Un blogger può essere condannato per il reato di diffamazione a mezzo stampa?
Come ha chiarito la Cassazione Penale, il blog non è qualificabile come prodotto editoriale, né come giornale online, né tanto meno come testata giornalistica informatica.
Il blog non è un modo diverso di fare giornalismo, per sfuggire alle relative normative, è semplicemente un “diario online” in cui il blogger, che di solito lo gestisce per diletto e nel tempo libero, esprime le proprie idee e opinioni, senza avere la pretesa di fare dell’informazione giornalistica.
Del resto, chiunque abbia un computer collegato ad internet, può diventare blogger. Esistono diversi siti che offrono la possibilità di creare un “diario online”, con la massima libertà per quanto riguarda la relativa gestione: dall’impostazione del sito (c.d. layout) alla scelta degli argomenti e alla cadenza degli aggiornamenti.
Ne consegue che per diventare blogger non è necessario essere giornalista professionista, e neppure pubblicista. Nessuna norma prevede che il blogger debba iscriversi all’ordine dei giornalisti, né superare alcun esame: non si tratta di un titolo professionale. Dunque, se il gestore di un blog, non può ottenere gli stessi “onori” del giornalista, non deve neppure avere gli stessi “oneri”. Le due figure non sono in alcun modo assimilabili.
Il giornalista gode del c.d. diritto di cronaca. In base a ciò ha la possibilità di divulgare anche notizie lesive dell’onore, qualora ricorrano tre condizioni giustamente restrittive: utilità sociale dell’informazione; verità oggettiva o anche solo putativa (ossia ritenuta tale dal giornalista), purché frutto di diligente lavoro di ricerca; forma civile dell’esposizione dei fatti e della loro valutazione, che non ecceda lo scopo informativo da conseguire e che sia improntata a leale chiarezza, evitando forme di offesa indiretta (c.d. continenza). La cronaca sostanzialmente è un’esposizione obiettiva di fatti allo scopo di fare informazione.
Il blogger invece gode del c.d. diritto di critica che è strettamente collegato alla libertà di pensiero garantita dall’art. 21 della Costituzione italiana. La critica è un’attività sostanzialmente valutativa, volta ad esprimere il proprio consenso o dissenso rispetto alle opinioni o alle condotte poste in essere da altri (in questo senso già il tribunale di Bologna con sentenza del 14 giugno 2001).
È naturale quindi che all’esercizio di questo diritto di critica sia legata una certa “aggressività” nei confronti del destinatario, il soggetto “criticato” appunto. Ma in questo caso non può essere richiesto il requisito della verità: un’opinione può essere valida o meno, condivisibile o no, ma difficilmente può essere considerata vera o falsa. Tuttavia, se non si vuole incorrere in sanzioni civili o penali, un requisito deve sussistere: quello della legittimità. La critica è legittima se fondata su fatti veri e non manipolati ad arte per sostenere una tesi, altrimenti assurda o infondata.
La notizia di recenti sentenze “punitive” verso i blogger ha giustamente messo in allarme i tanti appassionati che stanno costellando la rete di ogni genere di blog.
Il primo campanello d’allarme è suonato nel 2006 quando il Tribunale di Aosta ha condannato un blogger ritenendolo colpevole del reato di diffamazione a mezzo stampa. Più di recente, il Tribunale di Modica ha condannato un altro blogger per non aver fatto registrare il suo sito in Tribunale.
Il denominatore comune delle due sentenze è di aver equiparato il blog ad un giornale e di conseguenza averlo assoggettato alle medesime norme dettate in materia di stampa, compreso l’obbligo di registrare la pubblicazione in Tribunale e l’applicazione di una pena più grave per il caso di diffamazione. Da notare che il blogger, equiparato al direttore di un giornale, dovrebbe perciò rispondere anche delle frasi diffamatorie inserite nei commenti pubblicati sul blog.
Cosa dobbiamo fare allora? Chiudiamo tutti i blog oppure corriamo a registrarli in Tribunale e da quel momento censuriamo pesantemente ogni commento un po’ più azzardato e sagace? Fortunatamente no.
Quelle due sentenze, come ogni altra pronuncia della giurisprudenza, per essere comprese appieno devono in primo luogo essere lette integralmente ed attentamente, e quindi raffrontate con tutte le altre pronunce similari, per capire se si tratta di un caso isolato o di un indirizzo consolidato.
Partiamo dal caso più recente, quello di Modica.
