) viene previsto che il Piano Paesaggistico debba operare la “puntuale individuazione, nell’ambito del territorio regionale, delle aree di cui al comma 1, dell’articolo 142 e determinazione della specifica disciplina ordinata alla loro tutela e valorizzazione”, demandando ad un’attività congiunta Stato-Regioni la concreta applicazione del vincolo.

Con il secondo decreto correttivo (d. lgs. 62/2008, art. 2, che sostituisce nuovamente l’articolo 143 del D. lgs. 42/2004) viene invece previsto che il Piano Paesaggistico debba operare la “ricognizione delle aree di cui al comma 1 dell’articolo 142, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione di prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di tali aree e, compatibilmente con essi, la valorizzazione.”, lasciando – tra l’altro – intendere che può comunque sempre accadere che sussistano beni paesaggistici che rimangono pur sempre vincolati ex lege pur essendo sfuggiti all’attività di ricognizione (e ciò a dimostrazione dell’ampia tutela che lo Stato ha esercitato sui beni dando minor rilievo all’attività materiale della loro ricognizione).

Ecco, quindi, che l’attività regionale non costituisce atto integrativo dell’efficacia della disposizione vincolistica, bensì ha solamente valore di accertamento di qualità preesistenti ed elencazione dei beni (così come è richiesto pure per i beni oggetto di puntuale dichiarazione di notevole interesse pubblico), senza alcun effetto costitutivo: ciò corrisponde pienamente alle esigenze di tutela delle categorie di beni predeterminate in astratto, in quanto accanto a beni immodificabili nella loro estensione (montagne per la parte eccedente i 1.600 metri o 1.200 metri) la maggior parte di essi sono “beni variabili” per fenomeni naturali (territori costieri e contermini ai laghi legati ad una determinata distanza dalla linea di battigia, i corsi d’acqua che possono modificare il loro percorso o punto di affioramento, l’estensione dei boschi e loro definizione date dalle leggi regionali, ecc.).

In sostanza, per sapere se taluni beni sono vincolati ex lege bisogna analizzarli nel concreto delle loro caratteristiche potendo – l’attività ricognitiva del piano paesaggistico – avere solamente un effetto presuntivo che può essere vinto da prove contrarie.

Si pensi ad esempio alla legge forestale toscana che considera zona boscata i seminativi incolti da più di 15 anni: non può essere certo demandato effetto costitutivo alla ricognizione se un terreno diventa “bosco” l’anno successivo alla formazione del piano paesaggistico !

Da qui la fondamentale importanza che il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare partecipi all’Intesa interistituzionale – interministeriale per la definizione delle modalità di elaborazione congiunta del Piano Paesaggistico.

Appare ovvio – quindi – che alle forme dell’Intesa prevista dall’art. 143, comma 2 (richiamate dall’art. 135, comma 1 terzo periodo, del Codice), non può essere equiparata – anche per gli effetti che ne derivano – l’Intesa stipulata tra la Regione Toscana e il MIBAC, con la conseguente invalidità parziale del Piano Paesaggistico che non può non travolgere l’intero Piano visto che cambiando le interrelazioni tra le varie componenti che agiscono sul territorio ne vengono condizionati la forma e gli obiettivi da perseguire.

 

EVIDENZIANDO

 

        Che attraverso la DCR n. 95 del 11/3/1986 – con l’evidente complicità del MIBAC, il quale niente ha fatto per impedire l’illecito assalto ai beni paesaggistici ambientali – atto amministrativo RADICALMENTE NULLO per incompetenza assoluta, la Regione Toscana avrebbe – secondo la loro personalissima opinione – svincolato paesaggisticamente fiumi e torrenti nonostante tale potere non sia stato conferito alle Regioni (cfr. Consiglio di Stato, n. 657/2002) avendo , lo Stato, limitato tale potere ai soli corsi d’acqua minori, con l’effetto che  numerosissime costruzioni sono state costruite entro le fasce di pertinenza idraulica, così intralciando l’esondazione delle acque, impermeabilizzando le superfici e di conseguenza concorrere a causare morti e distruzione;

 

        Che il progetto di Piano Paesaggistico adottato con DCR n. 32/2009 prevedeva ex abrupto e in difetto assoluto di attribuzione il recupero a legalità (in sostanza un condono paesaggistico-ambientale) delle costruzioni lungo i fiumi e i torrenti, la cui edificazione è stata tollerata – anzi cagionata ex art. 40 c.p.  – dalle strutture regionali, dai comuni e finanche dalle strutture periferiche del MIBAC che non hanno assolutamente vigilato sulla funzione autorizzatoria, né sulla funzione repressiva;

 

        Che anche l’attuale progetto di Piano Paesaggistico di cui alla deliberazione n. 1/2014 rivolta al Consiglio regionale della Toscana da parte della Giunta (presieduta dal governatore Rossi):

 

o   non risulta essere mai stato preceduto dall’intesa con il MINAMBIENTE in ordine alle modalità di elaborazione del piano;

o   risulta che contenga, in via surrettizia, forme di condono paesaggistico delle opere realizzate dal 1986 ad oggi lungo i fiumi e i torrenti in assenza della doverosa autorizzazione paesaggistica e che, per l’effetto, sono radicalmente insanabili e destinati esclusivamente, qualora siamo effettivamente in uno stato di diritto, alla demolizione;

 

tutto ciò

SIGNIFICA, ESPONE e DENUNCIA

 

        affinché i soggetti competenti provvedano ad accertare:

o   la doverosità della preventiva intesa della Regione Toscana e del MIBAC con il MINAMBIENTE ai fini di concertare le modalità di elaborazione del piano paesaggistico ex art. 143 del cd. Codice del Paesaggio;

o   la validità della DCR n. 95 del 11/3/1986 ai fini dello svincolo paesaggistico di fiumi e torrenti, e ciò anche per quanto ne consegue;

o   la sussistenza, o meno, nel proposto nuovo piano paesaggistico di surrettizi condoni paesaggistici;

o   la legittimità costituzionale di un progetto di piano paesaggistico, di cui è prevista, in divenire, l’adozione ad opera del Consiglio regionale, che stato redatto senza che il contenuto sia stato oggetto d’intesa con il MINAMBIENTE. E ciò anche al fine di evitare, in via preventiva e per pari trattamento, un’eventuale futura impugnativa del piano paesaggistico in divenire da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri;

o   se il MINAMBIENTE aveva – ed ha – obblighi di denuncia della propria estromissione dalla concertazione del contenuto del piano paesaggistico della Regione Toscana;

o   se le attività poste in essere dalle strutture ed organi regionali e statali integrino o meno i presupposti per responsabilità penali ed erariali, non solo riguardo ai redatti progetti di piano paesaggistico (anni 2009 e 2014), ma anche per aver consentito l’edificazione in zone alluvionabili senza che  sia mai stata valutata la necessità di conservazione dei beni ambientali nella fascia di metri 150 da fiumi e torrenti.

 

Poggibonsi, lì 20 febbraio 2014

 

F.to Massimo Grisanti

 

 

 

 

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