Fonte: L’ UNITA’
25 novembre 2013
Rubrica: Economia
Stop ai fondi per le Regioni agli Stati coi conti in rosso
MARCO MONGIELLO BRUXELLES
Niente conti in ordine a livello nazionale, niente fondi europei alle Regioni. Altro che allentamento del rigore.
Dal primo gennaio dell’anno prossimo la violazione dei vincoli della disciplina di bilancio potrebbe costare molto più cara all’Italia della clausola di flessibilità sugli investimenti da 3 miliardi di euro di cui si discute oggi.
Dopo oltre un anno di duri negoziati con i governi la settimana scorsa a Strasburgo il Parlamento europeo ha approvato in seduta plenaria le norme per l’attuazione della politica Ue di coesione per il periodo 2014-2020. Si tratta dell’insieme di regole che disciplinano i diversi fondi strutturali utilizzati dalle amministrazioni locali. Il nuovo «quadro strategico comune» fornirà un orientamento coerente all’utilizzo dei finanziamenti europei in modo da integrare meglio le politiche comunitarie e semplificarne le procedure, concentrando gli investimenti su un numero limitato di temi collegati agli obiettivi per avere meno progetti, ma con una maggiore massa critica. Tra le nuove regole però è passata anche la cosiddetta «macrocondizionalità» voluta dalla Germania e dai Paesi del nord. in base a questo principio l’erogazione dei fondi strut
turali potrebbe essere sospesa nel caso di uno Stato membro che non rispetti le indicazioni di Bruxelles sugli squilibri macroeconomici o sul deficit di bilancio eccessivo. Così le Regioni e le amministrazioni locali, anche se virtuose, potrebbero pagare le spese delle inadempienze dei governi centrali. A rischio ci sono ben 29 miliardi di euro, il totale comprensivo dei cofinanziamenti dei fondi strutturali assegnati all’Italia per i prossimi sette anni.
La regola, accettata dal governo Monti nel negoziato sul bilancio europeo dello scorso febbraio, ha scatenato l’opposizione di diversi eurodeputati dei Paesi dell’Europa meridionale e della sinistra. Gli europarlamentari italiani, spagnoli e portoghesi hanno presentato una serie di emendamenti per modificare il sistema della macrocondizionalità, ma il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz ha blindato il testo, mettendolo ai voti senza possibilità di cambiamenti. Di fronte alla scelta prendere o lasciare la maggioranza degli eurodeputati ha approvato le norme sulle politiche di coesione, ma la nuova regola sulla possibile sospensione dei fondi ha sollevato polemiche.
Si tratta di «una novità espressamente voluta dai Paesi rigoristi, che snatura il senso profondo e gli stessi principi ispiratori della coesione europea», ha protestato l’eurodeputato Pd Francesco De Angelis, membro della commissione parlamentare per lo sviluppo regionale e della squadra negoziale del Parlamento europeo sul futuro della politica di coesione. «Per noi ha spiegato – il tema era ancora una volta quello di liberare l’Europa dai gangli dell’austerità finanziaria, di ricominciare a investire nella crescita e nell’occupazione. Eppure il compromesso raggiunto non solo conferma i propositi di governaice macroeconomica avanzati a più riprese dalla Germania, ma non tiene neanche in considerazione la nostra proposta, presentata già molti mesi fa, per una “golden rule” che sottragga le spese di co-finanziamento sostenute dagli Stati dal calcolo dei parametri del Patto di stabilità e crescita».
Secondo l’eurodeputato Pd Andrea Cozzolino «per Paesi come l’Italia, in particolare per le Regioni del Sud, diventerà sempre più complicato utilizzare i fondi per lo sviluppo messi a disposizione dell’Unione europea». Impedire una vera discussione sul testo in plenaria «è stato un grave errore», ha denunciato Cozzolino. «In questo modo, hanno vinto, ancora una volta, gli interessi nazionali di quegli Stati Membri, in primo luogo la Germania, decisi a portare avanti una politica economica fondata esclusivamente sul rigore».