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IL TIRRENO
Rassegna stampa quotidiana della Provincia di Grosseto a cura dell’URP
Web www.provincia.grosseto.it e-mail urp@provincia.grosseto.it
2012-09-01
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PRATA Giù le mani dal lampione di Prata. C’è un bel lume – nella frazione del comune di Massa Marittima – che rappresenta la memoria storica del borgo, il magico punto di confluenza di ogni direzione possibile, il meeting-point degli abitanti del paese: ed è un lampione di ghisa, antica lanterna simbolo di un piccolo mondo antico, e storico presidio di tradizioni proprio come i Lari erano custodi del focolare. C’è sempre stato, quel lampione in piazza Lolini: e non è un feticcio ma il simbolo delle radici; non un semplice punto di luce ma la sintesi del tutto che ha visto passare guerre e migliaia di persone sfrecciare davanti. In centinaia si sono incontrati di fronte ogni giorno. Ogni settimana, ogni mese. Per questo, per i pratigiani, guai a chi lo tocca, e se mai dovesse succedere scoppia un putiferio; giù moti popolari e insurrezioni, gente cacciata a furor di popolo e inseguimenti a raffica. Proprio come due giorni fa quando alcuni operai comunali – incaricati dagli uffici di sistemare un lampione nuovo al posto dei quello vecchio che non funziona più – vengono cacciati dagli abitanti del paese. Il vecchio lampione non è più al suo posto da mesi, il Comune ve ne metterà davanti uno nuovo; ma intanto gli operai arrivano e buttano sopra al basamento una colata di cemento, scatenando una sorta di sommossa in cui gli abitanti, con le unghie e coi denti, rivogliono almeno l’originale base fatta a mattoncini. Lo racconta – tra l’accorato e il nostalgico – un 88enne del posto, altra memoria storica del borgo: si chiama Bernardino Aleandro, detto Cicci (a Prata tutti hanno un soprannome). Ex operaio, costruiva le strade e ora vive insieme alla badante a casa sua in paese; l’amato paese – racconta lui – dove «chi arriva per la prima volta rimane affascinato dalle meraviglie e dalla brava gente che vi abita. Perché il partigiano è ormai avvezzo a tutto – dice Cicci – anche alla crisi economica e alle intemperie, ma quel che non riesce a mandar giù è il disprezzo e lo scempio del proprio borgo da parte di chi dovrebbe amministrarlo e mantenerlo. Certo, Massa Marittima è molto più importante di un piccolo borgo di provincia, ma le persone dovrebbero essere tutte di serie A, sia quelle che abitano a Massa che quelle che abitano a Tatti o a Prata». Così non sembra, a detta degli abitanti, e il pomo della discordia è proprio «il gioiello di piazza Lolini, ammirato con orgoglio dal pratigiano, tutto in ghisa e lampade anticate senza badare al costo, cotto toscano e sasso di pietra dei nostri luoghi». Un oggetto-simbolo, dice un partigiano di 47 anni, operaio fuori provincia. «Se devi fissare un punto di riferimento a Prata, quello è il lampione, che ha troneggiato per tutto il ’900 nella piazza centrale del paese davanti a macelleria, case, alimentari e tabacchi. E se devi scendere giù per una strada del centro, stai sicuro che arrivi dritto al lampione». Ogni tanto – negli anni – il faro si è rotto: colpa di «una lampadina dondolante giù dal palo che al primo temporale scoppiava e rimaneva al buio per mesi finché le casse comunali non riuscivano a stanziare la sua sostituzione…». All’ennesima rottura dell’anno scorso, ecco che «la lampada mal funzionante viene comprata dalla brava gente del borgo con una sagra paesana fatta per racimolare soldi per cercare di illuminare la piazza». Coi denari si ricompra il fanalino ciondolante, il lampione riprende a funzionare, ma – sfortuna delle sfortune – «tutto questo – prosegue il vecchio Cicci – è stato demolito dal camion del pesciaio di un sabato di dicembre dello scorso anno». Capita la vigilia di Natale del 2011. Che brutto Natale per gli abitanti che vedono un furgone fare una manovra maldestra a retromarcia e sdraiare il simbolo del paese. La gente pazienta e aspetta che il lampione (portato via) sia aggiustato e torni presto al suo posto. Così non pare; ormai si viene a sapere che il lampione non tornerà più, è defunto: al suo posto una nuova creatura, moderna e che attira il malcontento. Peggio ancora, «viene la data fatidica quando – qualche giorno fa in piazza Lolini – le squadre del Comune arrivano equipaggiate di tutto punto con tanto di progetto e la supervisione dell’architetto comandato. Una bella secchiata di cemento» e il basamento viene praticamente intonacato per prepararsi ad accogliere un lampione nuovo. E qui viene il bello. «A volte ci sono delle persone che non pensano mai ai fatti loro e vengono spesso rimproverati, ma stavolta il loro intervento è stato opportuno. Ne è nata una rivolta che si è sviluppata come un fiume in piena. La popolazione è scesa in piazza, gli operai impauriti si sono dileguati, e a fatica è stata riportata la calma e sono stati fatti rientrare i moti. Coloro che volevano l’architetto comunale e il direttore dei lavori crocifissi al posto del lampione sono stati fatti tornare dai loro propositi. Ora il lampione giace in un luogo sicuro, le alte gerarchie stanno ancora studiando il da farsi. I poveri partigiani tremano». Se non hanno usato il forcone poco ci manca, dice qualcuno. Molti guardano in cagnesco. Due giorni fa il Comune di Massa Marittima si è precipitato in piazza per parlare con gli abitanti e ragionare insieme. Pare che il vecchio, glorioso lampione non tornerà più al suo posto e che ne sarà installato uno nuovo. I partigiani pensano di recuperarlo dalle stanze municipali e installarlo nel museo della civiltà contadina. Intanto pare abbiano ottenuto di far rimuovere la colata e ripristinare i mattoncini. 

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Un Commento a “E a Prata scoppiò la rivolta del lampione”

  • Francesco Mazzei says:

    Come vi capisco cari pratigiani! Purtroppo non sono meravigliato dell’atteggiamento della nostra amministrazione che, ancora una volta, manifesta la totale mancanza di sensibilità oltre che di competenza…

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