IL TIRRENO

Rassegna stampa quotidiana della Provincia di Grosseto

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2013-05-26

ECONOMIA

 

L’altra faccia della crisi: il pieno di soldi in banca Quello che non t’aspetti: in Toscana dal 2008 a oggi i depositi cresciuti del 16% Ma non siamo più ricchi, solo spaventati dal futuro. E spendiamo di meno

 

 

 

IL BOOM DEI CONTI CORRENTI

 

 

 

 

di Cristiano Meoni Stefano Casini Benvenuti in questi giorni gira tra Livorno e Piombino, le due città emblema della crisi dell’industria e dell’economia. Le vuole studiare, approfondire, per capire il male che le corrode e buttare giù insieme alla Regione una possibile risposta di politica economica. E’ il direttore dell’Irpet – l’istituto regionale di programmazione economica – e passa le giornate sui numeri. Ma anch’egli ha avuto un sussulto quando ha messo gli occhi sui dati dei depositi bancari, i soldi che si tengono in banca sui conti correnti e sui libretti. A Piombino, dall’inizio della crisi globale (2008) a oggi i depositi sono cresciuti del 19 per cento, a Livorno del 10 per cento. «Che queste due città siano in gravi difficoltà non vi è dubbio – riflette Casini Benvenuti – Dunque ho ricostruito una spiegazione diversa. Che si spende di meno, innanzitutto, e si risparmia di più. Preferendo, però, investimenti in tranquillità. Il conto corrente come riparo dall’azzardo della finanza e come riflesso della paura per un futuro mai così incerto». Mai così tanti soldi. Dalle città della costa il discorso si può allargare a tutta la Toscana. La disoccupazione è ai massimi storici e le aziende chiudono, spunta la cassa integrazione persino dai notai e dai dentisti ma i depositi bancari continuano a crescere. L’ultimo report della Banca d’Italia, relativo al 2012, li colloca a 53,2 miliardi di euro, 1,8 miliardi in più del 2011. I direttori di banca, che hanno molte pene, possono almeno allargare un sorriso. Cinquantatrè miliardi sono un record, il 3,5 per cento in più del 2011, addirittura il 16 se prendiamo a riferimento il 2008. Tanto per rendere l’idea, nell’anno d’oro della partenza dell’euro, il 2002, i risparmi in banca erano 36,4 miliardi. Più formiche che cicale. Spaventati dalla finanza, anche quella a noi più familiare come i titoli di Stato. Attratti dai vantaggi della liquidità (il tasso garantito, e i soldi li puoi togliere quando vuoi senza bagni di sangue). Allontanati dai consumi, perchè non si sa mai… meglio tenersi i soldi. Più formiche e meno cicale. I toscani hanno cambiato il modo di spendere e risparmiare, ma ciascuno a modo suo, in dimensioni che differiscono da un territorio all’altro. L’aumento dei depositi bancari nei cinque anni della crisi è stato superiore alla media nella provincia di Pistoia (+37 per cento), in quella di Grosseto (+36%), in quella di Siena (+28%), in quella di Pisa (+24%), in quella di Arezzo (+22%). Quasi impercettibile, invece, nella provincia di Lucca (+3%): qui, nel ricco capoluogo, tra il 2012 e il 2010 addirittura si sono persi 490 milioni di euro di depositi, passando dai 2 miliardi 157 milioni del 2010 a 1 miliardo 667 milioni del 2012. Differenze territoriali complicate da capire se non si scompone il dato per Comuni. Il record di Castagneto. Fermo restando che i fattori generali che spingono a mettere i soldi in banca anziché in un fondo, in un immobile o in Borsa sono validi per tutti, si scopre che le realtà più dinamiche sono anche quelle dove i depositi sono cresciuti di più: sia per effetto di maggiori disponibilità che di maggiori smobilizzi di posizioni finanziarie. E’ il caso di una vasta area della Toscana che parte dal Valdarno pisano e, passando per Firenze e Pistoia, arriva ad Arezzo e Siena. L’area più ricca della regione, per l’effetto combinato di produzioni di successo (pelletteria, oro), hi-tech e finanza (Monte dei Paschi). «In questa area i depositi probabilmente sono cresciuti di più perché maggiori sono anche stati gli smobilizzi da posizioni finanziarie» conferma il fiorentino Carlo Gentili di Nextam Partner, società di gestione di fondi. Anche se al top della classifica c’è un comune della costa, Castagneto Carducci, dove il grande sviluppo del settore vinicolo e del turismo ha trainato i depositi dai 78 milioni del 2008 ai 209 milioni del 2012, con un aumento del 167 per cento. A ruota vengono Ponsacco (+ 70,5 per cento), Anghiari, Siena, Sansepolcro, Colle Val d’Elsa, Monteriggioni, Pontassieve, Chiusi, Signa. Più prudenti, non ricchi. «La Toscana è una regione che meno di altre ha sofferto la crisi, ma non direi che i toscani in questi ultimi anni sono diventati più agiati – commenta Stefano Casini Benvenuti, direttore dell’Irpet – Il dato dei depositi bancari è indicativo delle condizioni finanziarie delle famiglie, perché l’80% dei depositi sono proprio di famiglie. Che in questi anni hanno risparmiato di più e in maniera diversa, abbandonando la finanza più rischiosa dopo il tonfo del 2008 e riversandosi su prodotti rifugio: i conti correnti e i libretti a tasso fisso, ad esempio, anche con rendimenti bassi. E’ stato come tornare a mettere i soldi sotto il materasso». «Accontentarsi di rendimenti bassi è la soluzione meno logica ma è quello che è successo – conferma l’analista finanziario Carlo Gentili – Il risparmio gestito da fondi si è quasi dimezzato, i risparmiatori hanno smobilizzato e hanno parcheggiato la liquidità sul conto corrente. I soldi sono cash, in banca, e immediatamente fungibili». L’operaio in ansia per il posto di lavoro forse così si sente più tranquillo. Meglio stare liquidi. I soldi si sono spostati verso la liquidità. Addirittura, in certi casi, vendendo immobili o beni di lusso. «La maggior parte dei proprietari immobiliari sta cercando di rinviare la dismissione di asset ma alcuni si trovano nella condizione di non poter più reggere la situazione e pertanto, seppure in piccola parte, l’incremento dei depositi è stato sostenuto anche da smobilizzi nel settore immobiliare – spiega Alberto Silvestrino, responsabile della Toscana per Credit Suisse – Nell’ultimo periodo, per una certa fascia di persone, abbiamo assistito anche a dismissioni di altri tipi di beni come opere d’arte e gioielli». Altro fattore che ha impennato i depositi bancari è l’atteggiamento attendista delle imprese che, dice Salvestrino, «non portano avanti gli investimenti e accantonano le liquidità aziendali». Un po’ come la massaia che rimanda l’acquisto della lavatrice. I soldi li ha, ma li tiene fermi, al sicuro, in attesa di tempi migliori.

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