Fonte: CORRIERE FIORENTINO
05 novembre 2013
Rubrica: Ambiente
Camion di veleni in Campania
Anche la Toscana ha avvelenato la Campania. Il 7 ottobre del 1997 Carmine Schiavone, ex camorrista collaboratore di giustizia e cugino dei più noto «Sandokan», si presenta alla Commissione d’inchiesta bicamerale d’inchiesta sul traffico illecito di rifiuti presieduta da Massimo Scalfa con tre documenti. Sono la «prova» che il suo camion, oltre che quelli di molte altre aziende, erano autorizzati a portare rifiuti speciali: solo che invece che in discariche autorizzate, finivano in campi coltivati, in buche che inquinavano falde acquifere. Gli atti sono della Provincia di Massa e Carrara, riguardano anche una ditta di Santa Croce sull’Arno. E afferma: il suo camion (un 190-38 turbo, fa annotare nel corso dell’audizione) è stato a caricare rifiuti speciali «a Massa Carrara e Santa Croce sull’Arno». «E un singolo camion?» domanda il presidente. «Nella documentazione che ho portato c’è un lungo elenco». «Eravate quindi soprattutto voi che mandavate dei camion a ritirare i rifiuti?». E la riposta è si: soprattutte due persone che Schiavone indica come gli organizzatori del business che sta uccidendo mezza Campania. Quei rifiuti nocivi partivano dalal Toscana per essere trattati in Campania, dove finivano invece in terreni agricoli. Una situazione che già nel ’97 portava Schiavone a dire: «Tra venti anni saranno tutti morti di cancro» in quel triangolo della Campania chiamato «Terra dei fuochi», perché i rifiuti venivano – a volte – anche bruciati.
Tutto questo emerge dagli atti desecretati dalla presidente della Camera Laura Boldrini su richiesta dei gruppi presenti a Montecitorio, dove Schiavone più volte cita collegamenti con la nostra regione: quando indica i legami di un avvocato che gestiva l’organizzazione: «So che lavorava a Milano, Arezzo, Pistoia, Massa Carrara, Santa Croce sull’Arno, La Spezia». Ancora: «Vi erano fusti che contenevano tuolene, ovvero rifiuti provenienti da fabbriche della zona di Arezzo: si tratta di residui di pitture». E se in Campania la camorra riusciva a scegliere «106 sindac » per avere il controllo del territorio, nel resto d’Italia c’erano altri tipi di contatti con «circoli», alcuni «massonici». Schiavone cita di nuovo Arezzo: «Faccio un solo nome», ii responsabile della gestione di questo traffico di rifiuti che lui indica negli atti «stava molto bene con un signore che si chiama Licio Gelli».
Da allora, nonostante quegli atti tenuti segreti, gli investigatori hanno fatto molto, ma sempre poco si è parlato di questo aspetto che lega la nostra regione alla Campania. E anche se la Toscana appare, dal punto di vista dei controlli e della legge, all’avanguardia, resta terra di conquista per un mercato che vale tre volte quello dei rifiuti urbani.
Lo sa bene la Commissione regionale ambiente che, fino al 2010, ha verificato lo «stato dell’arte» su questo settore. «Rifiuti speciali e industriali anche pericolosi dalla Toscana sono stati inviati verso siti di smaltimento abusivi di altre regioni italiane – ricorda l’allora presidente e ora sottosegretario Erasmo D’Angelis – ci furono frodi e camuffamenti di tonnellate di rifiuti speciali avvenuti in Toscana, messa in atto di diverse modalità di aggiramento delle normative ambientali».
Furono trovate discariche abusive anche in Toscana, che è restata luogo di «triangolazione» di rifiuti che venivano portati in Campania. Ma anche in Puglia, in Lazio, confermano gli atti della stessa Commisione bicamerale chiusa nel 2011. Lo confermano le 6 grandi inchieste nate in Toscana dal 2003. Difficilmente però sapremo mai quanti dei (presunti) tre milioni di metri cubi di sostanze tossiche arrivate in Campania provengono, o sono passati dalla Toscana.
Marzo Fatucchi marzío.fatucchí