Forse vi stupirà, ma leggendo la sentenza emerge un principio esattamente opposto a quello che le notizie diffuse ci hanno fatto credere: il blog non è un giornale e non deve essere registrato in Tribunale. Sembra assurdo, ma questa è la vera notizia.
Spieghiamoci meglio: il Tribunale di Modica ha esaminato il sito, che il suo autore definiva blog. Dall’esame è emerso che il prodotto pubblicato aveva queste caratteristiche: 1) il suo nome, o meglio testata, era “giornale di informazione civile”; 2) veniva aggiornato con cadenza quotidiana; 3) gli articoli pubblicati avevano ad oggetto fatti di cronaca locale, inchieste giudiziarie, testimonianze dirette e fatti storici; 4) per pubblicare articoli sul sito era necessario contattare il titolare e sottoporre alla sua preventiva valutazione l’articolo che si intendeva pubblicare.
Da questi elementi il Tribunale ha ritenuto che “il sito in questione non fosse un blog, al quale chiunque potesse accedere e partecipare al dibattito, ma era un vero e proprio giornale dotato di una testata e di un editore responsabile”.
Diversa è l’ipotesi, si legge in sentenza, in cui il blog vanga utilizzato come “strumento di comunicazione ove tutti indistintamente possono esprimere le proprie opinioni sui i più svariati argomenti: in tal caso non ricorre certamente l’obbligo di registrazione”.
Come si vede, si tratta di una decisione “pericolosa” ma in fondo innocua. Possono quindi continuare a dormire sonni tranquilli tutti quelli che usano il blog come un diario di contenuto vario o come luogo di discussione aperto ai commenti di tutti (anche se con le avvertenze che vedremo nel prossimo articolo).
Passiamo ora alla sentenza del Tribunale di Aosta. Qui, effettivamente, per quanto si legga, non si riesce tanto a capire e condividere la sentenza, che si dilunga molto sull’esame del contenuto di quel blog (che pare davvero diffamatorio), ma liquida in poche righe l’importante conclusione che vorrebbe equiparare il blogger ad un direttore di giornale. Si legge infatti in sentenza la sola, lapidaria, affermazione che “colui che gestisce il blog altro non è che il direttore responsabile dello stesso” in quanto “ha il totale controllo di quanto viene postato e, per l’effetto, allo stesso modo di un direttore responsabile, ha il dovere di eliminare quelli offensivi”.
Siamo d’accordo che il blogger deve porre attenzione al contenuto dei commenti, ma equipararlo ad un direttore di giornale ci pare un tantino esagerato e soprattutto, in campo penale, frutto di un ragionamento analogico, e come tale errato.
Consideriamo peraltro che in quel caso i contenuti erano così offensivi che forse il Tribunale ha voluto in qualche modo “punire” il blogger, che tra l’altro era un ex giornalista.
Però quella sentenza ci spaventa, ed allora guardiamoci in giro e cerchiamo di capire cosa hanno detto altri giudici, se possibile la Cassazione, che è ovviamente la più autorevole, perché a furia di impugnazioni si arriva lì e quindi tutti i giudici dovrebbero uniformarsi ai suoi insegnamenti.
Per fortuna la Cassazione ci aiuta perché recentissimamente (lo scorso mese di marzo) ha deciso che “il semplice fatto che i messaggi e gli interventi siano visionabili da chiunque, o almeno da coloro che si siano registrati nel forum, non fa sì che il forum stesso, che è assimilabile ad un gruppo di discussione, possa essere qualificato come un prodotto editoriale, o come un giornale online, o come una testata giornalistica informatica. Si tratta quindi di una semplice area di discussione, dove qualsiasi utente o gli utenti registrati sono liberi di esprimere il proprio pensiero, rendendolo visionabile a tutti gli altri soggetti autorizzati ad accedere al forum, ma non per questo il forum resta sottoposto alle regole ed agli obblighi cui è soggetta la stampa (quale quello di indicazione di un direttore responsabile o di registrazione)”.
Aggiunge ancora la Cassazione, simpaticamente, che “i messaggi lasciati su un forum di discussione sono equiparabili ai messaggi che potevano e possono essere lasciati in una bacheca”. W la Cassazione!!
tutto ciò getta una luce nuova su molti processi che coinvolgono membri e simpatizzanti del movimento civico.
La libertà di opinione di pensiero e il diritto di critica non possono essere sanzionati, soprattutto se avvalorati da fatti concreti.