Fonte: IL TIRRENO

11 novembre 2013

Panorama politico

 

 

Pd, psicodramma e poi la tregua armata Alta tensione al congresso provinciale: tra paure di “golpe”, fischi e applausi, solo a tarda sera l’accordo su nomi e ruoli

 

 

di Gabriele Baldanzi GROSSETO

 

 

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Il congresso del Pd alla Fattoria La Principina si chiude quando manca poco al fischio d’inizio del big match Juventus-Napoli. Ben oltre i tempi previsti nel programma. Una giornata convulsa, con una miriade di tavoli, capannelli, veti, veleni e colpi bassi. Fino all’ultimo. Barbara Pinzuti da oggi è a tutti gli effetti il nuovo segretario ma è sulla direzione, sui ruoli, che si è discusso fino allo stremo. L’assemblea del Pd si era riunita alle 10,30, tra mille incertezze. Nell’aria la minaccia costante di un golpe da parte dei Giaguarenzi, che _ in virtù delle assenze tra gli “avversari” _ avrebbero avuto, così pare, la maggioranza dei delegati in sala, sia al mattino sia al pomeriggio, potendo quindi determinare e incanalare le scelte più importanti. E’ stata proprio la Pinzuti ad aprire i lavori. Dopo la lettura, di fronte a circa 220 delegati provinciali (c’erano una quarantina di defezioni), dei risultati delle elezioni nei 60 circoli maremmani, c’è stata la proclamazione. Poi la relazione d’insediamento. Ma i numeri risicati, la vittoria di stretta misura del gruppo riconducibile al deputato Sani e al vicesindaco di Grosseto Borghi, ha costretto da subito le due fazioni a una complessa mediazione. Il congresso più che nella sala Sovana si è svolto nei corridoi e nelle stanze adiacenti dove è stato un susseguirsi di riunioni, incontri, discussioni. Quando, in mattinata, la proposta di rieleggere Federico Balocchi presidente dell’assemblea è stata respinta, al tavolo di presidenza (coordinato da Alessandro Militello) si è deciso di costituire una commissione ad hoc così da produrre, in separata sede, una proposta complessiva su nomi e ruoli del nuovo Pd maremmano. Nella commissione che avrebbe dovuto decidere la presidenza dell’assemblea, la composizione della direzione e i membri del comitato dei garanti, sono stati inseriti però più falchi che colombe. E così il compito di fare sintesi non è riuscito. Alle 17, dopo ore di trattative, i dieci saggi (si fa per dire) sono usciti con una mezza soluzione e un’overdose di nervosismo. Pomo della discordia _ pare _ la presidenza della direzione. Nel frattempo il dibattito congressuale era proseguito stancamente, con la maggior parte dei delegati ad aspettare l’esito di un’operazione diplomatica al limite dell’impossibile. Nel tardo pomeriggio i fuochi d’artificio. Prima il lungo intervento di Marco Simiani, che ha rotto gli indugi chiedendo uno sforzo di condivisione sul nome del presidente dell’assemblea e lanciando Riccardo Vannozzi, poi la replica tiepida di Paolo Borghi, quindi Leonardo Marras («Stiamo facendo una brutta figura che non possiamo permetterci, vediamo di chiudere. Fuori ci guardano…»), infine Giancarlo Bastianini, interrotto un paio di volte da urla e fischi provenienti dai renziani in fondo alla sala. C’è voluta una chiacchierata, occhi negli occhi, a denti stretti, tra Borghi e Marras per arrivare a una tregua sul nome di Vannozzi, un quasi equilibrio in direzione (35 a 30) e il patto che a presiederla non verrà chiamato Massimo Alessandri (paletto dei borghiani). All’ora di cena è arrivato sul tavolo il lodo su cui poi si è votato, in modo palese: Vannozzi a presiedere l’assemblea e uomini di Simiani (ma non riconducibili a Marras) a coordinare direzione e garanti. Difficile, alla fine, dire chi ha vinto e chi ha perso. Franco Ulivieri, delegato amiatino, rivolgendosi all’imprenditore Tosti (entrambi renziani), con una battuta ha ben sintetizzato il risultato: «Oggi s’ammazzava il maiale e alla fine è andata bene: mezzo lo portiamo a casa. Ci volevano dare solo una spalla e qualche salsiccia…»

 

 

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