tratto da   www.corriere.it

 

di Ernesto Galli della Loggia

 

 

 

La decisione del presidente Napolitano circa la necessità di una verifica parlamentare per il governo Letta è difficilmente confutabile. Infatti con lo sfaldamento del Pdl, e l’uscita di Forza Italia dalla coalizione, l’esecutivo conserva la maggioranza, ma la sua natura politica è radicalmente mutata. Da un governo Destra-Sinistra – cioè Pd-Pdl (numericamente autosufficienti) più altri – si è trasformato in un governo di Sinistra-Centro. Nel quale è il Partito democratico, per l’appunto, a rappresentare in entrambe le Camere il nucleo forte, mentre il Centro, costituito da Scelta Civica-Udc più il Nuovo centrodestra (Ncd) di Alfano, svolge la parte di comprimario.

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Coincide con questo spostamento dell’asse politico del governo – e in certo senso lo ha reso possibile e insieme ne è un frutto – un secondo e più importante mutamento: la democristianizzazione del Pd. Vale a dire il progressivo ma ormai compiuto assorbimento-imitazione da parte del Partito democratico non solo della funzione sistemica, ma pure dei caratteri interni propri di quella che fu la Democrazia cristiana. Una tale democristianizzazione del Pd si è prodotta non casualmente via via che il sistema politico della cosiddetta Seconda Repubblica andava perdendo il suo parziale carattere bipolare per indirizzarsi verso una riedizione della frantumazione parlamentarista della Prima Repubblica, frutto a suo tempo della proporzionale. Alla quale – di nuovo non a caso – anche la Seconda sembra ora ineluttabilmente condannata a tornare. Un parlamentarismo proporzionalistico che, se non vuole naufragare nel nulla, deve però necessariamente organizzarsi intorno a un partito cardine. Che ieri era la Dc, e oggi è per l’appunto il Pd.

 

Il Partito democratico si candida a essere un tale partito innanzitutto a causa della neoacquisita posizione di centralità nella topografia parlamentare: dal momento che oggi esso si trova di fatto ad essere la componente principale di un governo che alla Camera deve fronteggiare allo stesso tempo una consistente opposizione di sinistra (all’incirca 130 deputati) e una poco minore opposizione di destra. Ricorda questo qualcosa a qualcuno? Non fu forse precisamente questa, per 40 anni, la situazione della Dc? 

 

La centralità «democristiana» del Pdgli viene anche dal fatto di essere oggi il solo e vero «partito delle istituzioni». In realtà esso lo è fin dagli Anni 90, a causa del fallimento che la Destra ha fatto registrare pure su questo terreno. Non riuscendo a distinguersi neppure in minima parte dalla figura di Berlusconi, dalla sua immagine «corsara», erratica e improvvisatrice, la Destra politica, infatti, non è mai riuscita a liberarsi di qualcosa di casuale e provvisorio, di incompatibile con la stabilità nel tempo, con il senso del passato storico, con l’affidabilità e con gli aspetti legalistico-formali che sono propri della dimensione istituzionale. Verso la quale, invece, la sinistra di origine comunista ha sempre mostrato tradizionalmente una grande attenzione. Il risultato è che da molto tempo la gran parte dell’establishment italiano, nello Stato e nella società, si riconosce nel Pd.

 

Ma naturalmente essere «come la Dc», cominciare ad occupare una posizione centrale analoga alla sua nella costellazione del potere, ha un prezzo: quello di finire per occuparsi, appunto, solo del potere. E dunque trasformarsi in un ceto burocratico-politico senza idee e senza progetti, diviso in correnti ferocemente in lotta, la cui principale attività, al centro come in periferia, diviene di fatto la spartizione dei posti e delle risorse: proprio quello che oggi il Pd rischia sempre più di diventare.

