IL TIRRENO
Rassegna stampa quotidiana della Provincia di Grosseto 
2013-04-24
di Alfredo Faetti
 
 
 

Il passaggio chiave è la convenzione del ‘98 Il vincolo non comportava l’inedificabilità ma, demoliti gli edifici, l’area non era stata riprogettata

 

  

MASSA MARITTIMA  – Sono cinque i punti su cui la Porta al Salnitro ha chiesto circa cinque milioni di risarcimento danni. Gli stessi sui cui il Tar ha fissato i criteri per ricalcolare la cifra. La ditta ha chiesto il risarcimento per «l’avvenuta demolizione dei fabbricati e il mancato recupero dei volumi preesistenti», per il «mancato introito del reddito da locazione ricavabile dagli uffici privati che avrebbero dovuto essere realizzabili a partire dal settembre 2000», per i mancati guadagni che sarebbero derivati «dalla gestione di 17 posti auto nel parcheggio», per i costi «sostenuti per lavori e prestazioni tecniche e professionali connesse all’attuazione dei lavori» e infine per le spese «inutilmente sostenute e perdita dei benefici fiscali». Parametri che sono al vaglio degli studi legali di Luciano Giorgi e Duccio Maria Traina, quantomeno per arrivare a una cifra ben definita. Di certo saranno meno dei 5 milioni richiesti, ma è difficile quantificare con precisione. Per capire al meglio di cosa stiamo parlando, dobbiamo approfondire la convenzione del ’98, con cui il Comune si capo delle spese circa eventuali imprevisti. Un passaggio chiave questo nella sentenza. Secondo il Tar, infatti, l’improvviso vincolo piombato sul centro storico di Massa Marittima, seppur «impone una particolare cura nella scelta dei materiali e nella definizione dell’aspetto esteriore, non determina l’inedificabilità assoluta». Quindi i lavori potevano proseguire, secondo la sentenza. In questo modo, la ditta è rimasta priva degli edifici demoliti (intervento previsto inizialmente nella convenzione) e senza la possibilità di ricostruirli in quanto il Comune non ha provveduto «alla riprogettazione imposta dal vincolo paesaggistico», compito che le spettava sulla base di quegli «imprevisti» a cui abbiamo accennato. E in questo passaggio, il Tar condanna l’ente a risarcire per intero i danni causati, così come per le spese «inutilmente sostenute». La storia cambia però per gli altri punti. Ad esempio, sul mancato introito dalla locazione degli uffici privati. La varie note della Soprintendenza e del ministero infatti si concludono il 3 dicembre del 1999: una data secondo cui «appare giustificato – scrive il giudice – un ritardo di sei mesi», tra modifiche al progetto e altre questioni. In questo modo, il «mancato introito» va calcolato «a partire dal 1 marzo 2001». Stesso discorso per i volumi da ricostruire: «il Comune – continua il Tar – ha messo in condizione la ditta di ricostruire la volumetria originaria; pertanto la voce economica va considerata in misura pari alla differenza tra il valore degli edifici che avrebbero dovuto essere realizzati e quelli realizzabili a seguito della retrocessione delle aree». Infatti, nel corso degli anni, i confini dell’area compresa nel progetto sono stati ridisegnati. Per quanto riguarda il parcheggio, invece, la ditta ha calcolato i danni sugli standard di quello di piazzale Mazzini. Il Tar, invece, spiega che occorre «considerare il numero di posti auto previsti nel progetto, valutare i tempi medi di utilizzo di un parcheggio nella stessa zona o in quella vicina, le tariffe gli orari». Rimangono i benefici fiscali e la storia cambia di nuovo. Perché il Comune di Massa Marittima, nel 2000, si è impegnato a versare nelle casse della ditta 200 milioni di lire per la ricostruzione del piano di posa. Quindi, al società «avrebbe potuto realizzare la volumetria demolita ed usufruire del beneficio fiscale». Per questo non viene riconosciuto come danno. Ed è questo un punto su cui si basa la difesa dell’ente: «Nel 2000 la società è stata finanziata per costruire il piano di posa – spiega Giorgi – ma non ha mai chiesto la concessione per poterlo fare».

 

 

 

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