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Troppo tardi per il “codice etico”
di WALTER DONDI (*)
Egregio Direttore, Le chiedo ospitalità per rispondere all’articolo pubblicato ieri sul suo giornale nella cronaca di MassaMarittima/Gavorrano, nel quale si fa riferimento al presunto “silenzio” e alle “mancate risposte” da parte del responsabile etico del Gruppo Unipol a proposito della cosiddetta “vicenda Vannini”. Anzitutto vanno precisate alcune questioni di metodo che gli estensori della lettera, pur in possesso di competenze legali professionali, volutamente hanno trascurato nel richiamare il codice etico di Unipol. La lettera mail inviata il 29 agosto al responsabile etico, così come quella del 24 maggio scorso, è stata immediatamente resa pubblica a cura degli estensori, in contrasto fin da subito con quanto previsto dal codice etico, il quale prevede che le segnalazioni vengano mantenute riservate, per evidenti ragioni di correttezza e tutela dei soggetti coinvolti. E proprio allo scopo di consentire l’avvio di una verifica delle situazioni problematiche evidenziate e di una possibile loro composizione. Inoltre, il ricorso al codice etico è avvenuto, per l’appunto, il 24 maggio 2012, cioè alcuni anni dopo che una parte dei clienti coinvolti nella “vicenda Vannini” aveva avviato causa in sede giudiziaria. Scelta naturalmente del tutto legittima, ma che nulla ha a che fare con la, odierna, pretesa di attribuire natura etica della questione. È chiaro che se si decide di ricorrere alla legge e alla magistratura, risulta del tutto improprio poi – per di più a così rilevante distanza di tempo – accorgersi che esiste un codice etico dell’impresa e lamentare che esso sarebbe stato disatteso. Se si fosse voluto utilizzare il codice etico – che, giova ricordarlo, è uno strumento di autoregolamentazione del quale il Gruppo Unipol si è dotato proprio per offrire l’opportunità ai propri “stakeholder”, in questo caso i clienti, di risolvere eventuali problematiche che intervengano nelle reciproche relazioni – si sarebbe dovuto intraprendere fin dall’inizio questa strada e nel pieno rispetto delle procedure previste dal codice stesso. Tentare di farvi ricorso oggi, dandovi peraltro vistosa pubblicità, ha il solo significato di volere alimentare ulteriormente, e del tutto strumentalmente, il contenzioso su tale vicenda. Si può dunque affermare che, al di là delle parole e dell’enfasi utilizzata dagli estensori della lettera di cui si dà conto nell’articolo di ieri, da parte del responsabile etico non solo non è stato disatteso quanto previsto dal codice etico, ma che sono i ricorrenti ad avere sbagliato modi, merito e tempi. Per rispetto della verità dei fatti, è infine necessario ricordare che Unipol Banca si è fin dall’inizio di questa vicenda messa a disposizione dei clienti, ricercando, e in alcuni casi definendo, accordi basati su criteri di chiarezza, tracciabilità e trasparenza che, vale la pena richiamarlo, sono tra i valori e i principi fondanti del codice etico del Gruppo Unipol.
Grazie per l’attenzione, distinti saluti
(*) Responsabile Etico Gruppo Unipol
Mi vengono i brividi…