IL TIRRENO

27 ottobre 2013

Ambiente

 

 

Carapax, solo macerie di un’idea geniale. Un tempo accoglieva scolaresche e turisti, anche ventimila all’anno: dopo il sequestro gli unici visitatori sono i custodi

 

 

di Alfredo Faetti MASSA MARITTIMA Il colpo d’occhio direbbe che questa distesa altro non è che un campo abbandonato, ricoperto da erbacce e piante secche. Una volta notate le gabbie a terra e le vecchie strutture ridotte a macerie, invece, si capisce che in quest’area un tempo era nato un progetto. Ma a riportarci alla triste realtà sono quelle piccole teste verdi e rosse che fanno capolino da uno stagno schiumoso. Ne spunta una e nel giro di una manciata di secondi sono decine, pronte a salirsi una sul guscio dell’altra. Sono le tartarughe acquatiche a dire che quella distesa desolante attorno allo stagno sono i resti del Carapax, il centro zoologico un tempo fiore all’occhiello del territorio, oggi sfregiato dai segni più evidenti dell’abbandono. È un viaggio dentro l’anima di uno scandalo, di un fallimento, a cui ancora non si è ancora data una risposta. Quanto possono cambiare le cose di fronte allo stesso sguardo… Un tempo, il Centro Carapax accoglieva gite scolastiche e turisti da tutto il mondo. C’erano le tartarughe in quella fetta di paradiso a valle di Massa Marittima che nuotavano negli stagni, c’erano gli asinelli e persino le cicogne. C’erano progetti per la salvaguardia e la riproduzione di questi animali. C’erano tavoli, cucina e bagni per fare campeggio e ospitare gli studiosi del settore. Un’idea brillante: ecco cos’era il Carapax, finanziata anche attraverso contributi pubblici. Ma gli scandali giudiziari del suo presidente Donato Ballasina (oggi latitante, è stato ed è al centro di numerosi procedimenti penali proprio concernenti il Carapax) ha portato nel 2010 la magistratura a mettere i lucchetti ai cancelli del centro. E da allora è rimasto chiuso, sotto sequestro, nonostante gli appelli da parte di operatori e cittadini per farlo riaprire. Ci sono ancora delle indagini da fare, ci sono delle inchieste da chiudere e dei conti da saldare. A non esserci più sono le cicogne. Ogni tanto, raccontano dai poderi che circondano il Carapax di Pian delle Venelle, ne spunta una da dietro i monti e arriva a cercare alloggio come un tempo. Ma le strutture che ospitavano gli uccelli sono crollate a terra. Da progetto per la salvaguardia della specie a un’insulsa fila di pali di legno barcollanti da cui pende una rete verde, circondata da sterpaglie ed erba incolta. Chi ha buona memoria, si ricorderà che c’era anche un traliccio dove le cicogne avevano costruito il loro nido, ritenuto in qualche modo il simbolo del progetto ornitologico. E anche questo, adesso, non poteva che essere decadente, con la cima ormai spoglia di qualsiasi nido. Le tartarughe, invece, ci sono ancora. Non tutte, certo, visto che a centinaia sono state trasferite in altri centri così che possano essere accudite. Molte però sono rimaste lì. Sono esemplari particolari: tartarughe acquatiche americane «dalle guance rosse». Sono aggressive, carnivore e non possono essere liberate. Così sono rimaste in questi stagni, dove l’acqua è schiumosa e ricoperta di canneti. Basta sporgersi per vederne spuntare una, ma è un attimo: come sentono avvicinarsi qualcuno escono tutte insieme, pronte ad accalcarsi una sopra l’altra, spinte in maniera irrefrenabile verso l’estraneo. La specie invece che è sparita del tutto dal centro è una delle più pregiate e ricercate dei nostri tempi: il visitatore. Basta sfogliare i registri del 2007 per vedere come il Carapax fosse meta ogni anno di 20mila persone, tra turisti e gite scolastiche. Migliaia di turisti che raggiungevano Massa Marittima per almeno una giornata, trovando quella fetta di paradiso piena di animali nei depliant nelle agenzie, senza contare gli studiosi e gli appassionati del caso. C’erano anche delle strutture, dentro l’area, per poterli ospitare: tavoli da pic nic, bagni e una cucina, a due passi dagli stagni. Ma i tavoli sono venuti giù, i bagni lasciati a loro stessi e la cucina si è ricoperta di ruggine, ridotta ad un container ormai buono a nulla. Anche i sentieri che circondano questa zona sono segnati dal declino, con forati di cemento lasciati qua e là, erba alta e spazzatura lasciata chissà da chi. Non c’è più niente al Carapax. Fuori forse sì, con i progetti avviati insieme all’Università di Pisa e ad altre sedi specializzate per rilanciare il centro e gli annunci degli enti coinvolti (il Comune di Massa Marittima e l’Unione dei Comuni) che da tempo assicurano la riapertura, aspettando il lavoro della magistratura. Allo stesso tempo, i dipendenti della Comunità Montana sorvegliano e nutrono gli animali ancora presenti a Pian delle Venelle. C’è lavoro costante, insomma, ma fuori dai cancelli. Dentro, invece, non è rimasto nulla.

 

 

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