La proposta dell’Italicum spacca il Pd. Il presidente Cuperlo si dimette in polemica con Renzi. «No al pensiero unico». Il segretario precisa: «Sono un sostenitore delle preferenze. Purtroppo su questo punto si è registrata una netta ostilità di Forza Italia». La riforma elettorale slitta a fine mese.
Cuperlo lascia la presidenza dei democratici, «allarmato per la concezione che il segretario ha del Pd e del confronto ». Il partito, lamenta, non può piegare verso «l’omologazione di linguaggio e di pensiero». Renzi è «dispiaciuto», ma in sostanza prende atto e non arretra di un centimetro rispetto alle bordate lanciate in direzione contro il presidente: «Ti ho solo chiesto spiegazioni. Le critiche si fanno e si prendono. Non si bloccano le riforme per le dinamiche delle correnti». Chiedere a Cuperlo di ripensarci? Niente da fare, «questa è una vecchia liturgia, quando ti sei dimesso, ti sei dimesso», e il segretario già pensa al sostituto: «Spero che non faccia parte del mio giro stretto». Già in pista i nomi di Epifani e del ministro Orlando. Crisi aperta dunque ai vertici del partito, la prima “vittima” dell’Italicum è il presidente, e con lui si schiera la minoranza bersaniana in polemica con il segretario che procede a rullo compressore. Cesare Damiano al segretario ricorda che «errare è umano ma perseverare è diabolico».
Non è un problema personale spiega Cuperlo nella lettera di dimissioni, né si tratta di una ripicca per lo scontro duro di due giorni fa in direzione. Il presidente che prende la parola per bocciare l’accordo sulla legge elettorale, chiedendo le primarie per legge o le preferenze. Renzi che gli risponde a muso duro, «parli tu che sei stato eletto senza passare dalle primarie ». Cuperlo che a quel punto prende cappello e molla la riunione. Dopo una notte di riflessione, ecco le dimissioni. Irrevocabili, spiega, perché gli appelli a restare (anche da parte di Enrico Letta) non gli faranno cambiare idea, «pure perché non ho visto tutto questo slancio». La sua lettera è un atto di accusa al segretario, «io ho posto il problema politico delle liste e tu mi hai risposto con un attacco sul piano personale, ma il Pd è una comunità politica».
Si apre un rischio scissione? L’ex presidente smentisce, «mi sono dimesso per un gesto di amore nei confronti del Pd, che resta il mio partito, e al quale mi dedicherò con affetto: questo è il nostro partito, lo è stato e lo sarà». Si impegnerà, in pratica a questo punto come capo dell’opposizione interna, «per correggere questi atteggiamenti prima che si producano degenerazioni». I veri leader, aggiunge poi a “Ballarò”, «dirigono e non comandano ». Dimissioni non dettate da «alcun sentimento di invidia e tanto meno di rancore», e neppure per l’assenza «di un cenno di solidarietà di fronte ad una richiesta avanzata con motivazioni alquanto discutibili» (qualche esponente Pd infatti, subito dopo l’intervento di Cuperlo, ne aveva immediatamente chiesto la testa).
Il segretario respinge al mittente le obiezioni, «non siamo un partito di plastica, le critiche si fanno e si ricevono, a me hanno dato del fascistoide», e spiega che non può essere il Pd a toccare il punto sulle preferenze mentre i cambiamenti si possono fare in Parlamento, «se no rischia di venire giù tutto». E nessuno può dire che c’è un problema di democrazia interna nel Pd. «Io ho vinto le primarie con il 70 per cento. Potevo dire a Cuperlo “ciao, ciao”. E invece il giorno dopo mi sono messo in ginocchio per fargli accettare la presidenza del partito». Con fatica, ricostruisce ora il segretario. «Lui ha chiesto di parlarci in modo franco e diretto, e mi ha attaccato duramente sulle liste bloccate. Gli ho solo chiesto perchè non ha usato quello stesso tono quando, insieme a molti anche miei amici, è stato inserito nel listino senza passare dalle primarie per i parlamentari. Se questo giustifica le dimissioni, le rispetto ma non condivido”
Renzi riesce a dialogare e trovare un accordo con Berlusconi e non riesce a trovare un’intesa con il proprio Presidente: è veramente una comica.