IL TIRRENO
Rassegna stampa quotidiana della Provincia di Grosseto a cura dell’URP
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2012-09-25

ECONOMIA
Morti quasi mille negozi Col settore food in crisi, per la prima volta le chiusure superano le aperture

di Ilaria Bonuccelli Arriva lo schianto. Proprio al centro del commercio. In Toscana, l’economia dei bottegai che per decenni ha sostenuto le famiglie crolla insieme all’eccellenza (e all’immagine) del territorio: il settore alimentare specializzato. Non c’è prelibatezza o presidio Slow food – lardo di colonnata, prosciutto Bazzone – che possa evitare la disfatta. Complice il tracollo della vendita degli elettrodomestici e la picchiata delle vendite dell’abbigliamento,per la prima volta, nel 2011 è negativo il saldo fra negozi aperti e chiusi: 887 le saracinesche che si sono abbassate in modo definitivo, forse per l’eccessiva pressione fiscale, la mancanza di parcheggi, la liberalizzazione degli orari. Fatto sta che secondo Confesercenti e Confcommercio la politica sembra incapace di fermare una crisi sempre più violenta, soprattutto nelle province dove anche nel primo trimestre 2012 il crollo delle vendite è superiore alla media negativa (-5,4%) toscana: Grosseto (la peggiore), Arezzo, Lucca e Massa Carrara. Dietro queste cifre – ricorda Massimo Vivoli, presidente regionale di Confesercenti – ci sono migliaia di persone a rischio sopravvivenza «perché spesso sono ex disoccupati, espulsi dal mercato del lavoro che hanno investito la propria liquidazione o i risparmi dei propri familiari in un’attivià che non ha ingranato. E oggi non hanno più nulla». L’allarme. Nel 2011 in Toscana ci sono state 3063 nuove iscrizioni nel registro imprese del commercio e ci sono state 3950 cessazioni nelle varie Camere di Commercio. «Considerando il dato secco – spiega Giulio Sbranti, vicedirettore di Confesercenti Toscana – si vede che il saldo fra chiusure e aperture è negativo. Al di là di analisi che tengano in considerazione eventuali compensazioni e nuove classificazioni, queste cifre sono indicative di un andamento che per la prima volta è vistosamente negativo». Con un avvio del genere non stupisce – come segnala Unioncamere – che già nel secondo semestre del 2012 in Toscana si sia registrato un calo del 6% delle vendite al dettaglio a fronte di un crollo nazionale del 7,5% «il peggior risultato trimestrale dal 2005, con le piccole e medie aziende che continuano a pagare un prezzo altissimo». La mancanza di fiducia. Il problema vero – rileva Unioncamere – è che «fra gli operatori commerciali della Toscana prevale la sensazione che resti lontano il punto di svolta della crisi. Per la prima volta, l’indicatore generale della fiducia per il giro di affari a breve termine è negativo, perché si sta attenuando anche il consueto ottimismo delle strutture più grandi a causa dei bilanci poco incoraggianti». Insomma, per la prima volta hanno paura anche i supermercati visto il calo delle vendite. Nonostante le famiglie, allarmate dalla crisi, preferiscano la grande distribuzione ai negozi, mantengono – osserva Unioncamere – un atteggiamento «prudente e difensivo» che porta a ridurre «i consumi all’indispensabile e a declassare la spesa, tentando di acquistare le stesse quantità di prima spostandosi su prodotti in offerta o di prezzo più basso». Il crollo delle vendite. A far tremare i supermercati è il fatto che nel secondo trimestre 2012 – rileva Unioncamere – in Toscana hanno perso il 2,6% contro lo 0,2% del trimestre 2011 «il più forte calo di fatturato mai registrato». Il vero crollo, però – conferma Confesercenti – riguarda i piccoli negozi, le botteghe (quelle che hanno da 1 a 5 dipendenti) che nel secondo trimestre di quest’anno perdono il 7,8% rispetto allo stesso periodo del 2011 (quando avevano limitato il calo di vendite al 2,6% sulla primavera precedente). «Le scelte dei consumatori depressi dalla crisi – evidenzia Unioncamere – determinano la caduta dei consumi e la discesa dei fatturati, in particolare dei negozi di vicinato che, negli ultimi 7 anni hanno visto ridursi il giro d’affari del 26%». I settori che in assoluto perdono di più restano abbigliamento (-8,2%) e prodotti per la casa che nel secondo trimestre dell’anno si merita la maglia nera con il suo – 9,1% di media. Anche in questo caso, il crollo (oltre l’11% di perdite) si registra nei piccolo negozi. Il collasso alimentare. Da eccellenza a fanalino di coda. «Il settore alimentare specializzato toscano è in piena crisi, accusa forti cali di fatturato e va peggio di quanto avviene mediamente in Italia, segno che in Toscana – rileva Unioncamere – per arrivare in fondo al mese le famiglie sono pronte a cambiare abitudini e scelte alimentari e a optare per le marche private della catena distributiva». Ma se i negozi perdono clienti (-6,1%) i supermercati i toscani perdono registrano un calo del 2,6% di fatturato nel settore alimentare contro l’1,3% della media nazionale. Nonostante le sottomarche. L’identità scomparsa. La crisi in corso da anni, con il ricambio frequente di attività (sempre più stanco)- osserva Vivoli – porta alla «scomparsa dell’identità, della storia di una città di cui fa parte la strada del passeggio». Che siano i portici di Grosseto, il Fillungo di Lucca, la Passeggiata di Viareggio. «Quello che non si capisce è che quando chiude una fabbrica come la Mabro a Grosseto, la Regione si mobilità perché restano senza lavoro 300 famiglie. Ma quando chiudono 100 negozi a restare senza lavoro sono lo stesso 400 persone. Ma nessuno si muove».

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