La cosa drammatica è che abbiamo una Soprintendenza che dovrebbe vigilare e non lo fa.In questo caso, addirittura siamo proprio a Siena, a qualche centinaio di metri dagli uffici.Il caso dell’Albero di Massa è un’altra questione vergognosa ma anche per quello il Soprintendente ha preso le distanze e non ne vuol sentire parlare. E’ una vergogna.
A Massa, dopo l’intervento, possiamo ammirare solo un bel FALSO D’AUTORE. Non sappiamo più che cosa è rimasto del disegno originale e che cosa è stato rifatto quasi a discrezione dei restauratori. Quella sull’Albero della Fecondità non è una polemica ma la volontà di rivendicare il diritto a veder conservare opportunamente il patrimonio storico italiano. Se non controllano, le Soprintendenze allora che fanno?
«Un mero attacco strumentale a Siena e ai senesi». Così Mario Lorenzoni, rettore dell’Opera Metropolitana del Duomo replica alle accuse di qualche settimana fa apparse sulle pagine de Il Fatto Quotidiano a firma del professor Tomaso Montanari (leggi) sui lavori per il restauro del pavimento del Duomo che avrebbero modificato l’aspetto originale di alcune antiche tarsie. . Il giallo In particolare sotto la lente era finita la tarsia raffigurante la “Cacciata di Erode” dove una bandiera del castello si sarebbe trasformata in un collo di giraffa. In esclusiva su agenziaimpress.it le immagini della tarsia e le dichiarazioni del rettore dell’Opera Metropolitana del Duomo di Siena, Mario Lorenzoni, che per la prima volta replica alle accuse. precisando che «già negli anni ‘50, la tarsia presentava l’aspetto attuale e che ogni opera di restauro deve sottostare ad un rigoroso percorso di valutazione». E rimanda le accuse al mittente: «E’ solo un attacco strumentale a Siena e ai senesi». Il giallo continua.
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http://www.agenziaimpress.it/impresslive/foto/cronaca/duomo-di-siena-contestato-il-restauro-del-pavimento_187.html
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La cosa drammatica è che abbiamo una Soprintendenza che dovrebbe vigilare e non lo fa.In questo caso, addirittura siamo proprio a Siena, a qualche centinaio di metri dagli uffici.Il caso dell’Albero di Massa è un’altra questione vergognosa ma anche per quello il Soprintendente ha preso le distanze e non ne vuol sentire parlare. E’ una vergogna.
A Massa, dopo l’intervento, possiamo ammirare solo un bel FALSO D’AUTORE. Non sappiamo più che cosa è rimasto del disegno originale e che cosa è stato rifatto quasi a discrezione dei restauratori. Quella sull’Albero della Fecondità non è una polemica ma la volontà di rivendicare il diritto a veder conservare opportunamente il patrimonio storico italiano. Se non controllano, le Soprintendenze allora che fanno?
“Per liquidare i popoli si comincia con il privarli della memoria.
Si distruggono i loro libri, la loro cultura, la loro storia.
E qualcun altro scrive loro altri libri, li fornisce di un’altra cultura, inventa per loro un’altra storia.
Dopo di che il popolo incomincia lentamente a dimenticare quello che è stato.
E il mondo attorno a lui lo dimentica ancora più in fretta”.
Milan Kundera
La cosa più pericolosa da fare è rimanere immobili.
«Un mero attacco strumentale a Siena e ai senesi». Così Mario Lorenzoni, rettore dell’Opera Metropolitana del Duomo replica alle accuse di qualche settimana fa apparse sulle pagine de Il Fatto Quotidiano a firma del professor Tomaso Montanari (leggi) sui lavori per il restauro del pavimento del Duomo che avrebbero modificato l’aspetto originale di alcune antiche tarsie.
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Il giallo In particolare sotto la lente era finita la tarsia raffigurante la “Cacciata di Erode” dove una bandiera del castello si sarebbe trasformata in un collo di giraffa. In esclusiva su agenziaimpress.it le immagini della tarsia e le dichiarazioni del rettore dell’Opera Metropolitana del Duomo di Siena, Mario Lorenzoni, che per la prima volta replica alle accuse. precisando che «già negli anni ‘50, la tarsia presentava l’aspetto attuale e che ogni opera di restauro deve sottostare ad un rigoroso percorso di valutazione». E rimanda le accuse al mittente: «E’ solo un attacco strumentale a Siena e ai senesi». Il giallo continua.