LA PELLE DELL’ORSO
di Oscar De Paoli
Era un tempo, ma non tanto tempo, in cui molte strade ancora non avevano l’asfalto e il borgomastro era un personaggio rispettato e amato.
Oltre a svolgere il proprio e onesto lavoro, si prodigava per il bene della comunità con affetto e dedizione.
Le sue scelte, a volte dolorose, erano condivise da tutti, perchè dettate dall’esperienza, la saggezza, l’onestà e un filo comune che nessuno riusciva a spezzare.
La vita scorreva serena in queste centinaia di borghi, sparsi come semi in un campo arato.
Raramente seccavano e morivano, l’ecologia e il rispetto per l’ambiente non si insegnavano perchè patrimonio genetico residente; l’ingordigia era, se non sconosciuta, almeno lontana e priva di concretezza.
Era una terra che non regalava niente, il bisogno andava conquistato con tenacia, furbizia e coraggio, ma più di una volta non bastava.
Bruno e Giovanni vivevano lì, con ritmi dettati dal lavoro, le stagioni e il tempo, il fuoco d’inverno e l’ombra d’estate.
Abili cacciatori, figli di cacciatori, rispettavano la sorte e la natura, e da loro erano rispettati.
Venne il dicembre di un estate torrida e pareggiò i conti.
Le loro madie, come quelle dei compaesani, lasciavano intravedere il fondo e a malincuore decisero di partire dalle loro case calde e accoglienti, per andare verso la foresta.
SUV e fuoristrada non esistevano e incamminandosi in quel paesaggio di gelo e desolazione, era come infilarsi in una bolgia dantesca inanimata; qualche trappola, lo schioppo in spalla, le cartucce e un po’ di carne secca, era tutto quello che avevano.
Presero di buon mattino il sentiero che quasi non riconoscevano in tutto quel bianco innevato, fradici già alla prima svolta, Bruno si sarebbe accontentato di piazzare qualche tagliola e catturare quella dozzina di pettirossi apparsi da chissà dove, in mezzo a quello squallore, ma Giovanni, convinse l’amico a proseguire ed ambire ad altre prede.
Volgeva al tocco, quando masticando il pranzo duro come il cuoio, scorsero una lepre che triste e magra aveva il loro stesso umore.
Bruno imbraccio il fucile senza indugio, ma prima che potesse sparare, Giovanni lo fermò.
Non sprecare il colpo gli disse, non servirebbe a sfamarci per un giorno, io è altro che voglio per noi e le nostre famiglie, ma Bruno non pensava ne a grosse prede, ne a dormir fuori la notte, il tempo non prometteva niente di buono e avrebbe desiderato rientrare in paese col necessario per qualche giorno, poi ci avrebbe pensato.
Giovanni gli fece cenno di continuare e mentre il sole gia basso, si velava di nubi minacciose, s’imbatterono in una cinghiala che disperata grufolava nella neve, senza riuscire ad arrivare alla terra, Bruno pensò al focolare del suo podere, ai sorrisi di sua moglie mentre rigirava la carne sulle braci, il ventre teso e gonfio nell’attesa di quel miracolo che è la vita.
Pensò e agì in un solo istante, ma mentre stava per tirare il grilletto, l’amico lo fermò di nuovo, la bestia si accorse di loro e pigramente svanì nel buio del bosco.
Bruno era più giovane di Giovanni, ma sapeva che un occasione simile non si poteva perdere, era meglio un uovo oggi, lanciò un grido tra il disappunto e la delusione mentre l’amico già lo invitava a proseguire rivelandogli di aver visto tracce che lasciavano ben sperare.
Ormai la sera era vicina, qualche fiocco di neve s’intravedeva nell’aria immobile.
Si accamparono presso un torrente gelato e accesero un fuoco, Giovanni aveva il sorriso saccente di chi non ha dubbi e Bruno non aveva voglia di parlare ne tanto meno di fare domande, ma in cuor suo era a disagio, stanco e con un presentimento oscuro che lo tormentava da quando erano partiti; poi pensò che Giovanni era il borgomastro e non poteva dubitare di lui, nessuno lo aveva mai fatto e tutto era sempre andato per il meglio, volse le spalle al fuoco e al compagno e provò a dormire.
Il ghiaccio che scricchiolava sinistramente lungo il torrente e la neve che ormai lo copriva, non lo fecero riposare, l’alba lo trovò sveglio, il fuoco spento e il gusto amaro della stanchezza sulle labbra, il suo fucile era scivolato nella neve, pensò di ricaricarlo con una cartuccia asciutta, ma di togliersi i guanti non aveva voglia e a un centinaio di metri, Giovanni gli fece un cenno d’intesa e silenzio.
Si avvicinò con cautela ad una grande roccia a strapiombo sul torrente, Giovanni sembrava lì da tempo, sorrise compiaciuto, il fucile puntato sulla riva opposta, nessuno dei due parlò, non serviva.
L’attesa non fu lunga, ma si materializzò alle loro spalle con il terrore della preda di fronte al predatore, un enorme orso nero si alzò sulle zampe posteriori soffiando vapore bianco dalle fauci spalancate e rugliando minacciosamente, mentre Bruno pensava che in quelle terre a memoria d’uomo non si era mai visto un orso, Giovanni sparò.
Il colpo andò a vuoto e la zampata dell’orso su Giovanni gli aprì la gola con tale violenza da staccargli la testa che rotolò sul ghiaccio del torrente, segnando la sua traiettoria sghemba con una striscia rossa, Bruno si ricordò del fucile e della cartuccia bagnata e non provò neppure a sparare, anzi, la paura della morte glielo fece cadere dalle mani.
Giovanni il borgomastro era morto, ucciso da un orso che lì non esisteva e ora toccava a lui, e anche se fosse sopravvissuto chi gli avrebbe creduto ?
Avrebbe finito i suoi giorni in galera, non avrebbe più visto il sorriso della moglie e suo figlio non l’avrebbe mai conosciuto; fu nell’attimo di quei pensieri che l’orso parlò; parlare non è l’espressione corretta perchè la sua voce arrivava da dentro il corpo stesso di Bruno.
Era calda e profonda come le carezze di sua madre, ma vigorosa come gli abbracci di suo padre, Bruno pensò d’impazzire mentre l’orso comunicava con lui e non ci fu mai modo di sapere quello che si dissero, ma poco dopo accadde una cosa straordinaria.
L’orso con gli artigli incise in più punti il suo pelo e con un latrato lancinante si strappo la pelle di dosso porgendola a Bruno, i suoi muscoli ora apparivano in tutta la loro potenza e furore, rossi e pulsanti per il sangue che vi scorreva.
E ora và disse l’orso e racconta ciò che hai visto e vissuto, niente di più, niente di meno, questo basterà, si voltò e attraversò il torrente ghiacciato che non poteva sostenerlo.
Prima di toccare l’altra sponda, il nero del suo mantello risplendeva sotto i raggi di un tiepido sole.
Non capisco il nesso tra orsi e borgomastri, ma la storia mi piace è ricca di spunti di riflessione.
Io invece lo capisco. E bene !!!! E mi vengono i brividi.