IL SOLE 24ORE
24 novembre 2013
Paesaggio, braccio di ferro sui piani
Per ora c’è solo la Puglia ad aver raggiunto il traguardo della pianificazione paesaggistica fatta di comune accordo tra regioni e ministero dei Beni culturali. In tutte le altre realtà il lavoro va avanti, con alterne vicende. Ci sono regioni in cui il protocollo d’intesa con Roma per avviare l’attività di copianificazione deve ancora essere firmato e altre dove i tecnici si sono già riuniti e stanno studiando i nuovivincoli per il territorio. Con il caso particolare della Sardegna.
Nella regione flagellata dai disastri dei giorni scorsi ministero e Regione in primavera si erano seduti attorno a un tavolo per aggiornare il piano paesaggistico, riferito alle zone costi ere, voluto nel 20o6 dall’allora governatore Renato Soru. «Mentre i lavori procedevano – spiega Maria Assunta Lorrai, a capo della direzione regionale dei Beni culturali – a ottobre all’improvviso la Regione si è presentata con un proprio piano paesaggistico approvato in via preliminare». Con buona pace della copianificazione e con conseguenti riserve da parte del ministero sia sulla procedura che nel merito. «Il piano regionale – prosegue Lorrai oltre a non essere stato concordato, a una prima analisi risulta più elastico, in termini di tutela, del precedente». Ecco perché l’ufficio legislativo dei Beni culturali è al lavoro per valutareil da farsi nei confronti della giunta Cappellacci.
Eppure il piano paesaggistico così come disegnato dal codice dei beni culturali (Dlgs 42/2004) è uno strumento fondamentale per una corretta gestione del territorio e per evitare catastrofi come quella dei giorni scorsi. Basta guardare alcuni passaggi dell’articolo 143 del codice per rendersene conto. Tra le altre funzioni, al piano paesaggistico spetta l’«analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio ai fini dell’individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio» e 1’«individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate».
Questo non vuol dire che fino a oggi le regioni siano state sprovviste di strumenti di tutela. «A eccezione della Calabria – spiega Roberto Banchini, responsabile dell’ufficio per ilpaesaggio al ministero dei Beni culturali – tutte le altre realtà hanno normative che difendono il territorio. Il codice ha, però, previsto un cambio di passo e la copianificazione permette anche di introdurre criteri di protezione omogenei a livello nazionale».
Si tratta di un lavoro lungo e complicato, che deve mettere d’accordo le esigenze regionali, non di rado portate ad allentare i vincoli, con quelle di difesa di un territorio già pesantemente compromesso in molte sue parti. Ecco perché la copianificazione ha per ora raggiunto il traguardo solo in Puglia, anche se in Toscana, Marche e Piemonte non si è distanti dall’obiettivo e così, seppure un passo indietro, in Veneto e Umbria.
Certo, ci sono poi realtà, come il Molise, dove al momento non è stato fatto alcun tentativo di intesa con il ministero e altre, come l’Abruzzo e la Campania, dove l’attività di predisposizione del piano era stata avviata ma si è dovuta interrompere, nel primo caso anche a causa del terremoto e nell’altro per una riorganizzazione interna alla Regione. Il caso Sardegna, però, resta unico.