IL TIRRENO
Rassegna stampa quotidiana della Provincia di Grosseto a cura dell’URP
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2012-10-23
PANORAMA POLITICO
La Regione non scongiura le tre maxi Province
Surreale seduta del consiglio: per non decidere si mandano avanti due proposte Ora Roma userà l’accetta: un ente da Prato a Massa, un altro da Arezzo a Grosseto
di Carlo Bartoli FIRENZE E’ finita nel modo peggiore, impiegando ore e ore di discussione per non decidere niente, sapendo che quel dibattito sarebbe stato perfettamente inutile. Il consiglio regionale della Toscana ha discusso lungamente prima di votare la proposta da mandare al governo in vista del riassetto delle Province. Una proposta minata da un doppio tarlo genetico. In primo luogo perché si è mutuata la non decisione del Cal presentando al governo due ipotesi diverse; in secondo luogo, perché si è voluto battere comunque la strada della richiesta di una o più deroghe ben sapendo che il governo non avrebbe mai accettato una soluzione del genere. E’ stato insomma un inutile (e consapevole) dispendio di energie, come del resto hanno sostenuto molti degli oratori che hanno preso la parola. Ma ugualmente nessuno si è voluto sottrarre a un rito superfluo, pur sapendo che il ministro dalle colonne del Corriere della Sera aveva fatto sapere che non ci sarebbero stati margini per ottenere delle deroghe. A fronte di un riordino automatico determinato dalla Spending review che fa scattare la nascita di tre macroprovince (Pisa-Livorno, poi Prato-Pistoia–Lucca-Massa Carrra e infine Grosseto-Siena-Arezzo) più la Città metropolitana di Firenze, l’unica possibilità sarebbe stata quella di proporre un diverso accorpamento che non facesse aumentare il numero delle Province. E invece il consiglio regionale ha approvato un documento che ingloba due proposte diverse: una che prevede 4 Province e la Città metropolitana di Firenze e l’altra con 5 Province e la Città metropolitana. Bocciate le altre mozioni, tra cui quella delle minoranze che proponeva la sola opzione del 5 più 1 salvando sia le Province di Arezzo (da sola) che quella di Lucca (con Massa Carrara). A questo punto, sembra scontato che le tre megaprovince nasceranno e che Prato, Livorno e Arezzo ne saranno i capoluoghi. In particolare, poi, la Provincia meridionale sarà la più grande d’Italia e più grande anche di otto Regioni. Pur di non far spaccare il partito, il Pd ha presentato una mozione definita da alcuni oratori «alla Ponzio Pilato», ma non per questo i democratici hanno evitato di spaccarsi in più pezzi. I consiglieri senesi, infatti, hanno appoggiato la mozione bipartisan di Marignani (Pdl) e si sono astenuti su quella del proprio partito. Altri due consiglieri (Giani e Danti) hanno votato la mozione del partito pur affermando di preferire la soluzione proposta dal Pdl e dalle altre minoranze su cui si sono astenuti. Altri due, Remaschi e Tognocchi, hanno votato come le minoranze. Una consigliera dell’Idv (Maria Luisa Chincarini) è uscita dall’aula al momento del voto sulla mozione della maggioranza. Risultato, il documento presentato dal capogruppo Pd Vittorio Bugli ha ottenuto solo 26 sì (22 no e 2 astenuti) venendo così approvato appena per due voti, mentre tutti gli altri sono stati respinti. Qualche momento di tensione dopo il voto con i consiglieri democratici lucchesi infuriati con i compagni di partito fiorentini Danti (e Giani) accusati di non aver contribuito da affondare la mozione del Pd. Eppure, è chiaro a tutti l’epilogo: il governo dirà no a tutte le richieste di deroga e, se dovessero esserci problemi in Parlamento potrebbe anche mettere la fiducia. E con i tempi che corrono, non esiste partito disposto a mandare a casa Monti per salvare un pugno di Province. La conferma è arrivata anche nel pomeriggio di ieri con un laconico comunicato del ministro Filippo Patroni Griffi: «È in corso – dice il ministro – un grande processo di riordino dello Stato sul territorio, di cui le Province sono il primo tassello. Il mio augurio è che conservatorismi e particolarismi non ostacolino questo processo e che ognuno guardi all’orizzonte più ampio che è il ridisegno del Paese, chiesto peraltro a gran voce anzitutto dai cittadini». A questo punto, l’unica scialuppa di salvataggio delle Province è costituita dalla pronuncia della Corte costituzionale a cui si sono rivolte alcune Regioni.