Fonte: IL TIRRENO

25 ottobre 2013

 

Rubrica: Economia

«Se chiude l’altoforno siamo nei guai» Il problema-Lucchini interessa anche centinaia di operai di Follonica, Scarlino e Gavorrano. Ieri erano alla manifestazione

 

di Alfredo Faetti FOLLONICA Non è un problema soltanto di Piombino. È una minaccia che si allarga a macchia d’olio e arriva fino nella zona nord della Maremma, dove i dipendenti della Lucchini sono centinaia. Contando l’indotto e allargando il raggio fino a Grosseto, s’arriva a un migliaio di lavoratori. «Se crolla il polo di Piombino finiremo tutti a terra con lui» dice Gianni, grossetano, operaio della Lucchini. Il cielo è grigio quando la manifestazione si mette in marcia, pronta a bloccare l’Aurelia nel tratto Livorno- Grosseto per dar voce alle proprie paure. «Se chiude l’altoforno, davvero, non so cosa succederà». È questo il punto che anche ieri ha spinto decine di maremmani verso Venturina, ritrovo della protesta. Il commissario delle acciaierie e a quanto sembra anche il governo sono intenzionate a spegnere al massimo entro gennaio il vecchio altoforno, in vista di una conversione con nuove tecniche, come il forno elettrico o il Corex. Il problema, dicono i sindacati e i lavoratori, è che questo periodo di transizione (lungo almeno due anni) non può essere affrontano con l’altoforno chiuso, che significherebbe cassa integrazione per tutti. «E noi cosa facciamo? – si chiede un operaio di Follonica – Io ho cinquant’anni e non saprei da dove ripartire. Due anni sono lunghi e le bollette non vanno in cassa integrazione». Il corteo inizia a muoversi intorno alle 9 e punta dritto verso l’Aurelia. Le facce sono sorridenti, perché l’affluenza è alta e l’unità fa pensare che a qualcuno il messaggio arriverà. «Siete così sicuri? – continua Gianni – Sono anni che va avanti così, ma ogni volta tutto riparte da capo». Ha ragione l’operaio. Esattamente un anno fa i dipendenti della Lucchini erano qua, su questa stessa strada a cantare gli stessi slogan. «Ma questa volta sono un po’ più preoccupato – continua – Il governo negli anni passati quanto meno diceva di essere al nostro fianco. Ora invece sembra sia d’accordo con la chiusura dell’altoforno». C’è una differenza rispetto alla manifestazione dell’ottobre 2012. Quel giorno accanto ai lavoratori c’erano anche il sindaco di Follonica, Eleonora Baldi, e i suoi assessori. «La crisi che tocca Piombino ci coinvolge direttamente» ha spiegato allora il sindaco. Concetto ripreso pochi giorni fa dallo stesso Pd follonichese. «Guardiamo con profonda preoccupazione alla vicenda piombinese e alle ricadute che avrebbe la chiusura dello stabilimento Lucchini sul nostro territorio». Ieri la Baldi non c’era, così come tutte le altre istituzioni della val di Cornia. Ieri c’erano solo gli operai. «Io sono due anni che lavoro alle acciaierie, dopo aver cercato un posto da diverso tempo – racconta un dipendente che ogni giorno fa il pendolare da Massa Marittima – Ora davvero non vorrei ripartire da capo». Intorno a mezzogiorno il nubifragio che si è abbattuto sulle Colline Metallifere inizia a dirigersi verso Venturina. Le prime gocce di pioggia fanno da spia: i manifestanti decidono così di arrotolare di nuovo gli striscioni e tornarsene a casa, sempre con quella morsa nello stomaco quando pensano al futuro. «Dalla busta paga ogni dipendente perde circa 350 euro, contando i premi di produzione, le maggiorazioni e tutto il resto» spiega Gianfranco di Follonica. «Io ho due figlie: una studia alla scuola superiore e l’altra all’università. E l’affitto lì costa circa 300 euro al mese» dice Massimo, di Bagno di Gavorrano. «È dura, davvero dura».

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