Fonte: IL TIRRENO
19 ottobre 2013
Crolla un ponte, isolati dopo l’alluvione
MASSA MARITTIMA Una bomba d’acqua, un fosso che si riempie, qualche sasso spostato e boom, rimani senza la strada che porta a casa. Sono segni profondi quelli lasciati dall’ultima alluvione che ha colpito le Colline Metallifere. Sono segni che forse resteranno indelebili. È la preoccupazione di Roberto Paradisi, pensionato, e della signora Mag, una donna svizzera trapiantata in Maremma da diversi anni. Loro abitano su una collina, in una casa immersa nel verde, dove ora arrivarci è quasi impossibile. Serve percorrere strade sterrate, arrampicarsi attraverso salite piene di buche, entrare e uscire dall’area del Carapax, richiudendo sempre i cancelli dopo il passaggio. Lassù, in mezzo a tutto quel verde, un’ambulanza non può arrivare. «Io ho il diabete: se mi sento male cosa succede?», si chiede Paradisi. Ma la vita contadina dei due non è sempre stata così complicata. Prima bastava imboccare la strada della Marsiliana, attraversare un piccolo ponte e in due chilometri erano a casa. Oggi non è più così, perché la bomba d’acqua, forse aiutata dalla mano dell’uomo, ha fatto saltare il piccolo passaggio. «Non lo ricostruiranno più: non interessa a nessuno» dice Paradisi. E quindi come continuare a vivere dignitosamente? «Serve un’alternativa: prego le istituzioni affinché intervengano». Ricapitoliamo. Paradisi e la signora Mag vivono con la pensione di lui arrotondata da attività agricole come la raccolta di olive o legna. Hanno la loro terra e pagano le tasse. Una tranquilla vita contadina spazzata via dall’alluvione. Cinque giorni prima delle piogge, infatti, i dipendenti dell’Unione dei Comuni si danno da fare per tagliare le canne che riempiono il letto del fosso che fiancheggia la strada della Marsiliana. «Queste canne poi hanno intasato il ponte e quando il torrente ha iniziato a riempirsi l’acqua non scorreva» racconta Paradisi. Così è arrivato un escavatore. «Secondo me – continua – ha spostato, anche inavvertitamente, dei sassi che sostenevano il ponte. Infatti ce ne sono alcuni distanti due o tre metri da lì». Se un ponte crolla, seguendo il ragionamento, i sassi non si spostano più in là: restano sotto. Fatto sta che sabato scorso un cacciatore ha attraversato il passaggio e al suo ritorno lo ha trovato franato. E ora iniziano i guai. «Non lo ricostruirà nessuno» sospira. Il ponte infatti è privato: appartiene a Paradisi e i due proprietari dei campi lì intorno, che hanno già fatto intendere che preferiscono lasciare tutto com’è piuttosto che iniziare i lavori. «Prima questa era la strada più veloce per arrivare al Carapax» spiega il pensionato. E questo, un tempo, avrebbe fatto sperare in un intervento del centro faunistico per rimettere in piedi la struttura. Ma ormai è caduto in disgrazia e «loro non faranno niente», dice sicuro Paradisi. E con il ponte ridotto a macerie (e così probabilmente resterà) per i due resta solo una strada percorribile, molto più lunga e sconnessa, senza considerare il passaggio per l’area Carapax. «La Prefettura, attraverso i carabinieri, mi ha dato l’autorizzazione per passare di qui. Ma ho l’obbligo di richiedere i due cancelli (all’entrara e all’uscita) dopo il passo. E sono pesanti. Mag non può farcela. Senza considerare gli amici che ci vogliono venire a trovare. O peggio se abbiamo bisogno di un’ambulanza». È un’odissea arrivare nella casa immersa nel verde, adesso. Lo è da quando quella bomba d’acqua si è abbattuta sulle colline metallifere. «Qualcuno deve darci una mano a trovare una strada alternativa – dice Paradisi – perché così noi non possiamo andare avanti».