tratto da www.liberoquotidiano.it
Sono stati definiti i due gruppi di lavoro che, su invito del Presidente della Repubblica, si riuniranno nel corso della prossima settimana – stabilendo contatti con i presidenti di tutti i gruppi parlamentari – su proposte programmatiche in materia istituzionale e in materia economico-sociale ed europea. Hanno accettato di farne parte: per il primo, il professor Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale, il senatore Mario Mauro (Scelta civica), il senatore Gaetano Quagliariello (Pdl) e Luciano Violante (Pd). Del gruppo “economico sociale” faranno parte invece il professor Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, il professorGiovanni Pitruzzella, presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, il dottor Salvatore Rossi, membro del Direttorio della Banca d’Italia, l’onorevole Giancarlo Giorgietti (Lega Nord) e il senatore Filippo Bubbico (Pd), presidenti delle Commissioni speciali operanti alla Camera e al Senato, e il ministro Enzo Moavero Milanesi.
Fuori i grillini e gli anti-Cav – A una prima analisi, risulta chiaro l’intento del Colle: escludere grillini (l’esponente più “vicino” come sensibilità è Onida, esponente della società civile d’area Pd) e soprattutto i falchi della sinistra anti-Berlusconi. D’altronde, se le due commissioni devono trovare intese comuni Napolitano non poteva imboccare altre strade. E se, come affermano ambienti romani, i nomi dei prossimi presidenti di Repubblica e Consiglio usciranno da questo “Conclave” politico, qualche big potrebbe già scaldarsi: lo stesso Onida, per esempio, era già papabile per Palazzo Chigi in caso di accordo tra Pd e 5 Stelle. Occhio anche a Violante, ex pm nonchè presidente della Camera in passato gran tessitore della tregua tra D’Alema e Berlusconi ai tempi della Bicamerale. Qualcuno aveva già fatto girare il suo nome per il Quirinale. Anche se tra i più spendibili, sicuramente, c’è quello di Giovannini, che da presidente Istat di tensioni sociali se ne intende eccome.
La proposta dei due gruppi di saggi (preferirei definirli esperti) avanzata dal Presidente Napolitano si presta a due possibili interpretazioni, apparentemente contrastanti:
1. da un lato, alla stregua di quanto già successo per il caso di Eluana Englaro, la si potrebbe definire IRRITUALE. Il Presidente della Repubblica ha propri importanti poteri, definiti dalla Costituzione, tra i quali non rientrano quelli inerenti la funzione politica relativa al potere esecutivo. In sostanza, non ha il potere di promuovere la formazione di Governi, nè di mettere veti o consigliare nomi dei Ministri o mettere bocca sui programmi. Al più, se c’è qualcosa che non lo convince, può inviare messaggi motivati al Parlamento per invitarlo a riconsiderare determinati fatti. E’, per dirla con i costituzionalisti, un organo politicamente irresponsabile (articoli 89 e 90).
A nulla vale il fatto che si è nel semestre bianco (articolo 88) e che egli non possa sciogliere le Camere in caso di mancata formazione del Governo dopo le elezioni. Se le consultazioni non hanno avuto esito, aveva la possibilità di dimettersi, agevolando in tal caso la nomina del suo successore, che poteva quindi avvalersi della possibilità di sciogliere le Camere, convocando le elezioni.
Le possibili telefonate di alti esponenti delle autoritè europee, che gli avrebbero consigliato di non dimettersi per non agevolare eventuali speculazioni finanziarie sul nostro Paese, attengono ad una lettura estensiva delle sue prerogative costituzionali.
2. dall’altro lato, le decisioni prese da Napolitano nel corso degli ultimi due anni, che fanno seguito ad altre già assunte da Scalfaro e da Ciampi, dovrebbero far riflettere i nostri politici sul presidenzialismo, o meglio sul semi presidenzialismo, che si è già di fatto instaurato nel nostro Paese. Si tratterebbe adesso di codificarlo in adeguate norme costituzionali, magari prendendo spunto dal caos istituzionale che stiamo attraversando e da altre esperienze istituzionali, come quello francese.
Il Presidente francese, eletto a suffragio universale diretto e titolare, in compartecipazione con il Primo Ministro, della funzione esecutiva, avrebbe avuto tutte le armi per fronteggiare una situazione simile alla nostra.
Avrebbe avuto il potere di nominare il Primo Ministro, che non ha biogno di investitura, ovvero di fiducia, da parte del Parlamento, che, con i propri ministri, che sono incompatibili con il ruolo di parlamentari, avrebbe dovuto presentarsi comunque alle Camere per preentare il proprio programma.
Il Governo avrebbe poi avuto la priorità nel definire i lavori parlamentari, fissando gli ordini del giorno delle due Camere. Inoltre, la Costituzione francese riduce il potere di emendamento dei provvedimenti governativi con il voto bloccato e con la c.d. “ghigliottina”.
In Italia si chiama, sotto altre vesti, voto di fiducia ed è stato usato in modo spropositato da Prodi e Berlusconi.
Si tratterebbe semplicemente di riconoscere una veste costituzionale a quello che già succede. Mi auguro che il Senatore Quagliariello del PDL, uno degli esperti individuati da Napolitano, autore di un recente eccellente saggio su De Gaulle per i tipi di Rubbettino, possa convincere i propri colleghi della bontà di questa opzione.