Nel corso del Consiglio Comunale di martedì scorso, il Sindaco Lidia BAI ha detto testualmente: “Ogni volta che a Massa viene avviato un progetto importante e innovativo si muovono feroci contrapposizioni”. Ed ha citato il progetto del Magrone, quello dell’EX-AGRARIA ed altri.
Stavamo parlando della questione EX-MOLENDI, quindi era l’occasione meno opportuna per lasciarsi andare a tale riflessione.
Nei suoi panni, però, io mi chiederei il perché di quanto lamenta e non mi rammaricherei soltanto di ciò che accade.
Sebbene a lei non interessino affatto le mie opinioni (visto che le ha sempre snobbate), mi sento comunque di rassicurarLa che quando la Sua Amministrazione dovesse avventurarsi in un PROGETTO VERAMENTE UTILE PER LA COLLETTIVITA’, VERAMENTE GESTITO CON PROFESSIONALITA’ E DEDIZIONE, VERAMENTE CONDIVISO CON LA COLLETTIVITA’ E VERAMENTE “TRASPARENTE”, almeno da parte di Massa Comune non ci sarà alcuna feroce contrapposizione. Anzi…
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c’è un altro passaggio del sindaco da menzionare, quello quando si collega al programma di mandato ed afferma che poichè lì c’è scritto che si deve realizzare il progetto del Magrone questo va attuato. Se poi in questi quattro anni c’è stato uno stravolgimento della situazione nazionale e della opportunità di realizzare quel progetto a fronte dei nuovi vincoli finanziari degli enti locali per cui quella scelta andrebbe ritarata e rivalutata non fa parte della sua logica.
La tua osservazione è ineccepibile.
Trascrivo una parte della relazione introduttiva alla legge regionale sulla partecipazione n. 69 del 27/12/2007 come esempio di come dovrebbe comportarsi una amministrazione comunale di fronte alla complesita degli eventi, il loro mutare e alla necessità di ricorrere all’intelligenza collettiva. Il testo occupa una pagina formato A4, ma sintetizzarlo significa annacquare i concetti.
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Come può un decisore pubblico misurare e calibrare le proprie scelte? Basandosi solo sugli impegni programmatici” che ne hanno accompagnato l’elezione (spesso, inevitabilmente, piuttosto vaghi)?. E come può adattare le proprie concrete decisioni in corso d’opera, se mancano strumenti e momenti che possano far sentire il “polso del corpo sociale”, le reazioniche si possono produrre, le aspettative mutevoli che, nel frattempo, tra un’elezione e l’altra, sono maturate?
Di più, ci si accorge spesso che, in molti ambiti e per molte politiche, esistono alcune precondizioni per l’efficacia stessa delle decisioni pubbliche: una buona politica richiede consenso, partecipazione attiva, coinvolgimento dei soggetti sociali che sono portatori di interessi e valori: non si decide, e non si decide bene; — per quanto “potere” si possa avere in mano –, se non si sollecita il contributo dei soggetti interessati a quella politica o che da quella politica risultano, in varia misura, toccati.
Insomma,“aprirsi” al confronto con la società è un’esigenza vitale, se non si vogliono produrre politiche che poi si traducano in una serie di effetti imprevisti o, talora, finanche perversi.
D’altro canto, le istituzioni non sono più in grado, spesso, di racchiudere in sé. e nei propri apparati, tutti i “punti di vista” necessari:
la stessa complessità sociale e l’estrema parcellizzazione dei saperi tecnico-scientifici, rende estremamente ardua una concentrazione di competenze al loro interno tale da poter “coprire” tutto l’arco delle possibili implicazioni di una scelta. Nella odierna “società del rischio”, poi, anche la scienza e la tecnica sono investite dal dubbio e dal sospetto: non basta appellarsi alla “neutralità” o alla“competenza” dei tecnici o degli scienziati per convincere della bontà o della inevitabilità di una soluzione.
La stessa tempestività delle decisioni, in tal modo, viene chiamata in causa: e, contrariamente a quanto in genere si ritiene, non sono gli“intralci” posti dalla volontà di partecipazione dei cittadini a ritardare, inmolti casi, le decisioni, ma proprio l’incertezza, o la scarsa trasparenza, che caratterizza il percorso decisionale.In tanti campi delle politichepubbliche, inoltre, appare sempre più indispensabile una vera e propria co-produzione dei beni e dei servizi oggetto diuna politica. una gestione condivisa delle sue stesse fasi di attuazione.
Insomma, non si decide e non si attua una politica nel “vuoto pneumatico” di istituzioni che non sappiano più cogliere quanto più possibile le tensioni, le aspettative e le stesse contraddizioni di una società che di quella politica dovrebbe cogliere i frutti e verificare gli effetti: ed è solo un’illusione decisionistica pensare che la piena legittimità di un’istituzione della democrazia rappresentativa possa fare a meno del protagonismo dei soggetti sociali. Vi è sempre un potenziate scarto, di varia entità, che occorre colmare, tra “l’autorità” democratica chiamata a decidere e il “riconoscimento” sociale delle decisioni che quella autorità ha prodotto.
“Prendiamo un comune alle prese con una scelta che tocchi la vita della comunità locale e che appare controversa, o che suscita pareri e opinioni contrapposte. Il comune può decidere di sospendere la decisione, aprire un processo partecipativo, stabilirne tempi e regole condivise (ad esempio: tre mesi di confronto pubblico, di dibattiti con gli esperti, sulla base di un’informazione ampia e di un documentazione precisa sulle tesi in campo e sulle diverse opinioni che si confrontano), attivare metodi di partecipazione innovativa (non solo le tradizionali assemblee di cittadini, ma anche altri strumenti, che oggi l’esperienza nazionale ci mette a disposizione), e giungere infine alla predisposizione di un dossier che permetta una decisione più ricca, più informata, più partecipata, che tenga conto quanto più possibile dei punti di vista e degli interessi che si esprimono in quella comunità locale.
Allafine la decisione spetta agli organi rappresentativi ma è chiaro che giungere ad una decisione dopo un percorso di coinvolgimento ampio e critico rende la decisione più matura e consapevole, persino più accettabile anche da parte di coloro che non la condividono. E tutti ci rendiamo conto come sia del tutto illusorio (e gli esempi, anche nella nostra regione non mancano), pensando di fare ‘meglio e più in fretta’, prendere una decisione al di fuori di un dibattito pubblico, di un’informazione completa, di una discussione coinvolgente.
In questi casi si può esser certi che opposizioni e resistenze saranno ancora più dure ed alla fine tempi e costi di una decisione saranno molto più elevati”.