IL TIRRENO

Rassegna stampa quotidiana della Provincia di Grosseto a cura dell’URP

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2012-12-27

 

ALTRO

In causa per 20 anni Il Comune deve pagare 40mila euro Il Tar dà ragione a un privato che aveva fatto ricorso La gara d’appalto era stata indetta per la vendita di una casa

 

di Alfredo Faetti MASSA MARITTIMA Un pasticcio da 40mila euro. Un caso particolare, caduto in un mezzo vuoto legislativo su cui si è fatta chiarezza solo vent’anni dopo. E che riguarda un semplice alloggio nella località massetana di Poggio alla Madonna, che il Comune ha affidato nel 1991 a un privato attraverso una gara. Quest’ultima però è stata impugnata di fronte al Tar da un altro partecipante (che ha chiesto l’annullamento del contratto), che ha ottenuto ragione dal giudice ma non soddisfazione dall’ente, che non ha provveduto a dare atto alla sentenza ritenendo che si trattasse di una materia su cui il tribunale amministrativo non ha giurisprudenza. La battaglia è andata avanti da allora e oggi il magistrato ha confermato ancora una volta la sua opinione. Ma se da una parte ormai è troppo tardi per annullare il contratto, dall’altra il Comune è ancora soggetto a una richiesta danni. Che nel dispositivo odierno ammonta a 40mila euro. Particolarità del caso a parte, c’è il fatto che il Comune di Massa Marittima adesso si trova con un nuovo debito da saldare. Tutto nasce nell’ormai lontano 1991, quando l’amministrazione pubblicò una gara per la cessione di un alloggio a cui parteciparono due persone. Alla fine, una volta aperte le buste, la gara è finita al Tar per richiederne l’annullamento da parte del proponente. La sentenza arriva nel ’95 e dà ragione al ricorso, confermata poi anche dal Consiglio di Stato nel 2002. Da parte sua, però, in tutto questo frangente il Comune non ha mai provveduto ad applicare il dispositivo della sentenza. Ergo ad annullare il contratto. Così, la persona che non si era aggiudicata la gara, si è rivolto al giudice ordinario per chiedere l’ottemperanza di quanto stabilito dal Tar. Anche il tribunale di Grosseto, nel 2006, le dà ragione. Ma nel 2010 la Corte d’Appello ribalta tutto. Ma il ricorrente non si dà per vinto e di nuovo torna al Tar. E questa volta però le cose cambiano. Il giudice amministrativo, nella sentenza emessa il 20 dicembre scorso, spiega che tutta la vicenda si rifà a leggi e normative che nel tempo era difficile ricollegare ad un’unica materia. Per questo il Comune ha sempre sostenuto che questo caso esulava dalle competenze del Tar. Ma allo stesso modo, riconosce l’obbligo, in sostanza, per le amministrazioni di adeguarsi ai dispositivi. «In materia di appalti pubblici – si legge nella sentenza – l’annullamento dell’aggiudicazione è costitutivo di un vincolo permanente e puntuale sulla successiva attività dell’amministrazione, il cui contenuto non può prescindere dall’effetto caducatorio del contratto stipulato. In sede di esecuzione della sentenza, pertanto, l’amministrazione non può non rilevare la sopravvenuta caducazione del contratto conseguente all’annullamento dell’aggiudicazione». Ma a distanza di tanto tempo, ormai il contratto non può essere annullato. La richiesta danni a scapito del Comune invece (che aveva chiesto la prescrizione senza successo) è accolta. Il tribunale così ha condannato l’amministrazione a pagare 1.200 euro per ogni anno di questa vicenda. Che calcoli alla mano, con altre spese aggiunte, arriva a un totale di circa 38mila euro.

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