 

 

 

 

3 Commenti a “Il PD: democristiani loro malgrado”

  • Roberto Ovi says:

    L’ottimo articolo del filosofo politologo Ernesto Galli della Loggia mette bene in evidenza l’evoluzione neodemocristiana del Partito Democratico, che nelle ambiziose intenzioni dei fondatori avrebbe dovuto riunire tutto il meglio delle diverse anime democratiche (DC, PSI, PSDI, PRI, PLI) e pseudodemocratiche (PCI) della politica italiana del dopoguerra.
    Un’unione che nasceva, si affermava con orgoglio, per difendere le istituzioni e la costituzione italiana da forze e movimenti populisti (Forza Italia), post fascisti (MSI, poi AN), se non addirittura separatisti, antidemocratici e razzisti (Lega Nord), venuti a galla nella cosiddetta “seconda repubblica”.
    Tra i propri padrini, non a caso, c’era Don Dossetti, democristiano basista di sinistra e già vicesegretario del partito dello scudocrociato prima di prendere i voti ecclesiali nel 1954, feroce oppositore del centrismo liberale e conservatore degasperiano, giudicato erroneamente un periodo di conservazione, e punto di riferimento dei cosiddetti professorini (Fanfani, La Pira) e suoi epigoni morotei e dorotei, tra i quali Zaccagnini, Forlani ed infine Martinazzoli, che hanno trasformato la DC in un partito di centro sinistra.
    Il partito democratico ha fallito il proprio compito perché, come insegnarono prima Don Luigi Sturzo e poi il filosofo Augusto Del Noce, era ed è impossibile fase sintesi comune delle due principali (sotto)culture politiche: PCI e sinistra democristiana.
    Ed il PD, come già la sinistra DC, che ha comandato la DC dagli inizi degli anni ottanta fino alla fine, la Margherita, il PDS e poi i DS, è diventata al contempo una struttura politicamente e culturalmente sempre più vuota ed una potentissima macchina per la gestione del potere, senza alcuna capacità autonoma di iniziativa politica, soprattutto riformista. Un struttura che non sa più rispondere alle sollecitazioni del proprio elettorato.
    Che le premesse di questo percorso non fossero incoraggianti lo sottolineava già nel 1997 un documento elaborato da Fabrizio Rondolino e Claudio Velardi per D’Alema, che parlava del “desolante stato del PDS, il cui gruppo dirigente nazionale è formato in gran parte da inetti … Il PDS partito è un simulacro che potrà sopravvivere più o meno a lungo, ma a noi non serve e soprattutto non interessa. Dobbiamo invece pensare al PDS come a una rete di relazioni, da un lato, e, dall’altro, come a una delle componenti del comitato elettorale di Massimo D’Alema”.
    Questo formidabile sistema di potere si è fuso con quello altrettanto oleato della sinistra democristiana e per esso, come sottolinea giustamente Galli Della Loggia, batte il cuore dell’establishment italiano, ma non quello della parte maggioritaria dell’elettorato.
    Comanda di fatto l’Italia anche quando vince Berlusconi. Ma è sempre più lontano dal proprio elettorato di riferimento. La tanto decantata questione morale? Meglio non parlarne.
    Il PD è una santabarbara che, prima o poi, salterà in aria, Esattamente come il PDL e poi Forza Italia. Il rischio più grosso, manco a dirlo, è consegnare l’Italia non ai democristiani, bensì ai democristianacci, quelli sempre a caccia di un poltrona. Come si diceva? Ah sì … moriranno democristiani. Anzi no, democristianacci

  • Roberto Ovi says:

    Sono proprio terrorizzati da questi DC

    tanto a destra

    http://www.lastampa.it/2014/10/02/italia/politica/berlusconifitto-scontro-frontale-j0GZZA2UfbIjFeT7aKQK3H/pagina.html

    quanto a sinistra

    http://www.comune.scandicci.fi.it/rassegne/bancadati/20131210/SIT2102.PDF

    Forse perché chi credeva di essere meglio, si è rivelato molto peggio

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