Inaugurato il 20 Ottobre 1973 dalla Regina Elisabetta, l’Opera House di Sydney divenne subito un simbolo.
Per costruirlo ci vollero 14 anni e l’importo stanziato levitò di 14 volte.
Quarant’anni da icona di un Paese e di un continente; non proprio di una terra anonima e banale, ma di quell’Oceania in cui la natura regna sovrana.
I simboli da scalzare erano meraviglie come Uluru o la Barriera Corallina, la scogliera degli Apostoli vicino a Melbourne o il Milford Sound, in Nuova Zelanda, magico incrocio tra un fiordo norvegese, asperità alpine e colori tropicale, con le sue felci verde chiaro incastonate tra mare, cascate, strapiombi e la vetta aguzza del Mitre Peak.
Una concorrenza di siti naturali fortissima, e per un manufatto, neppure opera dei grandi artisti del Medioevo o del Rinascimento.
Ma l’Opera House di Sydney, con le sue “vele” idealmente collocate nel mezzo della baia, quasi a solcarla, ce l’ha fatta. Oggi il capolavoro del danese Jorn Utzon festeggia il quarantesimo compleanno: fu inaugurato il 20 ottobre 1973 dalla regina Elisabetta.
Alle celebrazioni prenderanno parte i discendenti del progettista nordico, ultimi di una dinastia che sforna architetti da quattro generazioni.
Unico possibile incomodo, gli incendi boschivi: come ormai accade sistematicamente tutte le estati, stanno già flagellando (nel Down-Under siamo appena a inizio primavera, fine aprile boreale per intenderci) i grandi parchi che circondano la più grande città australiana, in particolare il parco delle Blue Mountains.
La coltre di fumo che hanno prodotto ha letteralmente coperto la città, depositando ceneri rossastre anche sulle guglie del teatro: uno scenario che rischia di rovinare la festa.
Le cartoline con l’innovativo, originalissimo edificio, la cui costruzione richiese 18 anni (14 netti di costruzione, oltre ai 4 trascorsi dal momento in cui venne indetta la gara all’inizio dei lavori), venivano già prodotte – e spedite – a fine anni Sessanta, con l’edificio ancora incompleto, soprattutto all’interno.
E a chi le riceveva, in generale da parenti emigrati o da amici che di lavoro solcavano gli oceani, quella struttura diversa da tutto faceva subito scattare la molla, l’Australia dreaming; e dire che la sua genesi fu tutt’altro che esente da problemi e polemiche.
Il concorso per creare la nuova casa dell’Opera fu indetta nel 1955 e Jorn Utzon lo vinse due anni dopo tra 233 partecipanti.
Il progetto presentava tante “prime” assolute nell’architettura e, per questo, i 7 milioni di dollari australiani stimati all’inizio levitarono addirittura a 102: tanto che per finanziarlo, alla fine, ci volle una lotteria di stato.
Non era neanche tutta colpa dell’architetto danese, che, nel 1966 abbandonò il progetto per contrasti con l’allora nuovo governo del New South Wales: se è vero infatti che i costi, già saliti su valori dell’ordine dei 25 milioni di dollari, furono tra le cause dei contrasti, questi fecero l’ulteriore, drammatico balzo dopo la cacciata del designer.
Colpa, a quanto pare, della profonda revisione cui fu sottoposto l’interno del teatro, dove solo una delle sale coincide con il progetto originale.
Utzon non fu neanche invitato alla cerimonia inaugurane, e non vide mai l’opera completata; ottenne il Pritzker nel 2003 e riconoscimenti tardivi, se non addirittura postumi (è morto nel 2008) dal governo australiano.