IL TIRRENO
Rassegna stampa quotidiana della Provincia di Grosseto a cura dell’URP
Web www.provincia.grosseto.it e-mail urp@provincia.grosseto.it
2012-11-20
ECONOMIA
Diecimila luci e un grido: Piombino non chiuderà
Un fiume di fiaccole ha acceso la sera: in piazza tutta la città a difesa del lavoro Il sindaco: non c’è modello di sviluppo che nasca sulle macerie di un territorio
di Giorgio Pasquinucci PIOMBINO Un fiume di fiaccole accese ha riempito ieri sera le strade di Piombino. Tante persone, diecimila secondo i sindacati. Una manifestazione di popolo in difesa delle industrie e dell’economia di un vasto comprensorio che dalla Val di Cornia si estende alle colline Metallifere e a quelle pisane, da dove provengono i lavoratori della Lucchini, della Magona e della Dalmine. C’erano gli operai ancora con le tute blu e rosse appena usciti dalle fabbriche per lo sciopero, ma anche i commercianti, gli artigiani e soprattutto tanti studenti. Famiglie con i figli in carrozzina, donne incinta e persone che si sono fatte spingere per tutto i corteo in carrozzella. Era da molto tempo che Piombino non viveva una manifestazione così: forte, composta, civile. La città e il comprensorio hanno capito che quei fumi che ancor ieri uscivano dalle fabbriche possono essere gli ultimi. Ed oltre c’è il buio. È quello il significato delle fiaccole e delle migliaia di altre piccole luci che si sono accese in piazza Verdi quando i negozi hanno spento le loro vetrine. “Chiudiamo oggi – hanno scritto i commercianti sulle serrande – per non chiudere sempre”. La lunga giornata di lotta l’hanno aperta ieri mattina gli studenti, che alle 9 hanno dato vita a un corteo, dal polo scolastico al centro, composto da un migliaio di ragazzi. Facce giovani, sorridenti, ma preoccupate per il loro futuro. “Piombino, Piombino”, gridavano, esprimendo il loro impegno a non far morire le fabbriche e la città. Toccante quel che è successo in serata. A piccoli sciami le persone si sono radunate sul cavalcavia Lucchini portando da casa le fiaccole, torce e luci da minatori. Non ci stavano tutti, la massa gonfiava e molti si sono radunati ai lati di via della Resistenza. Tutti dietro lo striscione “Piombino non deve chiudere”, lo stesso slogan proiettato al termine sulle mura antiche del Rivellino. Quando già nella piazza risuonavano le parole del segretario Fiom Luciano Gabrielli, la coda del corteo era ancora in via della Repubblica. Parole dure quelle del sindacalista: «Il Cda Lucchini se ne deve andare». Il sindacato difende l’area a caldo, il cuore dello stabilimento. «Non accetteremo che l’azienda chiuda l’altoforno per 50 giorni come ha in mente. Non abbiamo paura, siamo pronti anche all’autogestione». Il pericolo ravvicinato è che la trattativa tra le banche e il Fondo Klesch sbarri in un colpo ogni altra prospettiva, portando con sé la chiusura dell’area a caldo e la perdita di migliaia di posti di lavoro. «Siamo qui per difendere il nostro futuro e la città – ha gridato dal palco Gabriele Bianchi, liceale – Non vogliamo lasciare che l’industria passi in secondo piano». Ed è stato netto il sindaco Gianni Anselmi: «Chi dice di averne abbastanza delle fabbriche deve stare attento. Non c’è un modello di sviluppo che si possa costruire sulle macerie di un territorio». Il momento suggestivo è arrivato quando si sono accese le luci di diecimila persone. Una conclusione affidata alle parole decise di una ragazza, Valentina Brancaleone, intervenuta dopo l’assessore regionale Gianfranco Simoncini e prima del discorso finale del segretario Cisl Riccardo Scerza.