Il palazzo che ha sventrato la valle resta senza Provincia.
Fu progettato quando ancora c’erano le lire.
Adesso il futuro della nuova sede è letteralmente in alto mare.
Siena, 10 ottobre 2013
“COME era verde la mia valle…”. Gli abitanti di viale Mazzini con affaccio su viale Sardegna non possono fare a meno di sospirare queste parole quando volgono lo sguardo giù in basso. Negli ultimi anni la rivoluzione urbanistica al di qua dei binari della ferrovia è stata totale. Dalla terra sono spuntati cubi e cubi di cemento, alcuni già resi vitali da residenti, uffici, attività commerciali. Un edificio, il più mastodontico, quello che avrebbe dovuto essere il «padre» della nuova urbanizzazione, la sede dell’amministrazione provinciale, è invece un parto che ancora non vede la luce.
Eppure si tratta di un progetto che, tradotto in moneta contante, parlava in lire, ovvero si data al 2000. Progetto che da preliminare diventa definitivo nel 2003, ed esecutivo nel 2005. I tempi successivi dell’iter burocratico riguardano la gara d’appalto, i ricorsi che sono sopravvenuti, l’affidamento dei lavori. Insomma, per arrivare al fatidico primo colpo di piccone, si giunge al febbraio 2009. E ora, a che punto siamo? L’opera, che insisteva su un terreno delle Ferrovie dello Stato, ha necessitato di un’accurata bonifica. Si è scavatto sotto terra per nove metri e dare corpo a due piani che ospiteranno i garagi, poi cinque piani in elevazione, per ospitare uffici, auditorium, bar interno, spazi per riunioni. Nel frattempo, il mondo reale è andato avanti.
Oltre che passare dalla lira all’euro, sono cambiate anche le norme per quanto riguarda le strutture, vedi quelle antitisismiche, ed allo stesso tempo anche i rubinetti finanziari (da considerare anche contributi della Fondazione Monte dei Paschi) non hanno più avuto un getto continuo, costante e sicuro. E’ stato così necessario procedere a varianti in corso d’opera, con i relativi e successivi allungamenti dei tempi: e gonfiamento dei costi. I lavori sono andati avanti fino al febbraio dello scorso anno. Poi, una lunga fase di pausa, ripensamento, riprogettazione. Nello scorso giugno, un nuovo ed ennesimo collaudo. Di queste ore, la buona novella. Il cantiere riapre i battenti, gli operai stanno tornando ad animare la struttura.
Nei prossimi giorni i lavori riprenderanno a tempo pieno ed a ritmo costante. Per fare cosa? Per completare e mettere in sicurezza — come precisa il presidente della Provincia, Bezzini — in pratica tutta la parte esterna dell’edificio, ovvero l’involucro. Con buona pace di chi pensava che lì sarebbe rimasta una cattedrale del deserto. In primis, ovviamente, la ditta che ha in appalto i lavori. «E’ la prima volta — ci dicono — che ci succede una cosa del genere, con tempi così lunghi, inciampi finanziari, incertezze. Abbiamo costruito la nuova università a Teramo, due scuole ad Ancona, una a Vasto, un lavoro da otto milioni terminato in sei mesi. Mai viste queste cose che sono successe a Siena…». Dunque, l’impresa si vede coperti i costi per il solo involucro dell’edificio, che arrivano a questo punto a circa undici milioni di euro. Poi, ancora sulla comunità, graveranno quelli successivi delle opere interne.
Costi che sono finanziari, ma anche di “sopportazione” di un cantiere che ha un indotto pesante in termini di problematiche sulla viabilità e per quanto riguarda i rumori. Usque tandem, fino a quando? Lo avrebbe detto Cicerone. Qien sabe, chi lo sa, avrebbe poi risposto Cervantes. Ma non dovrebbe essere una questione di secoli il completamento di quest’opera…
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