Torniamo a trattare, seppure in estrema sintesi, del caso POLYTECKNE credendo opportuno rammentare una delle pagine più vergognose della nostra storia.
Siamo nella seconda metà degli anni Novanta e l’ENIRISORSE ha un’impellente necessità: deve SMALTIRE circa 100.000 (centomila) metri cubi di batterie per auto.
Ma non ci riesce.
Smaltire quel RIFIUTO SPECIALE nel più assoluto rispetto delle disposizioni normative costerebbe oltre 60 miliardi di lire.
Facendo uso degli inceneritori si produrrebbe troppa diossina; con la fusione a bassa temperatura il piombo e le materie plastiche non si scinderebbero adeguatamente.
Servirebbero discariche speciali, attrezzate appositamente, i cui costi risulterebbero “insostenibili”.
Illegittimamente, invece, si potrebbero risparmiare oltre 40 miliardi.
Immense quantità di batterie al piombo sono così lasciate alle intemperie.
A Marcianise (CE), Paderno Dugnano (MI), Gioia Tauro (CS) e Cervesina (PV), si è già dimostrato quanto pericoloso sia quel RIFIUTO SPECIALE.
Ma c’è un territorio, la Provincia di Grosseto, che ha in sé due “doti” estremamente favorevoli: un trascorso minerario di tutto rispetto (e, quindi, siti opportunamente “dedicati”) e amministrazioni politiche compiacenti (da anni ed anni).
Oltretutto, già si era cercato di stoccare da quelle parti enormi quantitativi di batterie al piombo così come si era fatto con i residui della lavorazione della pirite collocati nei pressi di Scarlino e della miniera di Campiano.
Più facile, dunque, è nascondere il danno ambientale da dilavamento delle batterie laddove i rifiuti dell’industria mineraria hanno già causato ogni forma di inquinamento immaginabile.
E’ noto, da anni, che le discariche minerarie di Fenice Capanne sono causa di intenso inquinamento del fosso dei Noni per il rilascio di metalli tossici (rame, zinco e piombo) ben oltre le concentrazioni consentite dalla legge.
E’ quello il posto “ideale” per stoccare RIFIUTI SPECIALI che andranno rilasciare proprio gli stessi elementi inquinanti al punto che difficilmente qualcuno si accorgerebbe della cosa.
Ecco, dunque, potendo pure beneficiare [paradossalmente, sic] di ampi finanziamenti pubblici a fondo perduto, la proposta di un’attività diversa, ma affine, a quella estrattiva.
Pressappoco contestualmente, col così detto Decreto Ronchi, si tenta di classificare il mix di ebanite [prodotto attraverso il recupero del piombo dalle batterie per auto] quale RIFIUTO SPECIALE RECUPERABILE (e non più TOSSICO).
Fortuna vuole che la Procura di Monza, dimostrando che quel residuo è impregnato di metalli tossici oltre il consentito, riesca a bloccare ogni perverso tentativo di aggirare le norme.
Nel frattempo, il dott. Alessandro Ciancio, dirigente di ENIRISORSE, vende alla piccola società POLYTECKNE una serie di terreni ex-minerari da bonificare (già proprietà della Mineraria Campiano ovvero dell’ENI) facendoli passare falsamente per terreni privi di vincoli minerari.
Anche un notaio locale certifica la mancanza dei predetti vincoli…
Lo stabilimento di Fenice Capanne nasce dunque per riciclare le materie plastiche [nobile attività] ma, in realtà, opera lo smaltimento delle batterie al piombo che tanto stanno di traverso ad ENIRISORSE !!!!!
La Polyteckne, infatti, consapevole della pericolosità dei RIFIUTI SPECIALI trattati, aveva chiesto alla Provincia di Grosseto di poter lavorare anche le materie plastiche “non pericolose” recuperabili attraverso la lavorazione dalle batterie per auto.
La Procura di Monza e la Regione Lombardia, comunque, non acconsentono acché i rifiuti siano trasferiti a Fenice Capanne poiché le autorizzazioni prodotte non garantiscono circa l’idoneità del’impianto.
Ma ENIRISORSE, ben sapendo che l’inquinamento ambientale già acclarato a Fenice Capanne è pressoché identico a quello che avrebbe prodotto lo stoccaggio dalle batterie esauste, insiste fortemente per la destinazione di Fenice Capanne.
E, guarda caso, chissà mai per quale motivo, la Provincia di Grosseto, per il tramite del Dirigente (oltreché presidente dell’Ordine degli Architetti) Pietro PETTINI concede la tanto agognata autorizzazione consentendo di ritenere che lo stabilimento massetano sia in perfetta regola.
La Procura di Monza concede così il dissequestro e permette il trasferimento a Capanne delle batterie esauste; dalla documentazione prodotta si desume addirittura che a Fenice Capanne, frazione della ex-ridente Cittadina di Massa Marittima, risieda una fabbrica all’avanguardia, unica in Europa, in grado di provvedere al debito recupero delle batterie al piombo nel più assoluto rispetto dell’uomo e dell’ambiente !!!
Ogni autorizzazione di carattere sanitario, ASL ringraziando, era stata infatti ottenuta; così come ogni autorizzazione di carattere ambientale, ARPAT ringraziando.
A seguito di controlli sanitari di routine appare però ben presto il dramma e a molti operai (in gran parte Massetani) vengono riscontrati valori di piombo nel sangue da far gridare alla tragedia (abnormi valori, si dice nelle carte…).
Si apre dunque d’ufficio un procedimento penale a carico della POLYTECKNE.
Ma, nel Settembre 2006, promossa appena due mesi prima dal Sostituto Procuratore Alessandro Leopizzi, il GIP del Tribunale di Grosseto ARCHIVIA il procedimento.
E’ notizia recente, invece, ringraziando il Signore, che almeno in sede Civile ai danneggiati dalla POLYTECKNE [e con essa, dalla POLITICA di bassa lega che ci governa] sia stato riconosciuto un risarcimento economico.
Il perseguire un profitto personale o per il partito passa sopra ogni cosa, quandanche si parli di SALUTE (oltreché di ambiente).
Dalla richiesta di archiviazione:
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le indagini conseguenti hanno dimostrato con sufficiente chiarezza la sussistenza, quantomeno dal punto di vista schiettamente ogettivo, di molteplici violazioni di legge, anche penale (anche ulteriori rispetto a quanto formalmente indicato in rubrica), in materia di sicurezza del lavoro, di trattamento, stoccaggio e trasporto di rifiuti speciali pericolosi, di scarichi industriali, di emissioni nell’atmosfera, di edilizia, di paesaggio
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per completezza, si sottolinea inoltre come, sempre nell’ambito dei termini di cui all’articolo 407 c.p.p., non ci siano elementi di adeguata consistenza per dare seguito alle illazioni contenute negli esposti della minoranza consiliare del Comune di Massa Marittima (per lo più strumentali, almeno apparentemente, alle intuibili diatribe politiche allora in atto)
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