Poggibonsi    26 febbraio 2011

 

 

Al Sindaco del Comune di Massa Marittima

Al Segretario del Comune di Massa Marittima

Al Responsabile del Settore 3 del Comune di Massa Marittima

 

 

 

Egregi Destinatari diretti,

 

con riferimento alla MOZIONE proposta dalla Lista Civica MASSA COMUNE il 31.01.2011 in merito alla richiesta azione di nullità da proporre avanti al TAR Toscana per sentir dichiarare la nullità della clausola compromissoria della Convenzione Urbanistica dell’Area Ex Molendi (o anche dell’intera convenzione),

 

vista la deliberazione di Giunta comunale n. 42 del 22/02/2011 con la quale la Giunta conferisce incarico al Prof. Avv. Duccio Maria di Traina del Foro di Firenze di assisterla nelle decisioni conseguenti alle richieste contenute nella mozione,

 

vengo a riportare quanto segue.

 

Il codice ha disciplinato l’azione di nullità.

 

Essa è una peculiare azione di accertamento avente ad oggetto immediato la patologia strutturale o comunque grave di un atto amministrativo e, sullo sfondo, la sussistenza di un rapporto giuridico contestato dall’amministrazione a mezzo di un provvedimento che, in quanto nullo, dovrebbe essere privo di effetti.

 

La posizione giuridica sostanziale è definita dalla norma di cui al 21 septies della legge 241/90.

 

La disciplina dell’azione è invece dettata dal codice del processo, in modo, in verità – come sostiene la dottrina – molto scarno.

 

Sono, in particolare, previste due cose tra l’altro in apparente contrasto tra loro: il termine di decadenza e la possibilità di rilievo d’ufficio del giudice.

 

Il rilievo del giudice attiene alla nullità sostanziale.

 

Il giudice può cioè rilevare che un atto amministrativo del quale si discute in giudizio è affetto da una patologia così profonda da non poter sortire alcun effetto.

 

Il termine di decadenza impone invece di impugnare l’atto entro il termine di 180 giorni, trascorso il quale l’atto si consolida divenendo inoppugnabile.

 

A prescindere dall’opportunità della scelta legislativa, invero serratamente criticata dalla dottrina, circa la possibile definitiva e stabile efficacia ad un atto che appaia gravemente in contrasto con il paradigma normativo, l’interrogativo che istintivamente l’operatore è indotto a porsi è se, in un giudizio di annullamento tardivamente instaurato, la questione di nullità possa porsi d’ufficio.

 

La norma in particolare consente che la nullità dell’atto “può sempre essere opposta dalla parte resistente o essere rilevata d’ufficio dal giudice”.

 

Nulla quaestio dal punto di vista ermeneutico per il caso dell’eccezione della parte resistente, anche perché essa, provenendo dalla parte che ha interesse al rigetto della domanda, non pone problemi di coordinamento con i termini di impugnazione.

 

Qualche dubbio si profila invece per il rilievo d’ufficio.

 

Occorre qui tenere separato il piano sostanziale da quello processuale.

 

Com’anzi detto, la nullità sostanziale dell’atto è questione valutativa di merito mentre la decadenza dall’azione per decorso del termine è questione processuale, sub specie di ammissibilità della domanda.

 

Dovendosi coordinarsi il rilievo d’ufficio “sostanziale” con quello d’ufficio “processuale” relativo al termine di decadenza (come noto le questioni di ammissibilità sono conosciute d’ufficio dal giudice amministrativo), ne deriva come conseguenza che la norma sui poteri ufficiosi non potrà “salvare” le azioni intempestive.

 

Infatti il giudice che rilevasse d’ufficio la tardività dell’azione di annullamento dovrebbe emettere pronuncia in rito, senza poter arrivare al rilievo della nullità sostanziale che è comunque questione attinente al merito.

 

Il rilievo d’ufficio del giudice non pare neanche possibile nell’ipotesi in cui siano contestati atti o comportamenti posti in essere sulla base di un atto nullo.

 

Il giudice non potrebbe, cioè, nell’ambito di un giudizio di annullamento di atti esecutivi, rilevare d’ufficio, in favore del ricorrente, la nullità dell’atto presupposto, poiché finirebbe per rimetterlo in termini rispetto all’azione di nullità.

 

In conclusione, il rilievo d’ufficio parrebbe esercitabile solo in favore dell’amministrazione nel caso in cui la declaratoria di nullità dell’atto presupposto conduca al rigetto dell’azione intentata dal ricorrente.

 

Ulteriore profilo problematico sembrerebbe quello relativo alla divaricazione della scelta del legislatore in ordine al regime della nullità per violazione o elusione del giudicato.

 

La domanda volta all’accertamento delle nullità previste dalla legge si propone entro il termine di decadenza di centottanta giorni. La norma prevede che “le disposizioni del presente comma non si applicano alle nullità di cui all’articolo 114, comma 4, lettera b), per le quali restano ferme le disposizioni del Titolo I del Libro IV.

 

Le disposizioni del Titolo I del libro IV tuttavia non contengono alcun riferimento all’azione di nullità ma si limitano a disciplinare l’ottemperanza. Indi, dovrebbe derivarne che il termine di decadenza vige solo per le nullità strutturali e per il difetto assoluto di attribuzione, essendo invece esperibile, per il caso di elusione o violazione del giudicato, l’azione di esecuzione nel termine di prescrizione ordinaria.

 

Ne consegue, nella fattispecie, che l’eventuale decisione del Comune di Massa Marittima (in risposta obbligatoria alla Mozione presentata) di non procedere alla sollevazione innanzi al TAR della nullità della clausola compromissoria (o dell’intera convenzione) finirebbe per rendere improcedibile – anche in futuro e ad opera di diversi Sindaci e Giunte – qualsiasi azione di tutela per un danno erariale che sembra venire a prossima esistenza.

 

In tale caso la Lista Civica non potrebbe che richiedere l’avviamento alla Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica di una pratica a tutela dell’intera Cittadinanza.

 

Tanto dovevo.

 

Massimo Grisanti

 

 

 

 

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